La Red Bull Racing ha un segreto grazie al quale riesce ad effettuare dei pit stop sempre velocissimi con Sebastian Vettel e Mark Webber. Nel paddock si erano sparse delle leggende metropolitane sull’uso di un raggio laser che sarebbe servito al puntamento delle pistole pneumatiche alle ruote. Il fatto che il bullone di serraggio di ogni ruota sia verniciato dello stesso color verde, tipico del laser, aveva avvalorato questa tesi. Tutte storie: in realtà il laser c’è eccome, ma viene usato in modo molto più semplice e razionale.
Avete presente le due traverse metalliche che sono montate nella pit lane per far “scendere” i cavi con le pistole pneumatiche: ebbene in quelle strutture si notano facilmente due sfere che nei pali delle altre squadre non ci sono. Due palle che non possono certo passare inosservate perché si trovano esattamente sopra a dove agiscono i meccanici addetti al cambio gomme.
I raggi laser, quindi, non puntano l’arrivo della monoposto che è sottostante, ma gli avanbracci dei meccanici impegnati nel pit stop. E basta osservare con attenzione una sosta ai box in gara per vedere che in effetti la RB7 prende posto proprio fra le due sfere che hanno un “occhio laser” orientabile. Tre meccanici sono destinati alla sostituzione di ogni gomma: uno usa la pistola pneumatica, un altro toglie la copertura Pirelli usata e un terzo inserisce sul portamozzo il pneumatico nuovo.
Tutti i movimenti sono stati studiati con precisione millimetrica, per cui la Red Bull Racing riesce a effettuare i pit stop con tempi record intorno ai tre secondi, guadagnando in questa fase della corsa preziosi centesimi utili a consolidare la supremazia tecnica che già si è vista in pista.
Il raggio laser, quindi, è “puntato” sull’avanbraccio del meccanico che agisce sulla pistola, vale a dire l’ultimo che opera su ciascuna ruota della monoposto. Solo quando si sono effettivamente ritratti dalla RB7 parte automaticamente il segnale ai piloti che possono muoversi dalla piazzuola per riprendere la pista in piena sicurezza.
La Red Bull Racing, quindi, ha istituzionalizzato una procedura di pit stop che sta dando grandi risultati. Ed è il frutto di un lungo lavoro di ricerca non solo tecnico. Gli ingegneri, infatti, curano ogni dettaglio nella progettazione degli strumenti di gara, consapevoli che possono contribuire a migliorare il risultato fnale. Ogni particolare, insomma, è finalizzato al miglioramento delle prestazioni.
Nel caso del pit stop, l’intenzione è di ridurre i tempi di reazione nel momento in cui l’ultima ruota è stata serrata al cambio gomme. E in una simulazione al computer sono stati studiati i movimenti corretti che un meccanico è chiamato a fare per completare la manovra il più rapidamente possibile. In alcune squadre il meccanico dedicato alla pistola si ritrae con tutto il corpo per lasciare lo spazio di movimento alla monoposto.
Alla Red Bull Racing, invece, hanno selezionato dei “marcantoni” alti e possenti per questa incombenza, con braccia forti e lunghe. Il meccanico che è in ginocchio accanto alla sua gomma, subito dopo il serraggio della ruota ritrae gli avanbracci con movimenti rapidi e decisi, “liberando” più in fretta degli altri la piazzuola.
A quanto pare, oltre a progettare bulloni a incastro rapido (la Mercedes ha ripreso il concetto usato nel DTM dove è già inserito sulla ruota da montare), i tecnici di Milton Keynes hanno sviluppato una strategia di pit stop molto raffinata.
Siamo stati in visita alla sede della Red Bull Racing giovedì, prima di andare ad assistere alle prove libere del Gp di Gran Bretagna ospiti dell’Infiniti, e abbiamo notato che nel reparto destinato al montaggio delle RB7 c’è una specifica area destinata alle prove di pit stop.
Praticamente tutti i giorni la crew che ai Gp è destinata ai pit stop si allena per mantenere e migliorare il suo sincronismo. Si analizza nel dettaglio la postura e tutti i movimenti dei meccanici, nella consapevolezza che accorciando la procedura si possa guadagnare tempo prezioso. Millesimi che possono valere un successo.
Nella modernissima factory di Milton Keynes, infatti, c’è una palestra attiva tutti i giorni dalle 9 alle 23 dove il personale (sono 550 gli addetti delle Red Bull Racing in totale) può scaricare la tensione della giornata lavorativa con una seduta di fitness. Gli uomini del pit stop fra le tante incombenze, hanno l’obbligo di allenarsi e curare la condizione fisica sotto la responsabilità di un personal trainer che li segue passo per passo.
Grande attenzione è volta proprio al tempo di reazione dell’avanbraccio nell’allontanarsi con la pistola dalla ruota: c’e il fisioterapista della squadra che si dedica a massaggiare i quattro meccanici destinati alla pistola perché non abbiano i muscoli contratti nel momento clou.
E adesso che è stato “scoperto” anche questo piccolo segreto della Red Bull Racing, chissà cosa si starà inventando di nuovo Adrian Newey…