Io, Michael e Mika: il Kaiser ci riprova!
L’ultimo anno del secondo millennio deve essere l’anno del bottino pieno per la Ferrari. Il 1998 si è chiuso nella rabbia per un titolo sfuggito dalle mani all’ultimo momento. Nei giorni subito successivi a Suzuka 1998 i detrattoti del Kaiser, i tifosi occasionali e gli ingegneri da bar, puntano il dito contro Michael Schumacher. Non io. Sono un bambino “accecato” dall’amore verso il mio idolo tedesco. Non posso minimamente pensare di mettere in discussione le sue capacità. Il 1999 sarà l’anno buono, mi dico. E con me milioni di tifosi.
Per la Ferrari l’ultimo anno del secondo millennio si apre il 30 gennaio, quando viene presentata la F399. In Ferrari è appena arrivato l’ultimo tassello utile a Montezemolo per il suo dream team: si tratta dell’Ing. Nicholas Tombazis, aerodinamico. Con Montezemolo al comando, Jean Todt direttore sportivo, Ross Brawn capo degli ingegneri e Byrne e Tombazis a curare la monoposto affidata ai sapienti piedi di Michael Schumacher, il cerchio è ormai chiuso e ci sono tutte le carte in regola per puntare al titolo piloti e costruttori.
Seguo la presentazione della monoposto nel servizio del telegiornale. La passione verso la Formula Uno è per me talmente totalizzante che il semplice guardare le gare alla televisione non basta più. Sono un bambino curioso e ho bisogno di approfondire, conoscere, studiare questo sport. Non usando ancora il computer e quindi non accedendo a internet, l’unico modo che ho per dare sfogo alla mia curiosità è la carta stampata. Le letture sono quasi frenetiche, dalla prima parola della copertina all’ultima della chiusura della rivista.
Grazie a queste letture inizio a comprendere come funziona questo sport: il regolamento sportivo, gli uomini che ne fanno parte, la storia, la meccanica, la tecnica. Amo in particolare personaggi come Ercole Colombo e Murray Walker (giusto per citarne un paio, sia chiaro).
Ma non mi basta neanche più guardarla o leggerla la F1. Ecco che allora scopro, in un negozio di videogiochi, che sulla F1 c’è un videogame adatto alla mia Playstation 1. Si chiama semplicemente Formula One. Chiedo a mio padre di regalarmelo, insieme ad una scatola che vendono insieme al gioco. Questa scatola contiene un volante e una pedaliera. Che emozione poter giocare ad un gioco di Formula 1 con un volante, come fanno i piloti veri. Il regalo arriva e io finalmente posso immedesimarmi in un pilota virtuale. Ricordo le ore passare per terra, con la schiena poggiata al divano, a giocare al videogioco. Vorrei vestire i panni del mio idolo, che però guida una macchina blu. “Ma non dovrebbe essere rossa?”, mi chiedo. Michael guida la Benetton, non la Ferrari. Eppure guiderò anche questa, con l’indistinguibile alettone nero con la scritta Agip in giallo.
La mia specialità diventerà ben presto voler simulare a tal punto la realtà, da mettermi a fare gare con durata reale. Sarà questo l’antesignano di una passione ad oggi sfociata in una postazione di “sim racing” con cui passo ore entusiasmanti a riprodurre il campionato di F1 moderno o a gareggiare con altri piloti virtuali di tutto il mondo in altri titoli che fanno riferimento ad altre categorie del Motorsport. Accanto alla F1 reale vista in televisione ed alla F1 virtuale giocata nei video games, un ruolo chiave lo giocherà anche il modellismo. Scopro ben presto che nei negozi di giocattoli e modellismo vengono venduti modelli che riproducono le monoposto dei miei eroi. Non ricordo il primo modello comprato, ma ricordo certamente di averne avuti tanti. E un bambino cui vengono regalati oggetti del genere, non li vuole certamente possedere per vederli esposti su una mensola.
Sono fortunato perché il caso vuole che la mia casa abbia un lungo balcone con un davanzale largo circa 30 centimetri: perfetto per immaginarci una pista di F1. E così con un po’ di pongo realizzo i piloncini di limite della pista, quasi fossero i tipici paletti bianchi e neri che si vedono nelle strade di campagna e con un po’ di vernice (!!!) realizzo le piazzole di partenza. Pronti via, le mie domeniche diventano a tutto tondo dedicate alla Formula Uno. La gara vera, vista in Tv; la gara virtuale, giocata ai video games, la gara “semi-seria” fatta in balcone con i modellini. Durante queste scorpacciate c’è anche l’audio, per non lasciare nulla al caso. Riesco infatti a riprodurre con la voce un suono simile a quello dei motori. Nel quartiere divento ben presto famoso per il mio esercizio di questa passione. Se Michael taglia il traguardo in prima posizione, l’urlo liberatorio in balcone è d’obbligo (e questo è vero ancora oggi quando una Ferrari passa prima sulla linea del traguardo). E sono in tanti a vedermi in balcone correre su e giù con questi modellini in mano a fare le mie gare. Tengo anche una classifica su un quaderno, con tanto di nomi dei piloti scritti con la corretta ortografia.
C’è infine una abitudine che, sempre in quell’anno così pieno di novità, inizio ad avere. Nel 1999 frequento la terza elementare. A scuola c’è un mio amico, Marco, con cui condivido la passione per il Motorsport. Questa amicizia, tanto per far capire che si faceva sul serio già dall’epoca, dura ancora oggi e vede proprio la Formula Uno come principale punto in comune. Durante la ricreazione o le ore di assenza di una maestra, prendiamo un quaderno e ne strappiamo la pagina centrale, in modo da avere ampio spazio. Su questo foglio disegniamo una pista a nostra fantasia. Siamo attenti ad includere tutto: c’è il nastro d’asfalto con la sua griglia di partenza con tutte le caselle per i piloti e ci sono naturalmente i cordoli (verdi/giallo ad imitare quelli di Melbourne, giallo/rosso ad imitare quelli di Spa o ancora rosso/bianco ad imitare quelli di tanti circuiti del mondiale).
C’è chiaramente anche la corsia box, il paddock, le tribune, le vie di fuga e, oltre i guard rails, ci sono anche gli alberi. Appena tutto è pronto, le nostre due matite, a rappresentare le uniche due macchine, si schierano sulla griglia di partenza. La mia matita rappresenta Michael Schumacher, la sua Mika Hakkinen (di cui è fan sfegatato tanto quanto io lo sono per il tedesco). Al via queste matite si scatenano in una gara senza esclusioni di colpi. Non mancano gli incidenti, i tentativi di sorpasso e i duelli serrati, fino a che una delle due matite taglia per prima il traguardo. Una gara svolta per lo più nella nostra testa, ma si sa, la fantasia di un bambino non ha limiti. Ma torniamo alla realtà.
La stagione 1999 di Formula Uno si apre ancora una volta in Australia, a Melbourne. C’è un che di magico in questo tracciato per me: il rivedere una F1 sfrecciare dopo tanti mesi di pausa nel cittadino con i cordoli rossi, bianchi e verdi mi provoca emozioni forti. Al sabato sera (per il nostro fuso) la cena con il latte ed i biscotti è un piacevole rituale, accompagnata dalla costruzione di qualche astronave con i Lego (un’altra mia grandissima passione). Prima di andare a dormire d’obbligo è la visione del warm-up. Volendo la Rai permetterebbe anche di fare tutta una tirata fino alle 4 del mattino, ora di partenza del Gran Premio, grazie a “Notte rossa”. Ma sinceramente per me è troppo.
Non è mai stata una fatica alzarmi alle 03:45 della notte per essere bello pronto alle 04:00 in punto ad assistere alla partenza del GP (anche se ammetto che negli anni a venire, qualche volta mi sono addormentato durante la gara). Non ho però grandi ricordi né di questa prima gara dell’anno né della successiva del Brasile. Ad onor di cronaca, comunque, in Australia la Ferrari di Michael è afflitta per tutta la gara da svariati problemi che ne compromettono seriamente la prestazione, tanto da farlo arrivare ultimo al traguardo. Tutto l’opposto per l’altra rossa affidata al pilota irlandese Irvine, che vince la gara approfittando di noie meccaniche ad ambedue le McLaren.
Nonostante i problemi tecnici, però, la stagione si apre con le due frecce d’argento palesemente avanti a tutti in quanto a prestazione. Basti pensare che alla fine delle qualifiche, il finlandese volante rifila ben 1 secondo e 3 decimi a Michael, terzo classificato. Per paragone, pensate a quanto farebbe scalpore oggi, anno domini 2019, un distacco simile tra un Lewis Hamilton ed un Sebastian Vettel. Erano altri tempi. Nella successiva gara del Brasile il potenziale delle McLaren trova il suo naturale sbocco con una vittoria conquistata dal finlandese che lo mette nuovamente sulle rotaie per la lotta al titolo. Secondo al traguardo è Schumacher, che conquista i primi punti dell’anno.
La successiva gara si svolge sul circuito di Imola, per il Gran Premio di San Marino. Di questo GP conservo nitidi ricordi. Siamo con la famiglia a festeggiare il 60esimo compleanno di mia nonna in un ristorante vicini Cerveteri (nell’entroterra laziale). All’epoca se non potevi assistere ad un Gran Premio dal salotto di casa, dovevi solo sperare in un televisore disponibile all’interno del ristorante. E questo televisore, per fortuna, era disponibile proprio all’entrata del locale subito accanto ad un grosso e bellissimo acquario. Credo di aver mangiato molto poco quella domenica e di essere stato praticamente tutta la gara, in piedi, appiccicato allo schermo.
Della gara il ricordo più forte è quello che nasce al 17esimo giro: dopo una qualifica che ha visto le due McLaren ancora una volta posizionarsi davanti a tutti, nei primi giri di gara il passo di Hakkinen risultaineguagliabile. Durante la sua cavalcata trionfale, alla chiusura del giro 17, la MP4/14 del finlandese spancia sul cordolo in uscita della variante bassa e si schianta sul muro a sinistra del rettilineo principale. Lo schianto non lascia scampo al pilota di Vantaa che per la seconda volta su tre gare è costretto al ritiro. Schumy ha così strada spianata verso il primo successo stagionale e grazie al piazzamento del Brasile (dove era giunto secondo), può uscire dal circuito alle rive del Santerno con la leadership del mondiale piloti in tasca.
Il successivo Gran Premio vede gli eroi della massima serie districarsi nelle strade del principato di Monaco. Le Ferrari di Michael Schumacher ed Eddie Irvine giungono al traguardo prima e seconda al termine di un weekend dominato con la sola eccezione delle qualifiche, dove ancora una volta Hakkinen si impone su tutti. Incredibile il ritmo gara del tedesco, che al calare della bandiera a scacchi rifila mezzo minuto al compagno Irvine. Nel GP di Spagna, il quinto stagionale, si ribalta l’indice della prestazione tra Ferrari e McLaren. Le due frecce d’argento dominano tutta la gara e Schumacher, complice anche una prima metà di gara passata dietro la BAR di Jacques Villeneuve, non riesce ad andare oltre la terza posizione.
Nel weekend del 12-13 Giugno 1999 sono a Ladispoli con i miei nonni. Il rientro a Roma, che normalmente avviene a metà pomeriggio di domenica per evitare di trovare il traffico di chi, come noi, rientra a Roma dopo aver trascorso il fine settimana nelle seconde case, è posticipato a causa del GP del Canada, che naturalmente non voglio perdere. In pole position parte proprio il Kaiser, che in qualifica è riuscito ad imporsi per il rotto della cuffia sul finlandese (solo 29 millesimi di differenza). La partenza del GP è a dir poco caotica: in approccio alla prima curva, la Prost di Jarno Trulli finisce sull’erba perdendo completamente potere frenante e travolge le vetture di Alesi e Barrichello. La gara viene così neutralizzata dalla direzione gara che decide di inviare in pista la Safety Car per permettere ai commissari di ripulire il tracciato dai detriti.
Alla ripartenza, dopo neanche un giro, ecco nuovamente entrare in pista la vettura di sicurezza a causa della BAR di Zonta che in uscita dall’ultima chicane rovina sul muro ed è costretta al ritiro con la posteriore destra ko. Michael inizia ad allungare su Mika fino al 29esimo passaggio: forse infastidito e deconcentrato per il doppiaggio sulla Prost di Panis il tedesco approccia l’ultima chicane con troppa velocità e la F399 parte in un sovrasterzo che Michael non può controllare in alcun modo. L’urto sul muro con la scritta “Benvenuti in Quebec” e che sarà poi ribattezzato “il muro dei campioni” è tremendo. La F399 termina la sua corsa con la parte destra distrutta.
Il tedesco riguadagna a piedi il paddock con una espressione che la dice lunga sul suo stato d’animo. Io spengo la tv e salgo in macchina, direzione Roma. La gara terminerà con la vittoria di Mika Hakkinen e con il finlandese che riesce a riportarsi in testa al campionato piloti con 4 lunghezze di vantaggio sul tedesco. La Ferrari è ancora prima nel campionato costruttori.
Si arriva così in terra di Francia. A Magny Cours, domenica 27 giugno 1999, piove. La gara sarà condizionata per tutto il tempo da condizioni climatiche difficili, tanto che sarà anche impiegata la Safety Car per aiutare i piloti. Per i due contendenti al titolo le 72 tornate che caratterizzano il GP di Francia sono decisamente complesse. Hakkinen è costretto ad una furiosa rimonta dal 14esimo posto in griglia e poi nuovamente a fine gara a seguito di un contatto con Barrichello dopo un tentativo di sorpasso. Schumacher, autore di una gara più tranquilla, è costretto ai box a pochi giri dalla fine a causa di un problema elettrico mentre è secondo. A fine gara il primo a passare sotto la bandiera a scacchi sarà Heinz Harald Frentzen seguito dal finlandese volante. Solo quinto Schumacher, che sul finale sarà costretto a subire il sorpasso dal fratello Ralph proprio mentre il compagno di squadra Irvine gli apre la porta favorendolo in ottica mondiale, rispettando le gerarchie interne al team.
Autore: Federico Vicalvi