Formula 1

Tre vittorie, di rabbia e di gioia

Tre vittorie, di rabbia e di gioia

Certe vittorie sanno essere dolci e amare allo stesso tempo. Fine agosto, fine settembre.Tre pole position di fila. Tre vittorie di fila con una doppietta storica a Singapore. Tre vittorie di rabbia e di gioia. Nella parte conclusiva di questo mondiale 2019. Quanti rimpianti. Ma, prima di lasciarci andare ai rimpianti, godiamoci questa SF90 che doveva essere doppiata a Singapore e che invece ha cambiato poco nella forma e molto nella sostanza. Me l’avessero detto giusto un mese fa, mi sarei fatto una grassa risata. E con me l’universo mondo di sportivi, tecnici, professionisti vari.

Quando mai la Ferrari raddrizza la baracca nata male, su fondamenta fragili, nella seconda parte del mondiale? Non accadeva da 10 anni, anno più anno meno.

E invece. E invece ecco ciò che non ti aspetti. Di nuovo. Addirittura la Mercedes che, per tentare il tutto per tutto, passa da seconda a quarta. In tre gare non ci sono stati imbarazzanti errori al muretto, scelte sbagliate di pneumatici, pit stop con qualche sbavatura. Nulla, niente, nada, zero. Tutto perfetto. Ti viene, da una parte il magone per la rabbia, dall’altra il magone per la gioia.

Quanti di noi, tifosi ferraristi, sono lì divisi in due?

Non in due fra Leclerc e Vettel. Ve lo dico subito: non me ne può fregare di meno di chi vince, purché sia una Rossa. Seguo il verbo Enziano ortodosso. Mi spiaccio per quello che poteva essere. Ormai Lewis può vincere, anche sbadigliando, il suo meritato sesto mondiale. Ma possiamo “trarre gli auspici” (per citare Foscolo) per un futuro più radioso, che arrida davvero alla Ferrari? Credo, pur con tutti i condizionali del caso, si possa rispondere affermativamente. Vedremo gli altri gran premi cosa si riuscirà a portare a casa.

Da un certo punto di vista ha ragione Binotto: la fortuna ci deve ancora qualcosa. Tuttavia la storia della Ferrari è questa: lei e la fortuna sono due signore che si guardano in cagnesco. Enzo Ferrari avrebbe da ridire, visto che per lui la fortuna non esiste/va. E probabilmente aveva/avrà ragione. Ma mi piace pensare che qualcosa ancora ci debba, il fato, in questo strano 2019 double-face. Nel 2014 infuria una guerra spietata fra Montezemolo e Marchionne. La spunterà il secondo con il  “ghigliottinamento” di Luca, “feroce” defenestrazione, come solo quelle dei colletti bianchi sanno essere. Consiglio a tutti il bellissimo libro di Tommaso Ebhardt@TEbhard, “Sergio Marchionne”, Sperling & Kupfer, che ricostruisce anche questa lotta intestina. Monza 2014 è stata una tragedia e una figuraccia.

Il lunedì dopo la pesante debacle (la F14T è una delle peggiori Ferrari della storia della F1) Marchionne spiega: “La cosa importante, per Ferrari, non sono soltanto i risultati economici, ma è vincere. Sono sei anni che facciamo una fatica pazzesca e abbiamo due piloti che sono due campioni del mondo:  Alonso e Raikkonen. E ancora: “Vincere non è negoziabile […]”. Leclerc l’ha scelto lui. Mattia lì al comando l’ha voluto lui. Promuovere le cosiddette seconde linee era la sua filosofia manageriale. Ma conta soprattutto che la Ferrari deve vincere. O deve provarci sempre. Niente di meno. Questo il suo retaggio. Da sempre.

E allora, forza! Fateci divertire sul serio.

Mattia Binotto. Voto: 12. Non è nato per le telecamere, e si vede. Somiglia in tutto e per tutto allo scienziato secchione dei Ghostbusters che tira fuori cose mirabolanti. Ad essere onesti, lo abbiamo scritto spesso, la SF90, di cui ha la paternità indiretta, aveva mostrato limiti evidenti. Poi qualcosa è cambiato, sopratutto a Singapore. Vi dò un indizio: le cose nere e tonde. Sono quattro. Capisci quelle e boom! Nessun mistero. Merito a lui di aver sviluppato bene (anzi di aver fatto sviluppare bene) una monoposto nata un po’ storta. 

Gestione del Team di Binotto. Voto: calma. Probabilmente il non essere stato lì con il fiato sul collo dei suoi, il non aver voluto pretendere bagni di sangue, l’aver calmato gli animi quando le cose non andavano è stata la cifra distintiva fondamentale per far ottenere il massimo dalla squadra tutta.

Muretto Ferrari. Voto: 10 e lode. Non hanno sbagliato nulla. A proposito delle scelte strategiche, non c’è alcun complotto contro Leclerc. Ce lo spiega bene il nostro PG: “Io capisco che entriamo nel tecnico e non tutti sono portati a capire certe cose; ma era necessario fermare per primo Vettel, in primis per coprire la strategia di Verstappen, secondo per sopravanzare Hamilton. Il resto lo ha fatto Vettel nel giro di out”

Muretto Mercedes. Voto: 4. Hanno sbagliato molto. L’idea era quella di sfruttare le gomme rosse nei giri in cui entrava Leclerc per tirare giù temponi e superare il ferrarista al cambio gomme. E poi “ciaone”. Solo che gli pneumatici erano cotti. E in Mercedes non se lo aspettavano. A quel punto hanno comunque ritardato troppo. La morale è che se stai sul fiato sul collo ai migliori, anche loro sbagliano

Sebastian Vettel. Voto: 10 e lode. E’ tornato. Non se n’era mai andato, ma non aveva fiducia nella SF90. Sarà un caso ma, appena appena ha sentito maggiore feeling con la sua monoposto, ha cominciato a rifare il Vettel. Di errori ne ha fatti in questi anni, lo sappiamo, ma è chiaro che se Vettel è al top può battere chiunque. E ci serve al top per il prossimo anno.

Charles Leclerc. Voto: mirabilie. La sua pole position è qualcosa di magico, che solo i campioni in piena trance agonistica riescono a fare. Ben tre volte ha ballato con lo sterzo con la probabilità di fare una figura barbina sfasciando la monoposto fra i muretti. Il confine fra successo e fallimento è spesso di pochi millimetri. Ma lui ha fatto quella pole strepitosa che ha ammutolito Hamilton. Charles non è una promessa. E’ ora, da giovanissimo, un campione fatto e finito.

Hamilton. Voto: 9. Lui ci prova sempre. E io lo ammiro, nonostante i dolori che ci ha inflitto in questi anni. In questo ultimo mese gli è girata storta. Per sua fortuna, ormai ha un abisso di punti che lo fanno dormire fra quattro cuscini.

Capigliatura di Hamilton. Voto: mi rifiuto di commentare…

Giovinazzi. Voto: 8. Piano piano si è fatto pure qualche giro in testa. Quanto era che non accadeva ad un pilota italiano?

Gru in pista. Voto: sono senza parole.  Anzi ne avrei tante, e sono parolacce.

P.S.: Biagio, non ti chiedo più nulla. Hai già fatto tanto… Anzi no, continua a darci una mano da lassù…

Autore: Mariano Froldi@MarianoFroldi

Si ringraziano come sempre @FormulaHumour e la pagina Fb “Le cordiali gufate di Gianfranco Mazzoni”

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Mariano Froldi