Il Mondiale 2019 non si è combattuto solo in pista, ma anche in quelle sedi non esposte agli sguardi dei tifosi. Dopo metà campionato, quando la Ferrari ha iniziato a spaventare la concorrenza a suon di pole position e (qualche) vittoria, le attenzioni della concorrenza sull’unità motrice italiana si sono fatte quasi morbose. Non che prima la power unit di Maranello non fosse oggetto di curiose occhiate. La grandi performance velocistiche della SF90 avevano già fatto drizzare le antenne ai competitori che, dal Belgio in poi, sono passati all’attacco perchè alla velocità pura alle speed trap (che non si tramutava in vittorie), la Rossa ha iniziato ad associare punti pesanti. E la cosa ha fatto storcere il naso ai componenti di diversi team.
Stranamente non è la stata la Mercedes a giocare il ruolo della grande accusatrice. Toto Wolff, ma anche Lewis Hamilton e Valtteri Bottas, a diverse riprese, hanno sottolineato ai media il deficit di potenza del V6 ibrido anglo-tedesco rispetto a quello italiano. Chi, di contro, è passato agli atti formali è la Red Bull che non si è limitata alle sole dichiarazioni velenose di Helmut Marko e di Max Verstappen (leggi qui per approfondire), ma ha inoltrato ufficiale richiesta di chiarimento agli organi preposti. Che hanno risposto con solerzia e puntualità.
Tre sono state le direttive tecniche che hanno esplicitato, chiarendolo ulteriormente, il corretto uso delle power unit e degli accessori delle stesse, specie in materia di alimentazione: una sul flussometro, una sulle miscele combustibili e l’ultima che sancisce l’introduzione di un doppio sensore di verifica a partire dal 2020 per evitare che qualche team “giochi” coi flussi di carburante (leggi qui). Una serie di chiarimenti – tra i tanti che la FIA normalmente pubblica durante la stagione – che hanno avuto il compito di sopire certe ondate polemiche che si stavano facendo fastidiosamente impetuose. Qualcuno, leggasi Max Verstappen, nonostante il nobile intento di Tombazis e della sua equipe, ha comunque usato il calo prestazionale della Rossa palesatosi nelle ultimissime gare del 2019 per dimostrare – senza prove effettive, sia chiaro – che le direttive tecniche emanate dagli organi competenti avevano tarpato le ali al motore Ferrari.
Il 2020, dunque, si apre con un quadro tecnico sulle power unit molto chiaro e puntualmente definito, proprio per evitare il perdurare della presenza di zone grigie all’interno delle quali si muovono gli ingegneri sfidando e sfruttando i regolamenti. Di questa intelligibilità si è detto particolarmente soddisfatto Chris Horner, team principal della Red Bull che proprio ieri ha annunciato il multimilionario rinnovo contrattuale di Verstappen. “La gestione della centralina che controlla il motore è di un complessità enorme – ha riferito il manager inglese ai taccuini di Autosport – La FIA, al momento, non ha l’esperienza che hanno sviluppato i team in merito“. Una situazione apparentemente paradossale ma che ha una logica poiché le squadre investono ingenti capitali per capire come muoversi tra le pieghe regolamentari per massimizzare le performance.
“I chiarimenti emanati dalla FIA – ha proseguito Horner – erano rivolti più al futuro che alla stagione appena conclusasi. E di questo sono soddisfatto perché la premura nostra e della Honda era avere un quadro di assoluta trasparenza in chiave 2020“. Il numero uno di RB ha dimostrato di rompere col recente, polemico, passato non facendo menzione della Ferrari e del suo eventuale uso non legale dei motori. Un intento da registrare con favore agli albori di un anno che si preannuncia particolarmente combattuto in virtù di una stabilità regolamentare che, normalmente, facilita l’avvicinamento prestazionale tra le monoposto in griglia.
Quel che va sottolineato è che questi chiarimenti tecnici, nella comune percezione, sono stati prodotti per limitare pratiche scorrette operate dalla Ferrari. Ovviamente è una percezione distorta, errata, non basata su elementi fattuali. Nessuna sanzione è stata comminata alla Scuderia, nè alcuna evidenza è stata attribuita al team italiano. Che si trova nella scomoda posizione dell’accusato che deve difendersi. Ecco perchè Mattia Binotto ha più volte speso parole atte a precisare la totale liceità del comportamento della compagine che dirige: “Nell’arco dell’intera stagione siamo stati il tema più controllato – ha detto il manager all’indomani del GP di Abu Dhabi – E la cosa è accaduta prima e dopo la divulgazione delle direttive. Essere controllati è normale ed è anche positivo perchè dimostri a tutti la regolarità della tua monoposto. Dopo i chiarimenti della FIA i controlli sul nostro motore si sono moltiplicati. Abbiamo collaborato con gli ispettori e abbiamo dimostrato la perfetta correttezza delle nostre procedure“.
Binotto, quindi, rivendica il comportamento virtuoso del proprio staff difendendosi da accuse talvolta pesanti. Un comportamento resosi necessario per allontanare dubbi e strani chicchiericci intorno ai V6 che equipaggiano anche Alfa Romeo e Haas. Gli avversari, ricorrendo alla FIA, hanno ovviamente ottenuto un vantaggio rappresentato dalla puntuale chiarificazione di un regolamento tecnico in alcune aree peccaminosamente fumoso. In questo modo, in proiezione futura, sarà più semplice per loro riprodurre quei sistemi che la Ferrari usa per sprigionare una potenza che molti definiscono mostruosa. La manovra della Red Bull ha quindi colpito nel segno perchè consentirà ad Honda, ma anche a Mercedes e Renault, di operare in virtù di un quadro tecnico meno tortuoso, non cervellotico e poco avvezzo alle interpretazioni border line. Proprio ciò che a Maranello hanno fatto con sagacia l’anno passato.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Red Bull, F1