Analisi Ferrari: la SF90 è guarita?
La Ferrari è una vettura sbagliata. Il progetto dei tecnici di Maranello non è all’altezza. La monoposto italiana non ha carico aerodinamico. Queste solo alcune delle critiche mosse verso la Scuderia che, a detta di tutti, non è stata in grado di proporre una monoposto vincente. Effettivamente, durante la prima parte della stagione, la Rossa ha deluso, soprattutto in piste dove il downforce era determinante. La difficile interpretazione dell’auto si è ripercossa sulle prestazioni in pista, fondamentali per essere competitivi. Il sottosterzo cronico, derivato da un concetto meccanico/telaistico incapace di produrre la giusta spinta verticale, ha creato l’incapacità gestionale dei compound. Le temperature di esercizio, dettate dalla severa finestra di funzionamento, spesso non hanno riscontrato i paramenti adeguati causando due problemi:
Da un lato l’impossibilità di sfruttare a pieno tutto il potenziale delle mescole visto che, le differenti temperature sugli assali, hanno reso la vettura molto difficile da guidare e, in momenti cruciali come la qualifica, non hanno lasciato scampo al risultato.
Dall’altro una maggiore usura del pneumatico riscontrata durante i long run, che hanno portano all’inevitabile abbassamento del ritmo gara ed al conseguente decadimento prestazionale della vettura.
Il concetto della SF90, studiato appositamente per offrire un valore di efficienza aerodinamica elevato, è stato messo alla base della progettazione. La filosofia low drag ha pagato enormemente sui rettilinei, agevolando peraltro i consumi del propulsore. Motore che, nonostante la bassa resistenza all’avanzamento della Ferrari, ha comunque accusato dei problemi a livello di consumo, risolti con l’introduzione della spec. 3 di motore endotermico.
Tornando all’aerodinamica, le caratteristiche tecniche della SF90 hanno permesso ai ferraristi di primeggiare sui rettifili, raggiungendo velocità di punta impensabili per tutti i rivali, Mercedes compresa. Tutto ciò andava comunque compensato con il giusto carico aerodinamico generato dal corpo vettura. Purtroppo però i tecnici di Maranello non sono riusciti nell’intento, soffrendo tremendamente, nelle gare fino a qui disputate, nei settori lenti di tutte le piste. Cambiare la vettura in corso sarebbe stata una follia, tenendo in conto che, ripartendo da zero, i competitor avrebbero comunque goduto di un cospicuo vantaggio. Con l’allungamento del passo rispetto alla vettura 2018, i tecnici di Maranello non sono riusciti a far funzionare a dovere il fondo. Oltretutto la nuova regolamentazione, che ha di fatto ridisegnato le norme sull’ala anteriore, ha spiazzato la Rossa. L’assenza degli upper flap, unita alle restrizioni sugli endplate, ha inciso negativamente sulla SF90, che ha dimostrato un’incapacità di generare vortici abbastanza potenti da sigillare il fondo.
È chiaro che, dopo le prime 14 prove del mondiale 2019, gli ingegneri della Ferrari non sono stati in grado di “trovare” il giusto quantitativo di downforce, necessario per bilanciare la macchina. Per questa semplice ragione, dopo uno studio accurato durato diversi mesi, i tecnici italiani hanno trovato dei “correttivi”. Le modifiche al muso (click qui), analizzate nella giornata di giovedì, vanno a compensare l’aumento di carico al posteriore, creato con l’utilizzo del nuovo fondo scalinato (clik qui) e con il diffusore montato in Francia, peraltro subito abbandonato dopo alcuni giri di test comparativi. La speranza dei tecnici della Ferrari, in un tracciato ad altissimo carico come Singapore, era quella di rendere la SF90 una vettura più completa. Trovare l’agilità necessaria nei cambi di direzione risultava infatti cruciale, in un layout come quello di Marina Bay estremamente esigente.
Dopo il fine settimana di Singapore, possiamo affermare con certezza che la SF90 “sta guarendo”. L’eccezionale pole di Charles Leclerc, bissata con la straordinaria doppietta in gara, dimostra che la Ferrari ha finalmente trovato carico aerodinamico, chiudendo l’importante gap chilometrico accusato nelle precedenti piste da alto carico rispetto a Mercedes. Il grafico a seguire riguarda le performance ottenute in qualifica, mettendo a confronto Mercedes e Ferrari. Come possiamo notare la distanza chilometrica scende vertiginosamente da Monaco, fino a diventare negativa dopo la pole position ottenuta da Charles Leclerc a Singapore.
Rispetto a Budapest, la SF90 è riuscita a recuperare ben 14 centesimi a chilometro sulla Mercedes, passando da un distacco di 10 centesimi ad un vantaggio chilometrico di 0,04s. Questo sta a significare un guadagno prestazionale rispetto all’Ungheria di ben 7 decimi, calcolato su un circuito di lunghezza pari a 5 chilometri. Un dato veramente “anomalo” considerando le difficoltà che, nella Formula Uno moderna, si incontrano per effettuare un recupero del genere in pochi mesi di lavoro. Sicuramente la Ferrari ha fatto grandissimi progressi, anche se, la Mercedes vista a Marina Bay, non era probabilmente al top della forma.
Questo grandissimo risultato, ottenuto grazie all’ottimo lavoro svolto dagli aerodinamici della rossa, è anche frutto di una messa a punto ideale della monoposto che, nelle FP2, non era ancora ottimale. Una vettura che nel guidato è sembrata essere molto precisa sull’anteriore, e non più sottosterzante come avevamo visto durante le libere 2.
Analizzando i singoli intertempi notiamo come la SF90 ha mantenuto la supremazia nel primo tratto di pista, sfruttando la maggior potenza della sua Power Unit. La vettura di Maranello si è ben difesa anche nel tratto misto, risultando la più veloce nel secondo settore con Vettel. Mentre nel T3 Leclerc ha accusato solo pochissimi centesimi di ritardo da Hamilton.
Malgrado in una pista cittadina si faccia sempre più fatica a verificare la bontà di un pacchetto aerodinamico, la grandezza della rimonta tecnica è sotto gli occhi di tutti. Senza dubbio, guardando ai risultati ottenuti il fine settimana, possiamo comprendere il cauto ottimismo del team Ferrari per il futuro.
La SF90 è guarita?
Autore: Alessandro Arcari – @BerrageizF1
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Il problema è stato che visto che il motore non aveva la potenza ed i consumi necessari hanno dovuto fare efficienza aerodinamica a spesa della downforce. Ora con la evo3 sono tornati competitivi.
La SF90 di Barcellona non è quella di Australia. È ora possono pensare alle sospensione per il 2020. Speriamo bene.
È possibile che questi aggiornamenti più che portare un miglioramento di 7 decimi abbiano principalmente migliorato la gestione delle gomme e quindi permesso di far vedere il reale valore della vettura?