È l’argomento principale del post gara del Gp degli Stati Uniti che ha generato molte polemiche tra gli addetti ai lavori e non: dov’è finita la superiorità in rettilineo della Ferrari? In molti hanno subito ricondotto questa mancanza di competitività della SF90 alla direttiva FIA sull’utilizzo del flussometro diramata prima delle qualifiche di Austin. Ma la realtà è che nel box rosso si è preferito fare un assetto che penalizzasse la velocità nel dritto per aiutare la macchina a scivolare meno nelle curve.
A confermare questa tesi è stato anche Rob Smedley, ex ingegnere di pista di Felipe Massa ai tempi della Ferrari prima di passare alla Williams. Il tecnico ha concentrato la sua analisi sul posteriore (in particolar modo sull’ala) della SF90: “Se un team di Formula 1 vuole modificare i livelli di efficienza aerodinamica della monoposto, il modo migliore di farlo è andare ad intervenire sull’ala posteriore. Se guardiamo alla Ferrari, vediamo che c’è un cambiamento nel livello di incidenza dell’ala da Suzuka al Messico, dove c’è una downforce ai livelli di quella di Monaco. Se poi si osserva l’ala posteriore degli USA, si nota facilmente che è la stessa. Dunque Ferrari ha aumentato la deportanza dal Giappone al Messico, per mantenerla invariata negli Stati Uniti“.
La teoria di Smedley trova conferma anche guardando le immagini on-board della Ferrari nelle ultime 3 gare. A Suzuka gli uomini di Maranello avevano puntato su un assetto da medio carico che aveva funzionato a meraviglia in qualifica ma che aveva portato la SF90 a consumare tantissimo le gomme in gara, con Vettel che fu impossibilitato ad attaccare Bottas limitandosi a difendersi da Hamilton.
Se in Messico è normale avere l’ala da alto carico per via dell’aria rarefatta, la Ferrari ha confermato questa configurazione aerodinamica anche ad Austin nonostante il lungo rettilineo. Ciò per avere una macchina che scivolasse meno nelle curve e per evitare di portare gli pneumatici posteriori a surriscaldarsi troppo. Un assetto studiato più per la domenica che per il sabato in effetti. Compromesso che ha funzionato in qualifica, quando Vettel si è fermato a 12 millesimi dalla pole, e Leclerc, con una PU vecchia, rimasto ad un decimo dalla vetta. Discorso diverso in gara dove la Ferrari ha sofferto molto, specie nel primo stint su gomme medie.
A Maranello stanno lavorando sodo per trovare carico al posteriore per andare più forte in curva e non surriscaldare troppo le gomme posteriori anche a discapito della velocità sul dritto, come abbiamo visto con gli aggiornamenti introdotti a Singapore. Su questa strada l’equipe diretta da Mattia Binotto continuerà anche per la vettura del 2020. Strada che piace soprattutto a Sebastian Vettel che predilige il posteriore piantato. E in effetti, da quando sono stati introdotti gli ultimi aggiornamenti, il tedesco è tornato ad essere competitivo come ci si aspetta. Gli ingegneri non posso che essere felici di questa inversione di tendenza visto che il sentiero intrapreso dimostra come lo sviluppo stia funzionando come è stato preventivato.
Autore: Mattia Maestri
Foto: F1, Ferrari