Sono anni che parliamo di regolamenti da cambiare: pit stops prima da togliere, poi da reintrodurre, gomme prima da indurire, poi da rendere più morbide. Ali prima da rimpicciolire, poi da allargare, vie di fuga prima in cemento, poi nuovamente in ghiaia ed erba. Sono anni che parliamo di come vorremmo che la F1 cambiasse la propria pelle, ma forse il futuro è servito. E se avessimo sbagliato tutti?
Se per anni abbiamo tutti guardato al problema sbagliato, chiedendo di cambiare questa pellaccia senza accorgerci che di questo bestione chiamato Circus iridato il problema risiede nel cuore di pietra? Per la seconda volta di fila rimaniamo tutti in piedi sul divano, per citare il buon Guido Meda, praticamente dall’inizio alla fine del Gran Premio. E quale è stato il comune denominatore delle ultime due tappe del mondiale di F1 2019? Signori e Signore: il sempre più magico binomio Leclerc – Verstappen!
Se avessimo finalmente scoperto che il cuore di pietra di questo sport si è rotto, diventando un generatore di emozioni a non finire semplicemente perché abbiamo capito che la vera essenza di questa disciplina non sono i regolamenti o chi li applica, bensì i personaggi che lo animano, che scrivono le pagine di storia? Pensateci: del passato ricordiamo sempre i piloti più forti ed i loro diretti rivali (alcuni esempi sono Lauda-Hunt, Senna-Prost, Schumacher-Hakkinen) o le auto che hanno interpretato in maniera più “originale” il regolamento tecnico (le wing-car degli anni 70, i primi motori turbo, le prime monoposto a muso alto degli anni ’90, le sospensioni attive, l’uso spinto del diffusore, la SF21 che nel 2021 vince tutte le gare del mondiale a seguito di una geniale interpretazione del nuovissimo regolamento tecnico).
Ci siamo: abbiamo capito di cosa avevamo realmente bisogno
in questa F1 moderna.
Due rivali, su due vetture avversarie. Piloti giovani, aggressivi, con voglia di vincere a tutti i costi. Che non si aggrappano ai regolamenti per condannare l’avversario per l’ultimo sorpasso subito e che ora hanno finalmente compreso l’uso che si più fare della pista e dei suoi limiti. Che non hanno paura di prendersi a ruotate, rimanendo sempre rispettosi dell’avversario. Una volta appurato che con questi due giovani ragazzi probabilmente il futuro è servito, ora abbiamo solo bisogno di due macchine da affidargli che gli possano permettere di lottare per il titolo e non per il gradino più basso del podio.
Credetemi: a fine gara mi sono quasi chiesto se stessi
vivendo un sogno o meno. Io domenica mi sono veramente divertito, e poiché è la
seconda volta di fila che mi capita, quasi ho paura che lo show, in questi
termini, non si possa ripetere con una tale intensità anche al prossimo
appuntamento, ad Hockenheim (a tal
proposito, vorrei inviare i miei auguri di pronta guarigione al sindaco della
cittadina tedesca, Dieter Gummer, aggredito in casa sua da uno
sconosciuto la sera del 15 Luglio scorso, riportando purtroppo gravi ferite).
No, era tutta realtà. Il nostro Vito Liuzzi, chiamato ad assurgere al ruolo di supervisor dei commissari come pilota d’esperienza, avrà calmato tutti quando il monegasco e l’olandese se la sono data di santa ragione in pista. “Let them racing”, lasciateli correre, santo cielo, avrà urlato ai colleghi, forse già pronti a lanciare un “under investigation” quando Leclerc e Verstappen si sono dati la prima ruotata. Il futuro è servito su un piatto d’oro, e ci stiamo gustando appena l’antipasto di un duello che si riproporrà una veste ancora più avvincente, non appena i due ragazzi si ritroveranno a lottare per l’unica vera posizione che conta nel Motorsport: “non mi interessa arrivare secondo, il secondo è il primo dei perdenti; io voglio vincere, a tutti i costi” citando The Magic, Ayrton Senna.
Lauda-Hunt, Senna-Prost, Schumacher-Hakkinen, Leclerc-Verstappen: che bello, ho I brividi!
Non voglio parlare della poca fiducia che ad oggi il team Ferrari mi dà sul futuro che può garantire al giovane talento monegasco. Il presidente Camilleri rimane molto in silenzio, forse troppo, il buon Binotto sta ancora cercando di mettere i pezzi in ordine (a dire la verità, lui è uno dei pochi di cui ho piena fiducia, ma come tecnico, non come Team Principal, ma questo lo sapete già). Non ho fiducia in chi al muretto decide le strategie, tecniche e politiche. Dico solo una cosa: per la legge dei grandi numeri, prima o poi il dominio (strameritato) della Mercedes e del re nero Lewis Hamilton (immenso pilota dei nostri tempi, chi lo nega non ama questo sport) finirà! E allora ci sarà spazio per gli avversari: Ferrari e Red Bull.
Se da lassù il buon Dio (o chi per lui) esiste e ama la F1, farà si di far capire a chi in Ferrari comanda che Charles va tenuto stretto a tutti i costi: un ingaggio subito da rivedere, una posizione da primo pilota (almeno al pari del compagno, chiunque sia per l’anno prossimo) da garantire, una macchina vincente da assicurare. Lo stesso dovrà fare Red Bull Honda al suo talento olandese, che dalle FP3 di Monaco 2018 non ne ha più sbagliata una infilando una serie mostruosa di risultati positivi: dello staff del team di Milton Keynes mi fido maggiormente, lo ammetto, al netto delle performance del motorista nipponico che non sono ancora al pari dei due diretti avversari, ma comunque in rapida ascesa.
Insomma, il futuro è servito: e voi da che parte scegliete di stare?
Qui lo scrivo, affinché i posteri possano giudicare su cose scritte, reali: io scelgo Charles Leclerc. Perché se il mio amore per la F1 e per Michael Schumacher è nato ad Argentina ’98, quando il Kaiser dopo un lungo mentre si andava a prendere la vittoria, rientra in pista a tutta velocità sfruttando una via di fuga, quello per Charles Leclerc è definitivamente sbocciato domenica scorsa. Come fu per Michael, che al termine di una gara meravigliosa va a cercare quella via di fuga come un cecchino, così Charles è entrato nel mio cuore in un duello che ancora ora, a giorni di distanza, mi viene voglia di rivedere e godere, come un buon bicchiere di vino rosso davanti ad un bel film, comodamente seduto sul divano (no già, in piedi)
A chiusura, sento la necessità morale di ricordare Jules Bianchi, a quattro anni dalla morte (mamma mia come corre il tempo). Un pilota di grande talento, amico del nostro Charles, strappato troppo presto alla vita da un incidente ridicolo, figlio del destino che ti aspetta ed a cui non si sfugge. Oggi chissà dove sarebbe stato Jules: magari in Ferrari, al fianco proprio di Charles, a comporre un dream team. Non lo sapremo mai, purtroppo, ma non possiamo dimenticarci mai di questi piloti morti mentre facevano ciò che amavano e di cosa ha comportato il loro sacrificio per lo sport: una maggiore sicurezza da creare nei circuiti, mai dimenticando, però, che dopo tutto “motorsport is dangerous”, sempre!
Ciao Jules, ovunque tu sia!
Autore: Federico Vicalvi – Foto: F1