Ripercorriamo assieme a Binotto il 2019 della Pirelli
L’argomento pneumatici ha tenuto banco per tutta questa stagione. All’inizio dell’anno molti team avevano evidenti problemi nel mantenere le gomme Pirelli nella giusta finestra di utilizzo, con la Ferrari che le mandava spesso in overheating. Problema mai completamente risolto del tutto, ogni tanto è ritornato come un boomerang quando meno ce lo si aspettava. Emblematiche, per me, le parole utilizzate da Gunther Steiner (team principal Haas) al termine dell’ennesima gara storta in Canada, dove dopo essere riusciti ad entrare in Q3 con Magnussen il team si è dovuto accontentare del 14° posto di Grosjean come migliore piazzamento in gara: “Gomme? Ogni volta c’è qualcosa di nuovo. Quello che impari in un weekend non significa che potrai applicarlo al 100% nel successivo. Questo è frustrante. Ogni volta è una nuova sorpresa, come il Kinder Sorpresa: cosa ci troverai dentro?”
La Pirelli di lamentele di questo tipo ne ha collezionate tantissime nella prima parte della stagione, con qualcuno che aveva proposto anche un ritorno alle mescole 2018 in modo da tamponare almeno per il momento la situazione. A circa 6 mesi di distanza da tale ipotesi e a macchine ferme, Mattia Binotto (team principal Ferrari) fa sapere perché tornare alle gomme 2018 sembrava la soluzione migliore in quel frangente: “Quest’anno ci siamo attaccati molto alle gomme, non per andare contro alla Pirelli, perché non abbiamo mai criticato Pirelli, ma perché sicuramente una gomma di tipologia diversa poteva aiutare maggiormente quel che era il nostro progetto in quel momento. Le gomme del 2018, con battistrada più grande, avevano forse anche più grip. Quindi uno compensava la mancanza di carico aerodinamico con una gomma che magari in quel momento dava parte del grip lei stessa.”
A fine giugno però, in occasione del weekend austriaco, l’idea viene discussa e messa ai voti: Mercedes, Racing Point, Williams, McLaren e Renault si oppongono ad una loro (mescole 2018) immediata reintroduzione, esito che magicamente mette anche fine a tutte le polemiche avute fino a quel momento. Le squadre richiedono alla Pirelli uno pneumatico 2020 che abbia una finestra di utilizzo più ampia, ma una volta provato ad Austin e testato ad Abu Dhabi nei giorni successivi all’ultimo Gp stagionale, i team decidono, questa volta all’unanimità, di mantenere ancora gli pneumatici 2019 per la prossima stagione (di tutto il processo che ha portato a questa scelta parliamo qui). Per la prima volta dal giorno della votazione, possiamo finalmente conoscere il parere della Ferrari attraverso la voce di Mattia Binotto: “È una buona scelta. Lo è per due motivi. Il primo è che le gomme che abbiamo provato non hanno portato ai vantaggi sperati (parla dei prototipi 2020) e a questo punto mantenere la stabilità vuol dire perlomeno mantenere gomme che conosciamo bene ed è una variabile in meno nel progetto dell’anno prossimo.”
Era la soluzione migliore quella di dare continuità. Con il cambio regolamentare che avverrà nel 2021, oramai alle porte, meglio concentrare tutte le risorse sul progetto che può costituire una grande occasione di riscatto per tutti gli inseguitori della Mercedes, piuttosto che andare a ‘perdere tempo’ nell’apprendere i segreti di una gomma che avrebbe avuto una vita di un solo anno, dato che nel 2021 verranno introdotti anche i cerchi da 18’’.
Ed è proprio parlando delle gomme a spalla ribassata che Binotto decide di concludere il proprio discorso sulle Pirelli: “Noi inizieremo a girare l’anno prossimo già a febbraio. L’8 di febbraio saremo già in pista con una vettura muletto (che io presumo essere una SF90 modificata), ancor prima di scendere in pista con la macchina nuova. Altri tre team (Renault, McLaren e Mercedes) hanno già girato con le gomme 2021. La nostra scelta era di posticiparlo all’anno prossimo anche per la gestione complessiva dello sforzo economico che presenta il cambio regolamentare. Quindi, dal punto di vista anche della consapevolezza dei costi, abbiamo ritenuto più importante non modificare due vetture, ma una sola, che è il muletto che useremo l’anno prossimo per questo tipo di prove.”
Pensiero, l’ultimo, molto opinabile. Sinceramente non so se essere d’accordo o meno dato che nel 2021 avremo delle auto completamente nuove e molto differenti da quelle del 2018, 2019 e 2020. Partendo da questo presupposto io avrei puntato a scendere in pista il prima possibile. Il fatto che mi fa un po’ ricredere è che i nuovi regolamenti prevedono l’utilizzo di un’ala anteriore molto simile a quella adottata quest’anno. Di fatti la Renault, che ha provato i cerchi da 18’’ al Paul Ricard lo scorso settembre, ha utilizzato come mule-car la vettura 2018 nell’occasione, mentre per contro, sia McLaren che Mercedes sono scesi in pista rispettivamente già tra novembre e dicembre con la mule-car 2019, cosa che la Ferrari farà ‘solo’ a febbraio. Un ritardo di 3-4 mesi, soprattutto con un anno ancora di progettazione davanti magari non avrà un impatto così determinante, ma resta comunque un ritardo… Poi se si pensa però che questo ‘ritardo’ lo si ha nei confronti di una squadra che ha dimostrato negli ultimi anni di saper concretizzare tutte le opportunità che le si sono presentate davanti, da Ferrarista quale sono, un leggero mal di testa me lo crea.
Autore: Marco Sassara – @marcofunoat