Il destino del Cavallino
Salvo imprevedibili giochi della dea bendata, che però di solito “percula” (mi si passi il neologismo da slang giovanile, ma se hanno accettato “petaloso”…) la Ferrari, il Mondiale è andato. E anche quest’anno si vincerà l’anno prossimo. Un triste finale, simile a tanti altri, abbastanza amari da digerire. Lo scrivo da prima del pasticciaccio di Monza, e mi sono beccato l’accusa di disfattista o pessimista, quando sono semplicemente “realista”. Il problema è che, se tutto va bene, un bel tappeto copre i problemi e le dinamiche negative di un Team/squadra. Se non si vince i problemi, le liti, gli errori fuoriescono simili ad arbusti storti e malati a ricordarti, come ne “Il cuore rivelatore” di E. A. Poe, tutti i tuoi misfatti.
Ed eccoci qui, alla resa dei conti. Quando pur di mantenere la “carega” (parola ligure, sedia) si spacca la squadra, perché almeno, anche se perdenti, si sarà il primo dei secondi (immagino quanto la cosa sarebbe piaciuta ad Enzo Ferrari), è evidente che si è arrivati al punto di non ritorno. Perché si perde di vista il primo, vero obiettivo.
Vincere sportivamente e politicamente contro l’avversario (i lupi grigi della Mercedes).
Sto parlando di Mister Arrivabene e della sua conduzione del Team Ferrari. Giustamente Iron Maury ha detto più volte che gli insuccessi sono soprattutto sue responsabilità, in quanto comandante della squadra corse della Ferrari. Il problema è che dovrebbe, dunque, essere conseguente a questo (altamente probabile) ennesimo fallimento e dimettersi senza se e senza ma. Ma gli esseri umani non amano lasciare da perdenti (vedasi le ultime dichiarazione di queste ore). E’ altrettanto vero che è merce rara saper uscire di scena con dignità, nel momento opportuno, avendo come “stella polare” fare il bene della squadra/team/azienda. Anche la retorica dell’imparare dagli errori ha senso se dagli errori si impara davvero. Sennò è solo una comoda foglia di fico che prima o poi si sbrindella e mostra il re nudo. Il problema in casa Ferrari è noto da tempo, anche se la cortina di silenzio dei compiacenti mass media italiani copre tutto con perifrasi tanto arzigogolate quanto ridicole. La Scuderia è divisa in due fazioni in lotta fra loro, che non si parlano, letteralmente, da tempo. E no, non sono illazioni. Ma notizie che abbiamo da fonti più che attendibili. Marchionne che poteva essere simpatico o antipatico ma che capiva bene se una persona era o meno utile allo scopo (vincere), aveva già pianificato due cambiamenti significativi. Leclerc e l’addio di Arrivabene. Per motivi fra di loro differenti e complementari. Leclerc, per avere una seconda guida molto più aggressiva di Raikkonen (chiedetevi quanti punti abbia rubato Kimi ad Hamilton e fate il paragone con la straordinaria efficacia di Bottas) e potenziale prima guida in futuro, che quindi pungolasse Vettel (apparso sia l’anno scorso che quest’anno non esente da errori e pecche, anche gravi). L’addio del burbero/criptico Arrivabene (che aveva già comunicato ad amici la fine del suo legame con Ferrari, tra l’altro in scadenza proprio nel 2018) per avere un TP che non fosse divisivo, che conoscesse bene il mondo delle corse e che si desse da fare nelle segrete stanze (politica). Per inciso, Arrivabene conosce il mondo delle corse da molto tempo. Ma un conto è conoscerlo come sponsor, un conto è decidere strategie (no, non le decide lui ma lui ha l’ultima parola), gestire i rapporti di forza con la Federazione, costruire un Team che non vada in crisi di nervi e che non faccia un solo errore contro una corazzata abituata a fare tutto quello che vuole, dall’ormai fatidico 2014: quando la Formula Uno è diventata un oggetto oscuro, ben lontana comunque dal Dna che, pur tra mille cambiamenti, era rimasto quasi inalterato. Oggi è una cosa “ibrida” che non sa di nulla, spesso molto più narcolettica di prima. Discorso lungo che è anche inutile ripetere, visto che ne parliamo da anni. Torniamo alla divisione della squadra in due fazioni.
Non è un segreto che l’altra parte sia capitanata dal Mattia Binotto, sotto la cui supervisione sono nate due monoposto che hanno saputo contendere, almeno per metà Mondiale, vittorie e classifiche alla Mercedes. Binotto vuole contare di più. Direttamente o indirettamente poco conta. Conosce le corse dall’interno, ha sempre lavorato sodo, uomo Ferrari sino al midollo. Marchionne lo avrebbe accontentato. Costa di più alla Ferrari, perdere Binotto (e altri tecnici di valore, ai quali la AMG e non solo farebbe ponti d’oro, vedi il recente passato), o perdere Arrivabene? Domanda forse retorica. Ma si gioca su questo, esattamente e dannatamente su questo, il futuro della Ferrari. Con Camilleri il “partito “di Arrivabene ha ripreso forza e vigore (per ovvi motivi). Ma è evidente che, non vincendo, anche lui finisce nuovamente sul banco degli accusati. Avete idea di quanto spende (e investe) la Ferrari per una stagione di Formula Uno? Circa 500 milioni di euro. Ed avete idea del ritorno d’immagine negativo, continuando a perdere, di un marchio globale, uno dei più famosi se non il più famoso, quotato in borsa? Ora dipende tutto da Elkann. Cosa vuole fare? Vuole uscire e far uscire la Ferrari dallo “stato di minorità” nei confronti di Mercedes e FIA, con feroce determinazione, cancellando liti e beghe interne, o vuole che la Ferrari torni ad essere la Cenerentola della Formula Uno, che tutti vogliono ma nessuno si piglia? Buona per l’audience e per i tifosi sparsi per il mondo ma che tanto non vince mai sul serio (e gli inglesi ringraziano)? Ai posteri (sperando di non attendere altri 10 anni), l’ardua sentenza.
di Mariano Froldi
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Giusto ricordare che lo scorso mercoledì 25 maggio 2011, la Ferrari (Montezemolo) licenziò Aldo Costa dall’incarico di direttore tecnico.
Il 30 settembre 2011 la scuderia Mercedes annunciò l’arrivo di Aldo Costa nel ruolo di Direttore dell’Engineering e responsabile della Progettazione e Sviluppo.
Nelle ultime quattro stagioni le W05, W06, W07, W08, le Mercedes AMG Hibrid progettate dall'ingegnere italiano hanno dominato la F1, annichilendo gli altri team per la soverchiante supremazia ed annoiando spettatori ed appassionati.
Ferrari, la causa dei nostri mali, può far solo una cosa: vincere.
Sono convinto che l’ing. Costa mai ha pensato ad una rivincita personale, ad un’affermazione propria nei confronti della Scuderia Ferrari.
Progetta con una passione illimitata ed i risultati di questo suo lavoro sono indiscutibili.
Il prossimo anno l’ing. Costa lavorerà a casa, nella sua Parma. Speriamo si dedichi alla sua passione: l’opera lirica, presso il teatro Regio di Parma, il Festival Verdi, e che segua tutta la Stagione lirica e perché no, anche ParmaDanza. Solo così la Scuderia di Maranello avrà qualche possibilità in più. Red Bull Honda consentendo...