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GP AUSTRALIA: terzo elemento elicoidale su Ferrari, belleville su Red Bull e idraulico per Mercedes

Ferrari come ben sappiamo, sulla SF16-H ha utilizzato all’anteriore lo schema push rod e il terzo elemento è ritornato ad essere nella parte superiore della vettura.
La foto in basso mostra una comparazione tra il terzo elemento elicoidale utilizzato dalla Ferrari e quello a tazza belleville della Red Bull. Entrambi questi sistemi sono comandati idraulicamente.

Le molle Belleville, sono formate da dischi circolari di spessore costante, che presentano nel tratto iniziale una leggera forma conica. Modificando correttamente i principali parametri dimensionali di questi dischi è possibile ottenere la curva caratteristica desiderata per la particolare applicazione.
I vari dischi circolari che formano le molle a tazza possono essere impilati con “conicità” rivolte nella stessa direzione, oppure con le conicità opposte. Nel primo caso è possibile ottenere rigidezze più elevate, mentre nel secondo caso, al di sopra di un determinato parametro caratteristico (h/t – spessore/inclinazione) possono verificarsi fenomeni di instabilità e quindi curve caratteristiche irregolari.
Questa tipologia di molle può essere di grande aiuto in tutte quelle applicazioni in cui vi sono limitazioni di spazio nella direzione dell’applicazione del carico, oppure quando si desidera ottenere una caratteristica particolare della risposta elastica differente da quella tradizionalmente lineare delle molle a elica. Vengono utilizzate soprattutto nei casi dove si vuole limitare l’ingombro assiale.

La Mercedes, invece, già sul finire della scorsa stagione durante le prove libere del GP Brasile e quello di Abu Dhabi, aveva condotto dei test per collaudare un terzo elemento completamente idraulico.  Questo sistema è stato implementato e montato sulla W07 Hybrid. 

Il terzo elemento viene utilizzato, principalmente, per controllare il beccheggio della vettura e l’altezza da terra. Gli ingegneri anglo tedeschi sono passati da un terzo elemento a molla elicoidale, come quello utilizzato sulla Ferrari SF16-H, ad una versione completamente idraulica che se settata correttamente comporta alcuni vantaggi rispetto ad un sistema più “tradizionale” (riuscire a trovare il giusto compromesso di assetto in tempi molto più rapidi, uno dei tanti).

TERZO ELEMENTO SOSPENSIVO OLEOPNEUMATICO CON AZOTO?

La sostituzione della molla con l’idraulica in molte zone della sospensione è un concetto noto da diversi decenni in quanto è stato sviluppato sulle automobili di serie (Citroen, ad esempio) e adottato all’epoca delle sospensioni attive nei primi anni ’90 in F1.

Sebbene queste ultime siano vietate dal regolamento, e che questo non sia il caso della Mercedes poiché il Team tedesco non sembra stia testando gli elementi elastici veri e propri della sospensione oleopneumatici, ma solo lo smorzatore, è bene ampliare il discorso e capire quali problemi potrebbero esserci utilizzando questa tipologia di terzo elemento. La modalità tramite la quale si possa realizzare un elemento elastico sfruttando il fluido idraulico è comunque tutt’oggi la medesima. Poiché il fluido idraulico è, entro certi limiti incomprimibile (la sua comprimibilità è espressa dal modulo di Bulk che ne fornisce la contrazione volumetrica per unità di volume a fronte di una variazione di pressione), non può quindi essere utilizzato come elemento elastico se non per connettere l’ammortizzatore ad un accumulatore caricato a gas (azoto) che diventa l’elemento elastico vero e proprio del sistema.

L’accumulatore è un serbatoio metallico a membrana o a pistone caricato di azoto prima dell’utilizzo, e che durante il funzionamento (con fluido idraulico nell’impianto) aumenta la sua pressione anche fino a qualche centinaio di bar.

Un sistema di questo tipo offre il vantaggio di una notevole compattezza nella zona dell’ammortizzatore (che può diventare anche estremamente piccolo in dimensioni) in quanto l’elemento elastico può essere “delocalizzato” in un’altra zona.

Occorre però considerare altri fattori che distinguono una sospensione “meccanica” da una idraulica:

  • La caratteristica elastica di un ammortizzatore a gas segue, anziché una caratteristica forza-spostamento lineare di una molla a compressione ad elica cilindrica, una legge politropica pV^k=costante: ne consegue che la sospensione potrebbe risultare cedevole per scuotimenti piccoli per poi diventare estremamente rigida per grandi scuotimenti. Se il sistema fosse correttamente dimensionato in termini cinematici (bracci di sospensione) e idraulicamente (zona di lavoro lungo la politropica), questo potrebbe non essere necessariamente un problema;
  • E’ auspicabile che l’accumulatore a gas sia posizionato in una zona soggetta a variazioni di temperatura le più contenute possibili per non variarne la pressione di funzionamento (un innalzamento di temperatura tenderebbe ad aumentare la pressione di pre-carica del gas trattandosi di un sistema a volume costate) oppure che il sistema sia collegato ad opportuni sistemi di compensazione termica. Ad esempio, negli anni ’90 l’accumulatore (che funzionava a diverse centinaia di bar di pressione) veniva installato proprio sotto il sedile del pilota in quanto era una zona piuttosto stabile termicamente ed anche molto protetta;
  • Variando la pressione di funzionamento dell’impianto (cambiando il valore di pressione di pre-carica dell’azoto, ad esempio), è possibile variare velocemente l’altezza da terra della sospensione;
  • Per quanto riguarda invece la regolazione dello smorzamento, una sospensione idraulica rimarrebbe praticamente invariata rispetto ad una sospensione meccanica in quanto, semplicemente applicando degli strozzatori al condotto di connessione ammortizzatore-accumulatore, è possibile regolare la caduta di pressione a fronte di una data velocità di scuotimento.

Come si può notare da questo elenco puntato, passare da una sospensione “meccano idraulica” ad una in parte idraulica (con terzo elemento completamente idraulico) non è cosi immediato, poiché per natura la seconda tipologia è ben più complicata in molti aspetti.

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Pubblicato da
Redazione FUnoAT