Formula 1

Binotto e l’ammissione di colpa…

Il campionato mondiale di Formula Uno 2019 è stato caratterizzato, fino ad ora, da un continuo ed estenuante chiacchiericcio sulle coperture Pirelli, troppo spesso additate come causa delle mancate prestazioni delle monoposto. Senza dubbio gli pneumatici sono parte integrante di una vettura da corsa, ed il corretto funzionamento degli stessi è fondamentale affinché essi rendano al massimo. Tuttavia, risulta altresì necessario ricordare come gli equilibri di una monoposto siano soggetti a molteplici variabili, insiti da sempre nella categoria regina del Motorsport.

Essere selezionati dalla massa, spesso in maniera arbitraria ed irrazionale, per poter scaricare le colpe altrui è francamente troppo facile. A volte, ho l’impressione di ritrovarmi di fronte ad affermazioni paradossali. Facendo mente locale e considerando l’uomo come entità calcolante, alla stregua di un computer, possiamo definire tale pratica un conflitto tra passione e ragione?
Ricordando le parole di Mattia Binotto dopo il Gran Premio spagnolo probabilmente si…

“Durante i test di Abu Dhabi i nostri problemi sono stati mascherati dal layout della pista e dalle alte temperature, mentre durante i test di Barcellona le difficoltà sono state probabilmente nascoste dalle buone prestazioni. Se pensi di essere bravo come gli altri alla fine sei più rilassato, e non lo riconosci come tuo grande problema”.

Ammissione di colpa a parte, l’autocritica di Mattia Binotto scaturita nel post Gp di Barcellona va in netto contrasto con le ultime dichiarazioni rilasciate a margine della riunione speciale indetta in Austria, dove si era paventata l’assurda possibilità di abbracciare un cambio in corsa sugli pneumatici. Infatti, analizzando i dettagli dei processi utilizzati dagli uomini in rosso durante i test arabi, gravemente compromessi da una inesatta valutazione sulle mescole Pirelli e tralasciando ovvi fattori esterni, i conti non tornano. 

Il problema congenito che, da inizio stagione, complica tremendamente la giusta comprensione dei compound da parte dei tecnici di Maranello, impedisce alla monoposto italiana di esprimere tutto il proprio potenziale, creando l’oramai perpetuo e ridondante “mal di pancia rosso”. Pertanto l’equivoco, evidente frutto di calcoli approssimativi ed incompleti, ha indirizzato il lavoro svolto sulla SF90 verso una strada erronea, spingendo inesorabilmente i tecnici italiani verso un “dolce abbaglio” trasformatosi in una commedia melodrammatica messa in scena fin dal primo round mondiale.

Lo scopo delle mie riflessioni non è quello di puntare il dito sulla Scuderia Ferrari, bensì quello di trovare la diretta correlazione (un po’ come tra tunnel del vento e CFD) tra parole e fatti, che scaturiscono dalle quantomeno confuse menti di Maranello. Non è affatto difficile capire che quando le cose non vanno nel verso giusto l’insoddisfazione sorge, come al contrario risulta spesso impresa ardua assumersi le proprie responsabilità anche se evidenti. Sotto questo aspetto risulta utile mettere in conto le differenti ragioni che si nascondono dietro le cause di tali comportamenti.

Ora…che Binotto e la dirigenza Ferrari non stia vivendo il punto massimo della propria storia è lapalissiano, ma fino a dove questa situazione potrà continuare impunemente?

La paura di non essere accettati spinge le persone a non ammettere la situazione contingente, pensandola, peraltro senza motivo, come un evidente segno di debolezza. In realtà, ammettere le proprie colpe in maniera chiara e sincera, è segno di grande maturità, oltreché di apertura, una volta ammesso l’errore, verso la ricerca della soluzione. Pensando all’ammissione di colpa come segno di arrendevolezza non faremo molto strada, nascondendoci dietro pretesti per salvarci la faccia. Forse sarebbe meglio assecondare quel sintomo di criticità che sicuramente bussa nei nostri pensieri accettando di buon grado che, se una cosa non funziona, potrebbe dipendere da noi, per poi cercare di crescere e migliorare.

Se consideriamo valide le precedenti riflessioni, abbiamo la risposta alla nostra domanda.
Autore e Foto: Alessandro Arcari – @BerrageizF1 – Ferrari

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Pubblicato da
Zander Arcari