È qualcosa che va diretta alla pancia, non mediata da ragionamenti sul giusto, opportuno o politicamente corretto. Non ha a che fare con l’età, al massimo gemerà qualche differenza nelle reazioni tra chi ha quindici, trenta o cinquantanni, ma sempre passione resta. Non ha a che fare con l’istruzione. Non ha a che fare con la geografia, con la terra d’origine dello spettatore. Per capirci,due o più auto che si giocano una posizione frenando a ruote bloccate, con ritorni di fiamma in rilascio, il suono e magari il video dall’abitacolo del pilota che freneticamente agisce sui comandi, quelli veri, che dimostrano l’impegno e la fatica del pilota, con una derapata che lascia un segno nero sull’asfalto, ecco, tutto questo può far fare un salto sulla sedia a chi guarda. Inutile citare esempi reali, ne conosciamo a vagonate. Una curva che viene affrontata rallentando per economizzare il carburante e caricare le batterie, scalando grazie a meccanismi automatici, con un carico aerodinamico da jet in volo rovesciato, una traiettoria perfetta e tutti gli elementi della power unit che si attivano in accelerazione, saranno pure grandi conquiste tecnologiche, ma alla pancia non ci vanno neanche vicino. Neanche alla mia che ho una laurea in ingegneria meccanica. Sarebbe come saziarsi leggendo un libro di cucina. Sarò all’antica ma preferisco un fagiano ripieno vero, e non sono l’unico. Il vero problema è capire come si è arrivati all’annullamento scientifico, metodico, selettivo di qualsiasi traccia di emozione vera. Perchè prima, qualche decina di anni fa, sulla poltrona ci si saltava, più volte a gara, più volte a giro. Non sono ricordi sbiaditi i miei, ci sono in giro, non solo in internet, le registrazioni video, ce ne sono anche degli anni ’60, basta cercarle. Come tutti sappiamo, le competizioni automobilistiche sono rimaste uguali a se stesse per decenni, salvo gli ovvi progressi tecnologici. Poi sono arrivati gli sponsor. Quindi è stata la volta della tv. Infine, qualcuno ha messo insieme le due cose ed ha creato la situazione odierna, con un enorme giro d’affari, un impressionante bacino d’utenza e nessuna possibilità di imprevisti e salti nel buio, quelli l’alta finanza non li vuole. In che modo? Agendo su spettatori, attori, cioè le case automobilistiche, e regolamenti. Partiamo dagli spettatori: erano già milioni, non andavano attirati, solo rassicurati, fidelizzati. È stato sufficiente garantire pulizia, ripetitività, ordine: le conferenze stampa e le interviste avvengono sempre con il solito sfondo, le procedure in pista e fuori sono le stesse su tutti i circuiti, le piste sono tutte uguali, i pericoli sono stati eliminati, non c’è fuoco, non ci sono azioni ravvicinate tra piloti, pena sanzioni, persino il momento di maggiore incertezza, imprevedibilità e rischio, il sorpasso, è stato addomesticato e neutralizzato. Un po’ come le bevande gassate, sanno di poco ma le stappi, le bevi e non ci pensi, non creano problemi come un barbaresco del ’98. Avranno sempre clienti. Alle case automobilistiche, guarda caso entrate in successione proprio con la grande diffusione di sponsor e tv, tutto ciò sta benissimo. Per garantirne la presenza, si è lavorato sui regolamenti, montagne di norme, pile alte come dizionari di greco. Tante regole, tanta informatica, nessuna possibilità di invenzioni, buchi normativi dove fa comodo, omogeneizzazione delle auto, possibilità di stilare classifiche per i campionati a venire con anni di anticipo. Business is business. Se volete in pista contemporaneamente una macchina con sei ruote, una con quattro, una con minigonne ed effetto suolo, una con V6 turbo, una aspirata col V12, una col V8, prendete la macchina del tempo. Oppure evitate di cadere nella trappola della richiesta di novità per rendere di nuovo le corse appassionanti. Aggiungere qualcosa, una regola, un dispositivo, un nuovo sistema di qualifica, fa esattamente il gioco di chi ha ridotto le corse ad una rappresentazione della competizione. Bisogna procedere per sottrazione, togliendo gli orpelli, o meglio richiedendo a gran voce di togliere gli orpelli. A chi propugna che questo è il progresso tecnologico e non si torna indietro, va ricordato che il progresso è semplificazione, non aggiunta di zavorre inutili, quelle servono ad altri scopi. Una volta compreso questo, si può ragionare sul “come”, prendendo in esame volta per volta cosa eliminare per creare di nuovo il nodo allo stomaco, sia al quindicenne che all’ottuagenario.