Formula 1

Hubert: ogni maledetto incidente insegna

Voglio assolutamente rifuggire dalla solita retorica con cui vengono sprecati fiumi di inchiostro, reali e virtuali, ad ogni maledetto incidente nel motorsport. Sono stanco di leggere cose del tipo: “si poteva e si doveva evitare”…”non vorremmo mai vedere un pilota morire”…”era una grande promessa”…e via così.
Risulterò impopolare, ma il rischio è parte integrante delle competizioni velocistiche; dirò di più, il fascino di tali competizioni è dato anche dal fatto che i piloti rischiano la vita. Quando si conduce un mezzo a limite, a quelle velocità, le probabilità di farsi male o di morire, senza alcun dubbio, ci sono.

La dose di “poetica” incoscienza di questi ragazzi, che vanno al limite nonostante sappiano che tale limite possa essere anche un confine, quello tra la vita e la morte, è in fondo (oltre alle capacità di guida) ciò che consente loro di fare il mestiere che fanno.
Ogni pilota, quando abbassa la visiera, è perfettamente conscio di quello a cui può andare incontro. Eppure nessuno di loro si risparmia. E’ per questo che chiunque di loro, dal più bravo al “meno” bravo, merita il massimo rispetto.

Risparmiamoci, quindi, la retorica. Non ci sorprendiamo dinanzi ad un incidente mortale, non facciamo le verginelle che vorrebbero tutte le gare sospese. Quando guardiamo questo sport, sappiamo benissimo cosa può accadere. Lo sappiamo noi appassionati, lo sanno i piloti, lo sanno i parenti e gli amici dei piloti, lo sanno gli addetti ai lavori, lo sa chi si occupa di sicurezza nel motorsport. Eliminare completamente il rischio dalle competizioni motoristiche è pura utopia.

Però si può imparare da ogni maledetto incidente. E infatti sono tanti i passi avanti fatti in termini di sicurezza. In particolare, cosa ha insegnato l’incidente di Anthoine Hubert?

Ha insegnato in mondovisione quanto sia inaccettabilmente pericoloso consentire ai piloti di percorrere in pieno le vie di fuga in asfalto!

Spa-Francorchamps

Il problema non sono le vie di fuga in asfalto in sé: ci sono tipi di incidenti per i quali sono preferibili quelle in asfalto, ci sono tipi di incidenti per i quali sono invece preferibili quelle in ghiaia: se si staccano le ruote, ad esempio, la ghiaia assicura un rallentamento maggiore; d’altra parte, però, la ghiaia spesso fa ribaltare le monoposto e, sicuramente, non è preferibile dal punto di vista del business, visto che ha la tendenza ad “insabbiare” le vetture e i loro sponsor, eliminandoli dalla competizione. La ghiaia, però, evita che una vettura, dopo un impatto contro le barriere, ritorni in pista.
Le vie di fuga in asfalto, “perdonando” di più gli errori, un po’ sviliscono la capacità di guidare al limite: è più facile osare, perché consente a chi è uscito di pista di rientrarvi facilmente, magari senza nemmeno perdere velocità.

Eau Rouge-Raidillon

Ma al di là della diatriba tra le vie di fuga in ghiaia e quelle in asfalto, il punto è che se la via di fuga è in asfalto, non è ammissibile che questa venga percorsa a “tavoletta”; soprattutto, poi, in un punto cieco come il Raidillon, dove lo scollinamento costringe i piloti ad andare “alla cieca”.
Hubert è stato centrato in piena via di fuga da Juan Manuel Correa, che, per evitare il caos che si era creato davanti a lui, ha utilizzato l’esterno pista percorrendolo al massimo: ha visto troppo tardi lo sfortunato pilota francese.

Ecco il punto: assurdo che in una zona (la via di fuga) progettata per la sicurezza, avvenga un incidente tanto cruento proprio perché su quell’asfalto (che dovrebbe essere “amico” della vita dei piloti) è permesso di guidare alla stessa velocità della pista.

La soluzione, dunque, sembra abbastanza ovvia: posto che, come si è detto, il rischio è parte integrante delle competizioni velocistiche, o si ritorna alla ghiaia in tutte le vie di fuga, o si trova un modo per costringere le vetture a rallentare quando percorrono le vie di fuga in asfalto.

Intanto, nel tratto dell’Eau Rouge-Raidillon, si è deciso di ritornare alle vie di fuga in ghiaia. Bene così.

Autore: Mauro Mondiello@mauro_mondiello

Foto: F1

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Mauro Mondiello