Formula 1

Vettel: Red Bull e Ferrari, destini contro

Vettel: Red Bull e Ferrari, destini contro


Vettel ha suonato una meravigliosa ‘rapsodia in blu’ nei suoi primi cinque anni in Red Bull. Vettel è rimasto stordito dall’inquietante musica da ‘ profondo rosso’ nel suo quinquiennio ferrarista. Un anno da purgatorio, nel 2014, ancora tra le spire dei bibitari, ma già traghettato verso le sponde di Maranello. Sebastian è incanto e disincanto fin dall’inizio. Precoce e veloce, impetuoso e talentuoso. Capace di qualche svarione, ma già avvezzo a imprese da campione.

Un percorso sorprendente che lo porta da subito ai piani alti. Un ragazzo che sa entusiasmare e stupire, destinato a un ruolo di protagonista. Primo anno in Red Bull, primo titolo quasi a portata di mano. Ci ha creduto Sebastian, con quell’ostinazione pervicace tipica del suo carattere, che ben descrive la sua attitudine da guerriero. Pazienza per la Brawn Gp, meteora impazzita in grado di disegnarsi la propria iride nel firmamento dei grandi, prima di sparire nel buco nero del mai più. Vettel ci ha creduto e ci ha sperato, alimentando il suo sogno a suon di prestazioni convincenti, di gare combattute con il coltello tra i denti.

Dal 2010 l’ascesa inarrestabile che lo catapulta nell’olimpo dei grandi, a dispetto dell’età e di un viso dai tratti ancora fanciulleschi. Un titolo quasi a sorpresa in un’ Abu Dhabi per una volta al cardiopalmo. Mentre c’era chi perdeva la testa causa strategie sbagliate, monoposto lente che mettevano un muro tra pilota e gloria, il giovane Vettel se ne andava calmo alla conquista del suo primo alloro. Stupefatto e felice, mentre altri recriminavano l’occasione persa. Da allora Sebastian ci fa l’abitudine. La vittoria come dimensione abituale, mentre gli avversari arrancano, si dannano, si stancano.

Almeno fino al 2012. Anno folle che riserva sorprese audaci, livellando le prestazioni, attizzando le braci per dare il via a una stagione combattuta fino all’ultimo. Una Ferrari che la spunta nella prima parte del campionato, che finalmente punta al bottino grosso. Con Alonso che non molla l’osso, che mette in trappola la preda, che fiuta l’impresa. Fernando sente che ce la può fare, Sebastian è certo di recuperare. Il tedesco non sbaglia e non fallisce. Lo spagnolo incappa nella sfortuna che lo colpisce. Per ben due volte incolpevole nelle collisioni, vede le speranze trasformarsi in illusioni. Vettel rapace recupera la vetta, si trasforma in una saetta, in attesa del verdetto brasiliano.

Fernando Alonso e Sebastian Vettel insieme sul podio.

Potrebbe essere una passerella, una sfilata carnevalesca festosa e ridanciana. Invece il destino sovverte il copione, si diverte a mandare a rotoli ogni previsione. Con Bruno Senna che urta Vettel al primo giro e la Red Bull che si ritrova tra gli ultimi a sgomitare, per recuperare posizioni. Emozioni infinite, proiezioni mutevoli ad ogni tornata. Incertezza ed ebbrezza nel vedere due campioni sul filo, a tessere la tela di un destino ostile o compiacente, che avvolge il vincitore, che oscura il perdente.

Vettel mette in scena una rimonta memorabile in grado di annichilire i tifosi Ferrari. Sorpassi sopraffini, manovre da applausi. Nessun errore, nessun tentennamento. L’apoteosi del tedesco, nella sua gara più importante. Una samba dai movimenti rapidi e precisi che lo porta a risalire fino alla sesta posizione. Tanto gli basta, con Alonso secondo, per vincere, con uno scarto di soli 3 punti nei confronti dell’asturiano.

Fernando Alonso

La sfida tra i due si rinnova l’anno seguente. Dopo un avvio abbastanza equilibrato Vettel e la sua Red Bull s’impongono dominando quasi tutte le gare. Il campionato rimane vivo per inerzia, grazie all’impagabile grinta di Alonso. Ma lo spagnolo si deve arrendere ancora una volta al rivale. Sebastian trionfa per la quarta volta consecutiva, ravviva la sua leggenda, prima di tuffarsi in una spirale negativa che tuttora lo avvolge.

L’ultima annata in Red Bull è da dimenticare. Molti la accostano alla scorsa stagione, per via di alcuni punti in comune, come l’avvento di un nuovo e talentuoso compagno e il fatto di avere a disposizione una monoposto poco competitiva con cui Vettel non si è trovato a proprio agio. Tuttavia le similitudini finiscono qui. Sebastian nel 2014 non ha vinto neppure una gara, non ha mai conquistato la pole. Un anno senza gloria in un momento di transizione, la mente proiettata verso una nuova sfida. Nel 2019 invece il tedesco, nonostante alcune difficoltà, ha saputo imporsi a Singapore, mettersi in luce in Canada, siglare un’adrenalinica partenza al palo a Suzuka. Un campionato tormentato, ma senza dubbio più intenso e glorioso rispetto allo sciapo 2014 in Red Bull.

Daniel Ricciardo

Gli anni Ferrari, hanno rappresentato una sorta di iniziazione verso un nuovo cammino, verso una nuova consapevolezza, in cui ogni singola vittoria ha avuto il valore di una conquista. L’ebbrezza dei successi Red Bull lascia il posto a una gioia piena, più matura, più completa. Vettel lo avverte già nel 2015, grazie ai tre trionfi. Non è ancora in grado di combattere, ma riesce a scrivere una pagina importante della sua storia in rosso. Sebastian diventa uomo Ferrari, ne sposa la causa. S’innamora della sua vettura, dei suoi tifosi, di tutti coloro che contribuiscono ad alimentare l’universo del Cavallino.

Sebastian Vettel e Lewis Hamilton

Poi due anni di battaglie contro la corazzata Mercedes, contro un Hamilton talmente perfetto da sembrare sovraumano. Vettel si arma, non si ferma, combatte. Vive in prima persona l’altro lato della medaglia. Che sarà d’argento in entrambi i casi, mentre Lewis, immenso e infallibile, colleziona momenti d’oro. Sebastian a parti invertite rispetto agli anni Red Bull, in cui doveva difendersi e raramente era costretto all’attacco. Ora deve osare, deve mordere, deve rischiare. Di esagerare e di sbagliare, di variare e di sorprendere. Accettando di perdere. La gara e talvolta la faccia.

Sebastian lo fa. In modo genuino. A volte con eleganza, a volte con troppa irruenza. Plausi e biasimi, onori ed errori. Tutti conteggiati, additati, scandagliati da chi è pronto alla facile accusa. Quasi passano in secondo piano le imprese, la dedizione, l’intensità di ogni emozione che il tedesco regala. Critiche e tempi duri. Accettati con coraggio, spesso con sana autocritica.

Sebastian Vettel, Scuderia Ferrari

Vettel ha vissuto in due mondi paralleli. Ha conosciuto successo e gloria a profusione, una pantagruelica indigestione che lo ha reso un pluricampione. Ha conosciuto amarezza e sconfitta, una dimensione afflitta che ha forgiato un uomo migliore. Capace di sperare e di desiderare fortemente, di sopportare e di supportare ardentemente. Perché #essereFerrari non è solo uno slogan, è un credo, è un segno di appartenenza. Un modo di essere vincenti anche nell’insuccesso.

Autore: Veronica Vesco@veronicafunoat

Vedi commenti

  • Lettura davvero piacevole. peccato solo l iperbole sbagliata del buco nero per un team che fu di Ken Tyrrell (3 titoli mondiali), di British American Tobacco (un secondo posto) e successivamente di Mercedes.... Meteora il nome/assetto societario, ma niente é sparito nel nulla, anzi.

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Pubblicato da
Veronica Vesco