Formula 1

Binotto direttore tecnico e capo della Gestione Sportiva: un male per la Ferrari?

Anche quest’anno si vince l’anno prossimo“. L’irriverente massima che spopola sul web per sbeffeggiare quelle squadre di calcio che si presentano ai nastri di partenza con i favori del pronostico per poi cedere il passo alla rivale di turno sembra calzare a pennello alla Ferrari che non riesce ad accaparrarsi un titolo costruttori dal lontano 2008. E, ancora, non vede un suo pilota primeggiare nella graduatoria dedicata dal 2007. Allora fu Kimi Raikkonen a laurearsi campione del mondo a scapito del duo della McLaren che passò l’annata a darsele di santa ragione perdendo i lumi del senno e preziosi punti.

Quando una scuderia gloriosa come quella di Maranello resta a digiuno per così tanto tempo le accuse sulla gestione delle cose interne si fanno belle esplosive. Gira e rigira a finire sulla graticola è sempre il team principal. E negli ultimi quindici anni, ai vertici della Ferrari, se ne sono avvicendati tanti. Forse troppi. Stefano Domenicali, Luca Baldisserri, Marco Mattiacci, Maurizio Arrivabene, Mattia Binotto. E se consideriamo anche la sola sfera sportiva dobbiamo aggiungerci anche Chris Dyer e Massimo Rivola. Uomini che hanno affrontato un duro lavoro e che spesso hanno conosciuto l’onta della sconfitta. Perchè perdere in Ferrari amplifica gli effetti del fallimento, si sa.

Binotto, divenuto TP da poco meno di un anno, è un dirigente multifunzionale visto che incarna due figure in una: funge, infatti, sia da direttore tecnico che da capo della Gestione Sportiva. Doppie responsabilità, doppi oneri. Doppie critiche. La stagione della Rossa non è stata brillante e, soprattutto, ha deluso profondamente le attese dopo otto giorni di test invernali nei quali la SF90 aveva rubato l’occhio mentre la rivale principale, la Mercedes W10, annaspava alla ricerca di una prestazione che era arrivata solo sulla sirena finale delle prove. Come sia andato questo 2019, sia a livello tecnico che nel management delle cose di pista, è storia aricinota. Dunque è fisiologico che l’ingegnere di Losanna sia stato individuato come primo responsabile di un’annata negativa.

Gary Anderson, es direttore tecnico Jordan

Il suo duplice ruolo ha pesato negativamente nell’andamento del campionato? Per Gary Anderson, ex direttore tecnico di Jordan e Stewart e attualmente commentatore televisivo, la risposta è affermativa. “Se potessi avere voci in capitolo in Ferrari metterei immediatamente Binotto nel ruolo che gli compete. Ossia quello di responsabile tecnico. Poi nominerei subito un uomo che sia in grado gestire la sfera commerciale e politica“.

Non posso dire che la Ferrari sia una barca senza comandante – ha riferito ad Autosport ma di certo qualcosa va cambiato. Stanno andando nella direzione sbagliata. Non voglio puntare il dito su nessuno ma a Binotto è stata conferita una grande responsabilità. E per ora la cosa non ha funzionato“. Giudizi molto critici che si fanno addirittura lapidari in riferimento al prossimo anno: “Se la Ferrari non farà qualcosa al più presto allora sono abbastanza sicuro che il 2020 somiglierà molto da vicino al 2019. E, considerando che nel 2021 ci sarà una rivoluzione regolamentare, le cose vanno sistemate quanto prima perché la posta in gioco sarà ancora più alta“. Tifosi naturalmente autorizzati a fare ogni genere e sorta di scongiuro.

John Elkann a colloquio con Mattia Binotto

La visione di Anderson sembra essere un po’ troppo deterministica ma potrebbe sorreggersi su un valido fondo di verità. Quest’anno Binotto si è dovuto barcamenare nella costruzione e nella gestione di una squadra, per sua stessa ammissione, molto giovane. Quindi non perfetta nella cura dell’attività in pista. Ancora, ha dovuto sovraintendere all’area tecnica in un anno in cui gli ingegneri hanno dovuto fare gli straordinari per cercare di chiudere – vanamente – il gap sulla W10. Come se non bastasse, il team principal ferrarista ha dovuto affrontare un estenuante lavoro diplomatico nella definizione delle nuove norme 2021 e nella contrattazione del Patto della Concordia. Un’attività dispendiosa che ha giocoforza sottratto tempo e risorse intellettive ad una persona chiamata a gestire ogni ambito della vita tecnico-sportiva del team. Un pesante fardello che, dall’esterno, pare evidente che il solo Binotto abbia dovuto caricarsi sulle spalle. La sensazione che la proprietà – da John Elkann e Luois Camilleri – sia stata un tantino assente è chiara. Ecco che, lette alla luce di questi elementi, le valutazioni di Anderson diventano assolutamente credibili. E un’inversione di rotta è più che auspicabile.

Autore: Diego Catalano@diegocat1977

Foto: Sutton, Ferrari

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Diego Catalano