Il mondiale 2019, nel suo abbrivio, si è rivelato deviante rispetto alle attese.
La primordiale attività in pista, avviatasi con la otto giorni di test
spagnoli, aveva raccontato una storia fatta di bagliori rossi che avevano
ridimensionato, apparentemente, le velleità di dominio di chi aveva guidato le
danze nel lustro precedente. Ovvero la Mercedes. Dopo
un poker tramortente operato dagli “uomini in grigio” (quattro
doppiette consecutive, è stato scritto in ogni salsa, è un record storico per
la F1) sono state ribaltate le prime – fuorvianti – convinzioni che davano la
SF90 davanti alla concorrenza. Quella vettura che sembrava essere una stella
polare tecnica ha invece mostrato un lato oscuro, una malattia (non
irreversibile pensiamo) che l’ha limitata nelle prestazioni facendola arrancane
in entrambe le classifiche.
Questa
è la premessa. Ed è storia che ogni divoratore di motorsport conosce bene.
La sorpresa vera, a ben vedere, è un’altra. Ed è
rappresentata dalla seconda vita sportiva di Valtteri Bottas da Nastola,
Finlandia. Bisogna
fare uno sforzo di onestà intellettuale: pochi avrebbero puntato il proverbiale
soldo bucato su un avvio roboante del “77”. Dopo la seconda parte
della stagione 2018, Lewis Hamilton pareva non avere rivali: otto vittorie e
sette pole in 11 gare. Un mondiale, grazie al “girone di ritorno”,
chiuso con il record di punti e un vantaggio abissale sul secondo piazzato. Per
non parlare della paga data al compagno di squadra: 161 interminabili
lunghezze. Una distanza siderale a parità di mezzo tecnico.
Nel 2019 qualcosa sembra esser cambiato. Il “44” fa fatica a scrollarsi di dosso il
compagno. Anzi, seppur di un solo punto, si trova addirittura ad inseguire un
pilota che da “cavalier servente”, “maggiordomo”,
“zerbino” (si sono sprecate le etichette non di certo lusinghiere) si
è trovato a risorgere ed a splendere come un’oca bianca delle nevi. Quali le
ragioni alla base di questa trasformazione? Cerchiamo
di analizzarle e proviamo a capire se “Il Boscaiolo” sta veramente
vivendo una nuova esistenza agonistica e se può riuscire nell’impresa di
vincere il titolo.
CAMPIONATO LIBERO
Le
probabilità di Valtteri di lottare per il titolo iridato potrebbero lievitare in maniera
esponenziale se la W10 mantenesse inalterato il vantaggio tecnico sulla
concorrenza. Sembra un’ovvietà, ma non lo è. Mi spiego. In uno scenario del
genere Toto Wolff non sarebbe chiamato a puntare su un solo cavallo. Quindi,
come accaduto nel recente passato, su un Hamilton che ha dimostrato di avere le
spalle larghe, il piede pesante e la giusta carica psicologica per battagliare
con un avversario esterno alla squadra. Diverso sarebbe in caso di una lotta
intestina che potrebbe verificarsi qualora la concorrenza ceda di schianto
continuando o peggiorando il trend osservato tra marzo e aprile.
Mercedes è un team che storicamente tende a non
intromettersi quando il vantaggio in punti sui rivali è acclarato e non in bilico. Così è successo agli albori dell’era
ibrida, così è accaduto l’anno successivo e nel 2016. Un certo interventismo
nell’imporre strategie lo si è riscontrato nel 2017 e nel 2018, quando
Sebastian Vettel si faceva minaccioso in pista e, soprattutto, ingombrante in
classifica. Nei
tre succitati campionati liberi da ordini di scuderia, dicevamo, c’è una
“macchia”, un’anomalia che lascia ben sperare Bottas. Un precedente
al quale il driver finnico può e deve appigliarsi.
FATTORE HAMILTON
Proprio
Lewis potrebbe essere uno dei motivi che alimentano le germoglianti velleità
iridate dell’ex Williams. Quando il pilota di Stevenage non sente il pieno
supporto della squadra qualche scricchiolio nell’apparente – granitica –
stabilità mentale si è avvertito. Il 2016 dell’angolo-caraibico è stata
un’infinita pletora di errori in partenza sublimati nel disastroso start di
Monza. Anche in qualifica, laddove è punto di riferimento e recordman all-time,
ci fu una certa sofferenza. Alcuni guasti meccanici (Cina, Baku, Belgio,
Sepang) fecero il resto e non bastò la reazione finale figlia di un disperato
tentativo di rimonta incompiuto per un soffio. Hamilton percepì che il team non
lo coccolava più e questa situazione – per lui inedita – si riverberò su alcune
prestazioni non all’altezza della sua fama. Non
che quest’anno il pentacampione stia soffrendo. E’ presto per intravedere nella
cortina di spiritualistica consapevolezza di sè una qualche sorta di
incrinatura, ma avere un compagno che piacerebbe al team in versione
campione del mondo, alla lunga, potrebbe infastidire l’ex McLaren.
Condizionandone pertanto le performance.
BLASONE MERCEDES
La
questione per la Mercedes si è “complicata” nelle ultime due
stagioni. Premesso che non v’è essere senziente che sostenga che Hamilton abbia
vinto da solo i titoli 2017 e 2018, è però lampante che ci abbia messo
parecchio del suo. Soprattutto l’anno passato con un una seconda metà di
campionato a tratti clamorosa. Nella testa dell’osservatore si è insinuato il
dubbio: senza Hamilton la Mercedes avrebbe portato il titolo a Brackley? Questa
è una domanda alla quale nessuno può lecitamente rispondere, ma il solo fatto
che qualcuno se la ponga alimenta dubbi sulla preponderanza della vettura (e
del team che vi sta dietro) sul pilota. Vincere con Bottas significherebbe, per i vertici di
Stoccarda, affermare nuovamente quel dominio inscalfibile su tutti, Hamilton
compreso. La percezione sarebbe
ribaltata: basta un Bottas “qualsiasi” per portare a casa le corna
del cervo. Questa prospettiva, con minimo margine di errore, alletta le
“teste d’uovo” della Stella a Tre Punte.
LA SFIDA DI VALTTERI
Non
sappiamo se è merito del miracoloso porridge, né possiamo conoscere nel
dettaglio qual è stato il percorso introspettivo fatto da Bottas nella pausa
invernale. Fatto sta che il pilota ventinovenne si è presentato tirato a lucido
e determinato come non lo si vedeva dalla stagione 2014, allorquando, in
Austria, salì per la prima volta sul podio. Anche nella mimica corporea, specie nella sconfitta, il
ragazzo ha mutato atteggiamento. L’anno
passato pareva avviatosi verso una visione escatologica di se stesso: è come se
perpetrasse il suo destino da scudiero, alimentandolo di volta in volta.
Insomma, si metteva in condizione di essere un vassallo, calato com’era
nel ruolo. Incapace di liberarsene o di mostrare uno scatto d’impeto,
un’impennata d’orgoglio.
Quest’anno
ha svoltato: anche quando ha perso il duello nei confronti del compagno di
squadra – con relativa testa della classifica – ha fatto seguire fatti concreti
ai proclami mediatici. E quella testa della graduatoria se l’è ripresa con un
GP perfetto in terra azera. E lo ha fatto soprattutto al sabato, ossia sul
terreno di caccia di Lewis Hamilton.
Con
un team che, per evitare guai, congela le posizioni allo status quo post prima
curva, la qualifica diventa un momento fondante di un week end di gara. E
Valtteri è riuscito a recuperare da un 2-0 ottenendo un coppia di prestigiose
pole, in Cina e a Baku. La risolutezza con la quale il finlandese conduce le
operazioni nella Q3 sta togliendo qualche certezza a Hamilton che, ultimamente, fatica a mettere insieme un giro che
rasenta la perfezione. Ovvero ciò che serve per stare più vicino ai semafori la
domenica pomeriggio. La partita si giocherà su questo versante, specie se la
W10 continuerà ad essere una bestia ferina sul giro secco.
Ma
Bottas ha trovato anche una fonte dalla quale attingere forza mentale
trasformandola in prestazione: Esteban Ocon. La presenza del francesino,
sovente acquattato accanto a Toto Wolff, sta spingendo l’ego del ragazzo ad
emergere. Ogni azione sembra mirata a scacciare l’ex Force India dal sedile
della prossima monoposto. E le prestazioni sin qui sciorinate portano ad un
rinnovo contrattuale sempre più scontato. Naturalmente
vi è anche una questione più tecnica alla base delle prestazioni recenti: il
feeling che Bottas ha sicuramente instaurato con la monoposto che ha per le
mani. Un’empatia uomo-macchina che potrebbe essere stata avvantaggiata dalla
caratteristiche del nuovo progetto.
ROMPERE IL DUOPOLIO HAMILTON – VETTEL
La sfida per il talento di Nastola è quella di tenere
viva e alta la tensione lungo l’arco di un campionato. L’approccio deve essere quello del passista, non
pensare di stradominare una manciata di gare e mollare nelle altre. Ancora una
volta è Nico Rosberg il modello cui deve riferirsi: bisogna provare a
massimizzare i punteggi anche nelle giornate sfortunate. Che arriveranno, è la
natura del motorsport. Già domenica vi sarà il primo fondamentale snodo per
Bottas che è chiamato a tenere a bada un
Hamilton che, man mano che la stagione si dipanerà, sarà sempre meno
accondiscendente e meno aziendalista.
Ovvio
che in questa fase stiamo postulando, complici le prestazioni di Ferrari e Red
Bull, uno scenario di lotta intestina agli uomini di Brackley. Ogni valutazione
sin qui fatta potrebbe impietosamente crollare qualora i “bibitari” e
i “rossi” riescano a dare la svolta definitiva, in termini
velocistici, alle rispettive monoposto (proprio in Spagna la SF90 e la RB15 si
presenteranno con diverse e succulente novità). Ma
anche se ciò accadesse, ossia che Seb (o Charles) rientrasse prepotentemente
nella lotta alla corona d’alloro, questo Bottas sta dimostrando di poter dire
la sua e mettere temporaneamente in naftalina il recente duopolio Hamilton –
Vettel che si manifesta persino mediaticamente.
Sembra
in corso, infatti, un’infinita luna di miele tra i due. Un amore deflagrato
dopo la suprema scaramuccia della F1 contemporanea andata in scena a Baku, nel
2017. Parole di reciproco rispetto, rinnovi di stima bilateralmente ostentati,
frasi che, talvolta, sono sembrate oltremodo melense in uno sport estremamente
competitivo quale è quello che raccontiamo.
Bottas
“rischia”, a suon di prestazioni, di spezzare un idillio verbale e
sensoriale tra le due stelle indiscusse della massima categoria automobilistica
odierna, rubando loro la scena con la sua disarmante normalità. Ma ciò che
eclisserebbe inesorabilmente i due uomini forti del motorsport sarebbe la
vittoria del mondiale. E
questa, in fondo, sarebbe una bellissima storia da raccontare.
Che
Valtteri la scriva. O almeno provi a farlo…
Autore: Diego Catalano –