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ANALISI GARA: Vettel è partito “a 5 cilindri” e con 140 CV in meno

Siamo sempre più vicini all’epilogo di questa stagione 2017 di Formula 1 e dopo questo sedicesimo appuntamento stagionale è facile affermare che il Team Mercedes da una parte, e Lewis Hamilton dall’altra, sono ormai ad un passo dal conquistare i due titoli.

Il Gran Premio del Giappone ci ha regalato l’ottava vittoria stagionale del pilota anglo caraibico, un altro trionfo (dopo Singapore) da +25 punti su Sebastian Vettel, ora distante ben 59 punti su 100 a disposizione.


Con il pilota Mercedes che ora potrà permettersi ben tre quinti posti (30 punti) e un quarto (12 punti), considerando quattro vittorie “certe” per Sebastian Vettel, per vincere il suo quarto titolo mondiale affiancando proprio il pilota tedesco della Ferrari. Hamilton potrà vincere il mondiale già negli Stati Uniti? Si, con una vittoria e contemporaneamente un sesto posto (o oltre) di Vettel. Più probabile invece il trionfo nel Costruttori per la quarta volta consecutiva (2014, 2015, 2016…) per il Team Mercedes già a Austin con il team anglo tedesco che dovrà però conquistare almeno 27 punti.

GP GIAPPONE: sostituire una candela sull’attuale Power Unit Ferrari richiede dai 40 ai 50 minuti di tempo
E’ inutile girarci troppo attorno: il momento chiave del Gran Premio del Giappone lo si è vissuto ancor prima della partenza; cosi come in Malesia, sulla Ferrari posizionata sulla seconda piazzola di partenza è stato necessario togliere il cofano motore per verificare l’unità motrice italiana. E dopo i problemi al collettore di alimentazione dell’aria che va dal compressore all’intercooler, a mettere fuori gara Sebastian Vettel in Giappone ci si è messa una “semplice”  (che tanto semplice non è) candela.

La Power Unit italiana montata sulla SF70H del pilota tedesco, già dai giri di schieramento che i piloti effettuano prima di posizionarsi in griglia, funzionava a “soli” cinque cilindri con una conseguente perdita di potenza di circa 140 CV.

Poiché mancava fisicamente il tempo materiale per poter effettuare la sostituzione del componente, una volta che Vettel si è schierato in griglia gli ingegneri hanno deciso di tentare un reset all’elettronica che sembrava alla successiva riaccensione dell’unità termica aver dato esito positivo . Per poi accorgersi durante il giro di formazione che il problema era ancora purtroppo presente.

Facendo un piccolo passo indietro, la sostituzione di una candela sulla Ferrari SF70H è una operazione piuttosto complessa, ancora più complessa da quando è stato modificato il sistema di raffreddamento in Malesia con l’aggiunta delle orecchie ai lati dell’airbox. Una operazione da effettuare con una speciale attrezzatura e che solitamente richiede dai 40 ai 50 minuti. 

Secondo la versione ufficiale della Ferrari il problema sembra essere stato generato da un pezzo difettoso ma, parlando con un ingegnere che lavora in una azienda concorrente al colosso giapponese NGK, fornitore di candele del Team Ferrari, le probabilità sono veramente basse visti i controlli a cui sono sottoposti i vari pezzi. I danneggiamenti alle candele di una vettura di Formula 1 dipendono dalla parte endotermica delle attuali Power Unit e principalmente da come si propaga la combustione all’interno della camera secondaria. Le candele utilizzate su questi motori di nuova concezione sono molto sollecitate poiché i motoristi, per ottenere potenze specifiche elevatissime contenendo i consumi, sfruttano una “combustione a superficie” con il 3% della miscela che viene acceso in una precamera dove è presente anche la candela. L’accensione di una piccola quantità di miscela piuttosto ricca nella precamera permette di completare l’accensione del resto della carica, molto molto magra in questo caso, nella camera di combustione vera e propria (quella principale). 

La cosa veramente particolare è che anche Mercedes, dopo le intense qualifiche, ha dovuto affrontare lo stesso problema. Il Team anglo tedesco ha notato uno “strano” warning durante le fasi di qualifica proveniente dalla candela del sesto cilindro del motore endotermico specifica 4 di Lewis Hamilton, procedendo quindi alla sua sostituzione nelle ore successive sotto la supervisione di Jo Bauer.


GP GIAPPONE: Hamilton meglio sul compound SuperSoft, Verstappen su quello più “duro”
Dopo aver analizzato il problema che ha costretto al ritiro Sebastian Vettel andiamo a concentrarci sulla corsa che ci ha mostrato una Mercedes meno dominate rispetto alle ottime qualifiche del sabato ed una Red Bull molto competitiva che, con Verstappen, è riuscita a mettere pressione in modo importante a Lewis Hamilton.

Hamilton è riuscito a costruire un piccolo vantaggio su Verstappen grazie alla velocità che è riuscito ad avere con le gomme SuperSoft, mentre con il compound più duro (Soft) la Red Bull è sembrata essere più competitiva. Gli ingegneri Mercedes temevano molto l’innalzamento della temperatura nella giornata di gara, un qualcosa che però la W08 non ha sofferto in modo importante. Se si pensava che la “diva” anglo tedesco potesse aver problemi di overheating nei long run a serbatoi pieni sul compound SuperSoft, ciò non si è verificato, e anzi, i problemi maggiori Lewis Hamilton li ha avuti nella seconda parte di gara. Il compound Soft, mescola considerata da tutti come la migliore per la W08, essendo una High Working Range, necessita di una maggior temperatura di funzionamento che la W08 non è riuscita a generare. Le gomme hanno fatto fatica a entrare nella giusta finestra di funzionamento, problema non avuto da Valtteri Bottas nella prima fase di gara, con una vettura però più pesante (maggior quantitativo di carburante) e che scaricava maggiori sollecitazioni sugli pneumatici.

Nella seconda parte di gara la Red Bull è stata la vettura più veloce tra quelli che montavano le soft. Tra i piloti analizzati, Bottas è stato quello che è riuscito ad avere il miglior ritmo ma, così come Raikkonen, stava utilizzando le gomme più prestazionali, ossia il compound SuperSoft.

Molto positivo il fatto che la RB13 su una pista in cui conta moderatamente la potenza della Power Unit sia riuscita, almeno in gara, a mettere pressione alla W08. Una RB13, che così come la W08, è una vettura che ha un range di funzionamento delle gomme piuttosto stretto ma che almeno in questo Gran Premio del Giappone ha potuto beneficiare in modo importante dell’innalzamento delle temperatura nella giornata di gara. Con le temperature della giornata di sabato (15°C in meno rispetto alla domenica) i due piloti del Team anglo austriaco hanno fatto fatica a tirare fuori il massimo dalla vettura. Oltre al fatto che la Power Unit francese paga ancora troppa cavalleria (si parla di 35 CV nelle fasi di qualifica) rispetto alla Power Unit di riferimento, ossia Mercedes.

di @spontonc e @smilextech

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Pubblicato da
Redazione FUnoAT