Ferrari: dalla notte luminosa di Singapore alla disfatta clamorosa di Sochi. Una settimana che inverte i fattori, che avverte malumori, diffusi e profusi, illusioni cadute come polvere di stelle in un universo che si prepara a esplodere. Nella calma piatta del Mar Nero si preannunciava una doppietta Rossa, ma al posto del vivido vermiglio ha trionfato un livido argento, capace di propiziarsi il successo facendosi beffe di chi si sentiva la vittoria già in tasca.
Tasche vuote a Maranello, o forse troppo piene. Svuotate di un bottino che sembrava ormai conquistato, con la Ferrari destinata a un misero premio di consolazione. Riempite dalle continue incomprensioni, che generano malcontenti e denunciano intenti più o meno limpidi, a seconda di come li si voglia interpretare. Osservazioni sparse da domeniche amare, avare di ricompense, generose di lamenti. Fomentatrici di congetture disparate, di paure paventate. Il nulla e il tutto sapientemente rimestati in un calderone di parole indigeste, che osservano i fatti attraverso una lente d’ingrandimento distorta, atta a far trasparire uno scenario distopico.
Ma quanto c’è di vero in queste considerazioni, in queste profuse e malcelate illazioni? I fatti, per prima cosa. Il responso della pista. Che non ci parla di fumosi concetti, ma usa poche e chiare parole attraverso le quali si può giungere a una corretta chiave di lettura. Per prima cosa evidenzia la costanza di Charles, la spietata velocità di un ragazzo che domina la sua Ferrari come fosse un veterano. Leclerc si prende tutto perché dà tutto. E lo fa straordinariamente bene. Poi c’è Sebastian, che ha ritrovato la grinta dei suoi tempi migliori. Commette qualche minima sbavatura solo perché ricerca sempre il limite, con cuore e coraggio. Torna a essere perfetto quando si riconquista quella prima posizione che è il suo habitat naturale.
Queste le premesse da cui è necessario partire se si vuol tentare di comprendere, di analizzare la situazione attuale della Ferrari.Capire il momento senza carpire frasi strozzate atte solo a fomentare livore. I fatti sono chiari, certo, ma i patti un po’meno. Proprio in quella minuscola zona d’ombra va trovata la piccola crepa che potrebbe originare una voragine. Un difetto di comunicazione, un peccato veniale che diventa capitale quando si tratta di gestire due campioni pronti a qualsiasi cosa per vincere. La sensazione è che a Maranello si pensi ad anteporre un bene comune dimenticando che questo potrebbe innescare una reazione a catena dagli esiti potenzialmente fatali. Una spirale negativa fatta di favori concessi e mancati in nome del fantomatico uno-due. Peccato che ci si dimentichi che né Vettel né Leclerc siano disposti a fare il numero due a comando.
Ferrari cerchiobottista? Anche. Ma se in certi casi il gioco di squadra è un ‘male necessario’, come nel caso di Spa, altre volte appare difficilmente applicabile senza che si generi lo scontento dell’uno o dell’altro pilota. La notte rossa di Singapore ha messo in luce il primo dissapore, originato probabilmente sulla scia di Monza. Poi Sochi, ancora una volta questione di scia. Nella città dei giochi olimpici invernali scivola in avanti la Ferrari di Seb, beneficiando dell’aiuto della Rossa di Charles, che la tira, che non si oppone e che si frappone momentaneamente tra il tedesco e il temibile Hamilton. Temporaneamente appunto, secondo gli accordi. Ma è proprio a questo proposito che non c’è stata abbastanza chiarezza.
Fatto salvo che la posizione avrebbe dovuto essere restituita, non è esattamente chiaro quando. Charles pretendeva di tornare in vetta già dal primo giro. Seb nicchiava sostenendo -a ragione- che non fosse la scelta più saggia, in quanto Lewis avrebbe potuto guadagnare terreno grazie al tempo perso nello scambio, vanificando la leadership Ferrari. Fin qui tutto bene. Poi arriva il teatrino dei team radio, che mette in luce tutta la fragilità del castello di carte creato dalla Ferrari. Perché se è vero che Leclerc ha agevolato la fuga di Vettel, è altrettanto vero che il tedesco non ha beneficiato fino in fondo della fantomatica scia, avvantaggiandosi anche grazie a una manovra perfetta. Sebastian si è quindi imposto a suon di giri veloci, mostrando, in questa prima fase di gara, di avere un ritmo migliore del compagno. Lo ha fatto certamente di proposito, tentando di distanziare la vettura gemella in modo da conquistare definitivamente il comando.
Il problema nasce proprio da qui. La pista russa purtroppo non agevola il poleman, che spesso viene superato a causa della famigerata scia. Ne ha fatto le spese anche Vettel nel 2017. Occorreva dunque mettere in atto un piano perfetto per impedire l’avanzata di Hamilton. Leclerc ha ottimamente svolto il suo compito in partenza, e voleva tornare in testa il prima possibile. Ma una gara non sempre è pianificabile in tutto e per tutto, dunque bisogna tener conto delle possibili evoluzioni (o rivoluzioni). Che, in questo caso, proponevano una Mercedes più minacciosa del previsto su gomme medie e un Sebastian indiavolato in grado di costruirsi un margine significativo sul compagno.
L’idea di scambiare le posizioni in occasione della sosta ai box era dunque la più corretta, ma forse non la più opportuna. A maggior ragione perché, se da un lato Seb ha ‘infranto’ i patti limitandosi ad andare più veloce, Charles ha mostrato sfiducia nel team con le sue continue lamentele. Il che, a una settimana esatta dalle esternazioni di Singapore, non è sembrato un atteggiamento ideale e proficuo. Tra l’altro, il ritmo della Ferrari numero 16, in questa occasione, era effettivamente inferiore a quello del compagno.
Quindi, in luogo di perderci in discussioni sterili sulle origini dei torti, dovremmo piuttosto concentrarci sull’inutilità di fornire istruzioni a priori. In una gara ci sono troppe variabili che non possono essere previste in anticipo, dunque è meglio non promettere fantomatici scambi che potrebbero risultare infruttuosi, non permettere certi piani lacunosi. Lasciamo che sia la pista a legiferare, con il suo codice non scritto. Lasciamo che sia l’onore a decretare l’ordine d’arrivo, con i numeri impressi dalla velocità.
Questa stagione ci ha restituito una Rossa veloce e due piloti che sanno animarla, dando vita a un’appassionante sfida nella sfida. Facciamo in modo che continuino ad emozionarci, perlomeno ora che non sono imbrigliati in logiche di campionato. Impareranno a fiutarsi, a conoscersi, a spronarsi. In attesa di un 2020 in cui non basterà vincere una battaglia, ma sarà guerra aperta. Una meravigliosa sfida all’ultimo sangue tra il feroce, implacabile ragazzo dal viso d’angelo e l’uomo innamorato della Ferrari che vuole ancora sentirsi chiamare campione.
Foto: Ferrari