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GP BRASILE: la Full Wet è il vero pericolo, non il parco chiuso

Quella che leggerete non è la consueta analisi post gara in quanto il Gran Premio del Brasile, viste le condizione atmosferiche in cui si è corso, ha dato pochissimi spunti da analizzare.

Ma c’è un importante spunto tecnico che riguarda ben poco intrinsecamente i vari Team e che consiste nel cercare di capire il perchè queste moderne vetture di Formula 1 non riescono più a correre sul bagnato. Vogliamo analizzare il problema principale che ha limitato enormemente le vetture nella giornata di ieri ossia gli pneumatici Full Wet.

Partiamo dalla teoria: il fenomeno che tutti i piloti ed anche gli automobilisti di tutti i giorni temono in condizioni di guida bagnata è l’aquaplaning. L’aquaplaning o anche “slittamento sull’acqua” è un fenomeno di galleggiamento di un veicolo in movimento su uno strato d’acqua esteso.

Il fenomeno dell’aquaplaning è provocato da diversi fattori:
  • dalla eccessiva velocità del veicolo;
  • dalla proporzione tra la massa e la superficie di aderenza dello stesso (non a caso, il fenomeno si verifica più facilmente nei veicoli più leggeri);
  • dallo strato d’acqua presente sul manto stradale;
  • dalle condizioni d’usura e tipo degli pneumatici usati (se questi sono molto consumati, l’aquaplaning si verificherà a velocità inferiori a quelle previste);
  • dall’efficienza delle sospensioni.
I rimedi principali sono:
  • moderazione della velocità in condizioni di pioggia o di bagnato;
  • pneumatici adeguati, dotati di particolari scanalature sui battistrada appositamente studiati per far defluire, comprimendola, la maggiore quantità d’acqua che si viene a trovare tra la ruota e l’asfalto;
  • asfalti “drenanti”, rivestono il manto stradale per impedire che si formino zone in cui l’acqua ristagna.

Dopo questa breve parte teorica dedicata al mondo più reale come quello che ognuno di noi vive quotidianamente passiamo al sodo. In molti nella giornata di ieri e in quella di oggi hanno dato la colpa all’introduzione del regime di parco chiuso, additandolo come la vera causa dello scempio visto in pista nella giornata di ieri. Per noi di FUnoAnalisiTecnica non è cosi e vogliamo anche spiegarvi da un punto di vista tecnico il perchè.

Il regime di parco chiuso è stato introdotto in Formula 1 a partire dalla stagione 2003 come uno dei tanti strumenti per la riduzione dei costi. E un senso all’epoca lo aveva: evitare che i Team utilizzassero motori da qualifica al sabato e propulsori da gara la domenica. Attualmente questo particolare regime parte dall’inizio del Q1 (la prima delle tre parti della qualifica) e permette ai meccanici di andare ad effettuare interventi molto limitati sulle vetture sempre eseguite sotto l’occhio vigile di un Delegato Tecnico della FIA nelle successive sezioni di qualifica. Alle vetture può essere aggiunto o tolto del carburante, si possono cambiare gli pneumatici e spurgare i freni. Si può inoltre regolare l’incidenza dell’ala anteriore e poco altro. Questi controlli fanno in modo che le squadre non possano cambiare set-up di una vettura tra le qualifiche e la gara.

Dopo le qualifiche e le opportune verifiche le vetture vengono posizionate all’interno dei box chiuse in un apposito telo con tanto di sigillo FIA (vedere foto precedente) e sorvegliate da un sistema di telecamere a circuito chiuso. Dalla sala di controllo una guardia di sicurezza avvisa la Federazione in caso di violazione.

L’unica eccezione è prevista solamente quando c’è un cambiamento delle condizioni climatiche (articolo 34 del regolamento tecnico):

If the FIA technical delegate is satisfied that changes in climatic conditions necessitate alterations to the specification of a car, changes may be made to the air ducts around the front and rear brakes and radiator ducts. These changes may be made at any time after all teams have been sent the message “CHANGE IN CLIMATIC CONDITIONS” via the official messaging system. From this point onwards the choice of air ducts around the front and rear brakes and radiator ducts is free and pitot tubes may be covered or uncovered, subject always to compliance with the relevant Technical Regulations. 

Fino a quanto non esisteva il parco chiuso i piloti in condizioni da bagnato potevano utilizzare degli assetti specifici per queste condizioni. In condizioni di bagnato la tenuta della vettura è fondamentale e per questo motivo i piloti intervenivano drasticamente sul setup, sia aerodinamico che meccanico. Per questo motivo veniva incrementato il carico aerodinamico generato dalle ali di circa il 50%, la vettura veniva alzata da terra, oltre all’utilizzo di molle più morbide con rapporti del cambio specifici (si allungavano) in modo da avere accelerazioni meno brusche. 


Da quando è stato istituito il regime di parco chiuso gli ingegneri non possono intervenire sul setup delle vetture e quindi devono disputare la gara con lo stesso assetto aerodinamico e meccanico utilizzato durante le qualifiche.
Quindi il VERO PROBLEMA di queste Formula 1 sul bagnato è il parco chiuso?
Sicuramente è uno dei problemi ma non è certamente l’unica o la più importante motivazione visto che abbiamo assistito anni fa (nel 2010 per esempio) a Gran Premi con molta più acqua di ieri senza i grossi problemi di tenuta che abbiamo visto nel Gran Premio del Brasile. E il fenomeno dell’aquaplaning lo si conosceva già all’epoca.

Luca Filippi, pilota Indycar e tester dei pneumatici Pirelli, ammette che la possibilità di intervenire sul setup aerodinamico e meccanico aiuterebbe ma che la differenza di setup di queste vetture in condizioni di asciutto e bagnato è molto simile. La dimostrazione la si può ritrovare proprio in questo weekend dove RedBull pur scendendo in pista nelle qualifiche con assetto aerodinamico e meccanico da bagnato è riuscita ad assicurarsi seconda e terza fila a pochissimi millesimi dalla terza posizione occupata da una Ferrari, quella di Raikkonen, scesa in pista con un assetto da asciutto.  

Il vero problema di questa Formula 1 “bagnata” lo si è visto chiaramente ieri quando in condizioni di pista completamente allagata (vedere la foto precedente) le prestazioni tra i piloti che montavano le full wet (le due Mercedes e le due RedBull, oltre a molti altri piloti) e quelli con le intermedie (Bottas e Magnussen soprattutto) erano solo leggermente migliori. Una Williams che non fa di certo della generazione di carico aerodinamico la sua arma vincente, cosi come la Renault RS16, girava con tempi superiori ma di soli 1-2 secondi al giro rispetto a Mercedes e RedBull su una pista tutt’altro che umida e con pneumatici a spalla più bassa (di 5 mm) che quindi comportavano un maggior rischio di aquaplaning generato dallo splitter che tocca l’asfalto. Ciò ci fa chiaramente capire che da un punto di vista tecnico gli assetti delle vetture non sono stati il reale problema dietro ai molti incidenti generati e altri scampati di vetture che montavano le Full Wet blu. E che l’aquaplaning sulle vetture (più alte per via della maggior spalla dello pneumatico) equipaggiate proprio con le Blu era innescato dagli pneumatici stessi.

Quindi se con pneumatici a spalla più bassa e quindi una vettura con minor altezza da terra si sono avuti ben pochi problemi di tenuta di strada pur su una pista veramente bagnata come è che la maggior parte degli incidenti generati o comunque anche solo rischiati (Verstappen e Rosberg in primis su le due vetture migliori per le condizioni di ieri) siano avvenuti con gli pneumatici Full Wet? 

Andiamo ad analizzare le caratteristiche degli pneumatici da asciutto e bagnato che la Pirelli ha portato in questo mondiale 2016 di F1.
  • Le gomme slick (da asciutto) hanno un diametro esterno totale di 660 millimetri e una larghezza del battistrada di 245 millimetri per le anteriori e 325 per le posteriori.
  • Le gomme da bagnato hanno invece un diametro complessivo più ampio, pari a 670 millimetri, per alzare le vetture e evitare le pozzanghere, e una larghezza del battistrada di 225 millimetri per le anteriori e 325 per le posteriori. Stesso battistrada per le intermedie che presentano un diametro complessivo leggermente più stretto, pari a 665 millimetri.
Concentrandoci sugli pneumatici da bagnato, quelle con spalla parzialmente colorata di blu, le Full Wet, arrivano a disperdere fino a 65 litri d’ acqua al secondo a piena velocità. Le gomme blu sono state modificate in questa stagione per renderle maggiormente competitive con pioggia battente. Le gomme da bagnato estremo presentano una nuova mescola ed un disegno battistrada ridisegnato, al fine di ridurre ulteriormente l’aquaplaning. Il risultato di questo intenso lavoro si traduce in una maggiore guidabilità in un’ampia varietà di condizioni.

Parlando di intermedie, sono quelle più versatili per la pioggia: assicurano la dispersione di circa 25 litri di acqua al secondo alla massima velocità delle Formula 1. Possono essere utilizzati su fondo umido o leggermente bagnato nonché su asfalto quasi asciutto. Questo è l’unico pneumatico della gamma a non essere cambiato rispetto al 2013.
Detto questo la domanda sorge spontanea: come è possibile che con pioggia battente gomme che evacuano 65 litri al secondo per gomma siano equivalenti in termini prestazionali a quelli intermedi che sono progettati per avere una capacità di espulsione dell’acqua di 25 litri per pneumatico?
E’ chiaro che il vero problema e fortunatamente sottolineato anche da alcuni, troppo pochi, esperti del settore (in primis Cesare Fiorio) si chiama pneumatico da bagnato o full wet by Pirelli che nella gara di ieri ha dimostrato di non essere all’altezza per garantire delle gare in completa sicurezza su pista bagnata. Un problema di mescola (troppo dura per lo scivoloso asfalto di Interlagos?) o di disegno del battistrada fatto sta che i Team non possono ritrovarsi con il dubbio di quale pneumatico può funzionare meglio su un tracciato veramente allagato. Deve solamente funzionare lo pneumatico da pioggia pesante, senza se e senza ma! E invece era il contrario..


Piccola parentesi sull’asfalto del tracciato brasiliano, indicente per ospitare un evento di Formula 1, soprattutto considerato il fatto che in Brasile spesso a metà novembre piove. Più che un asfalto di un circuito di Formula 1 sembrava l’asfalto della provinciale che passa sotto casa e che non drena nemmeno riscaldandolo.

Ma tornando a Pirelli, il costruttore di pneumatici italo cinese dovrà sicuramente correre ai ripari riprogettando come sembra stia facendo la mescola anche degli pneumatici da bagnato estremo per il prossimo anno altrimenti dovremo nuovamente abituarci a vedere gare come quelle di ieri: sicuramente emozionanti ma che se analizzate tecnicamente fanno pensare a quanto Pirelli sia inadeguata per questa Formula 1. Sicuramente l’azienda italo-cinese in questi anni non ha avuto un grosso aiuto dai regolamenti, in quanto come ben sappiamo che i test in pista sono vietati. Ma questa non può essere una scusante perchè è anche Pirelli che ha accettato questi fastidiosi regolamenti e se in pista ci arriva con pneumatici non all’altezza non può che fare un sano e sincero “mea culpa”. Se a Pirelli non sta bene il parco chiuso che lo dica alla FIA, che ritiri le proprie offerte di rinnovo, che batta i pugni sul tavolo perchè anche da reazioni “clamorose” la Formula 1 potrebbe imparare visto che chi sta in alto poco sembra capirci (almeno tecnicamente) o comunque impegnarsi per un futuro migliore.

Di Cristiano Sponton e Il PJ
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Pubblicato da
Redazione FUnoAT