“Date ad un bambino un foglio e dei colori e chiedetegli di disegnare un auto, sicuramente la farà rossa”. Questa è una delle tante frasi da incorniciare di Enzo Ferrari, il fondatore del mito che porta il suo cognome e che nei giorni scorsi ha compiuto 70anni di vita, ampiamente e giustamente celebrati in tutto il Mondo con una serie di appuntamenti che ci terranno compagnia sino alla fine del 2017. Cosa significa esattamente essere ferraristi? Non esiste una risposta univoca, soprattutto quando si è nel campo delle emozioni. Partiamo da un dato di fatto. Enzo è morto nel 1988, ma la sua creatura è viva e vegeta, quasi una ragazzina piena di vita e brio, a dispetto delle 70 primavere.
Tuttavia, credo che i bolidi di Maranello rappresentino uno di quegli archetipi culturali unici (e quindi anche molto invidiati) che non possono essere cancellati, che smuovono passioni viscerali e, proprio per questo, totalizzanti.
La Ferrari unisce alcune cose che altre case automobilistiche non hanno, perlomeno così ben miscelate. La bellezza armonica, la velocità, lo sviluppo tecnologico, amalgamati da un lavoro che certo, ormai ha aspetti industriali, ma che mantiene una forte artigianalità (che significa eccellenza) senza mai aver snaturato il proprio “patrimonio genetico”. Enzo Ferrari costruì auto stradali per poter supportare economicamente la Scuderia che sin dagli albori si cimentò negli sport motoristici. Oggi le auto stradali vanno avanti con le loro gambe, di successo in successo, tuttavia l’anima sportiva è nel dna della nazionale rossa, e non è ipotizzabile immaginare la Ferrari senza una qualche attività motoristica (così come è un anatema immaginare la F1 senza la Ferrari).
Essere ferraristi significa anche sapere che si può vincere molto o molto poco. Che in Formula Uno possono arrivare lunghi digiuni, al cui confronto le vacche magre sono obese. Che la passione motoristica riserva “terribili gioie”.
Il Cavallino rampante nella sua storia ha raccolto molto, ma poco rispetto alle sue presenze nelle gare automobilistiche. Tuttavia il ferrarista sa, come dice Luca Dal Monte (sua la biografia definitiva su Enzo Ferrari, “Ferrari Rex”) che “la Ferrari ci sarà sempre a a sfidare tutti gli altri, ogni anno, che vinca o che perda”. Pensiamoci: la Mercedes domina da tre anni e rotti; dominò in passato poi si ritirò; probabilmente in futuro si ritirerà di nuovo. Molte scuderie hanno battagliato contro e sconfitto anche in modo cocente la Ferrari. Di queste alcune sono scomparse, altre sono ai margini della F1 (ad esempio la Mc-Laren). La Ferrari resta lì, unica certezza di un mondo che va alla velocità della luce.
In questi ultimi anni, fra alti e bassi, possiamo almeno affermare che la gestione targata Marchionne ha riportato fra gli avversari il rispetto della Ferrari. Diciamocelo francamente, l’ultimo periodo targato Montezemolo è stato un incubo. Un continuo scivolare verso l’irrilevanza politica e tecnologica in seno alla FIA. Prima o poi qualcuno dovrà spiegarci perché Montezemolo abbia accettato norme e regolamenti che avrebbero castrato prima di tutto la Ferrari. La Scuderia italiana era ridiventata (come nei primi anni 90) un marchio con una grande storia… alle spalle. E gli avversari non vedevano nella Ferrari un avversario serio e temibile, tutt’al più uno sparring partner con il quale fare un allenamento. Parlavo dell’orgoglio. Per un attimo lasciamo perdere la simpatia o l’antipatia che può suscitare il problematico rapporto della Scuderia con i fan e i giornalisti nell’era Marchionne. Seguitemi un attimo.
La domenica di Monza, mentre rientravo a casa, in aeroporto, a Linate, ho visto un ragazzo vestito come un tecnico AMG che stava facendo il check in. Non ho resistito e gli ho chiesto, avventurandomi in un inglese molto semplice ma suppongo abbastanza chiaro, se lavorasse in Mercedes. Mi ha risposto affermativamente, ed ho fatto i complimenti alla sua squadra. Mi ha risposto che ne era felice, ma che la Ferrari era davvero un osso duro (“strong” me l’ha ripetuto diverse volte) e che loro la rispettavano molto. Ecco l’orgoglio. Non so se si vincerà questo mondiale; sarà dura e potrebbe accadere. Indifferentemente da questo, almeno possiamo dire che gli altri team di F1 ora rispettano di nuovo la Ferrari, del rispetto che ci si merita lavorando sodo ed essendo determinati e tosti per vincere. Non mi pare poco.
Il Direttore
Mariano Froldi
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bellissimo articolo...! come sempre del resto... complimenti ragazzi, siete sempre i migliori !!!