Formula 1

F1: incubo di una notte di tarda estate

In estate si sa, soprattutto con il caldo malmostoso dello scirocco, condizionatore o meno (e comunque sia per sempre lodato e ringraziato il suo inventore), si dorme, spesso, male e poco.

E capita di fare sogni bizzarri d’estate.

Di uno, in particolare, ho un ricordo vivido… vedevo uno sport nobile finire a causa di uno strano morbo… una sorta di “virus della follia” che coglieva tutti i suoi protagonisti, a partire dal presidente dell’ente supremo di questo sport in cui cavalieri, alla guida di meravigliosi destrieri, si davano battaglia in tornei che poi designavano il campione assoluto del reame.

La follia sembrava colpire anche i padroni delle varie armate impegnate nella tenzone. Stranamente risparmiava i cavalieri che, con armature e elmetti dipinti in modo surreale e pittoresco, sembravano tutti lobotomizzati, intenti a pensare al loro piccolo orticello, senza coalizzarsi per il bene del grande sport di cui facevano parte, idolatrati e ammirati e probabilmente, viziati. Quei fantini erano lontani parenti della tempra dei loro predecessori, abili nelle singole tappe del torneo ma anche pronti a solidarizzare fra di loro per valori condivisi.

Il grande presidente, un omino piccolo ma tosto e molto determinato, aveva varato una serie di riforme incredibili. E diceva ai padroni delle varie armate che dovevano risparmiare e che, soprattutto, bisognava pensare alla sicurezza dei partecipanti ai tornei.

Così cominciarono a creare regolamenti sempre più complicati, roba che per metterti d’accordo su cosa fare o non fare spesso non bastavano intere giornate di azzeccagarbugli, con tanto di riunioni plenarie che sembravano non finire mai.

La sicurezza… il grande presidente voleva la sicurezza ad ogni costo. Intento, almeno sulla carta, nobile. E il risparmio… chi, se può, non risparmia? E così, il nostro decise che nessuno si poteva più allenare. Al massimo ci si trovava assieme qualche giorno prima dell’inizio del grande campionato, e poi basta. Così le armate si abituarono a mettere fantini su cavalli finti ed a fare prove con armi altrettanto finte in stanzoni, dentro i rispettivi castelli.

Un’armata in particolare, che aveva un vessillo rosso come simbolo e che possedeva addirittura due circuiti per poter allenare i purosangue con i cavalieri, forse dimenticandosi di possedere cotanto ben di Dio, arrivò a benedire le prove fittizie nei castelli.

E sempre per la sicurezza, se pioveva, i cavalli non potevano essere attrezzati ne’ preparati a dovere con le briglie, le protezioni e il resto. Metti che le prove prima della gara vera e propria vedessero il clima cambiare. Era comunque vietato adattare paramenti e altro. Se si erano fatte le prove all’asciutto e il torneo era al bagnato (e viceversa), non cambiava nulla. Per la sicurezza, sia chiaro.

Addirittura, il presidentissimo aveva proposto che, entro qualche anno, neanche nei singoli tornei si potessero cambiare vestimenti, briglie, selle (e via discorrendo) per adattare i cavalli al terreno del singolo torneo. Qualcuno, in minoranza, gli spiegava che era pericolosissimo non poter preparare il proprio cavallo ai singoli tornei, che il rischio era che l’animale disarcionasse il cavaliere… ma quello, dall’alto del suo seggio, non ci sentiva e tirava dritto!

Lo faceva per la sicurezza, diceva.

Per i costi si decise, appunto, di non far allenare squadra e cavalli ma, contemporaneamente, aumentarono le tappe del torneo, che significava avere più uomini e, naturalmente, più spese! Ma, stranamente, quasi nessuno diceva niente fra le armate, neanche fra i padroni delle singole armate.

Eppure, così si spendeva di più, non di meno.

Sempre per risparmiare (!) si arrivò ad imporre cibo contingentato per i cavalli, e parti di ricambio contate e, addirittura, uguali fra tutti. Già da tempo si erano obbligati i cavalli a usare solo determinati ferri per gli zoccoli, anche se questo a molte armate e cavalli creava non pochi problemi…

Qualcuno provò a spiegare che non era un bel torneo quello in cui i cavalli non potevano esprimere tutto il loro potenziale, ma ogni tanto dovevano trotterellare e non correre, perché sennò con il poco cibo a disposizione non sarebbero riusciti ad avere le forze per terminare il singolo torneo. Inoltre, dovevano far durare tutte le “parti” molto di più. Quindi dovevano studiare e spendere per farle più resistenti, e dovevano avere molta cautela nell’usarle, perché sennò venivano sanzionati partendo in fondo al torneo.

Questo strano “morbo della follia”, ad un certo punto, sembrò partorire altre regole folli e cervellotiche, mentre gli spettatori si allontanavano confusi e arrabbiati, ricordando i bei tempi in cui le regole erano semplici ed i cavalieri se le davano di santa ragione senza pensare a risparmiare cibo, paramenti, ferri di cavallo, armi e così via…

Poi mi sono svegliato… per fortuna. Ero trafelato… ma sicuro che si trattava sì un brutto incubo d’estate, la realtà non poteva essere così pazza…

Autore: Mariano Froldi@MarianoFroldi

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Mariano Froldi