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Alonso non cavalca l’Honda a Indianapolis

Alonso è sempre stato il pilota giusto al momento sbagliato. Dopo un inizio sfavillante, la magia vincente si è interrotta. Un incantesimo impossibile da spezzare, indipendentemente dal destriero che si è trovato a cavalcare. Fernando a 26 anni sembrava destinato all’olimpo e invece si è ritrovato agli inferi. Gli allori giovanili come apripista di nuove e promettenti scommesse. Purtroppo mai concretizzate, affondate nel baratro di un’avventura fallimentare. Il 2007 in McLaren come doloroso spartiacque di una carriera controversa. Macchiata dal sospetto dell’imbroglio causa famigerata spy story. Continuata con il pesante fardello del crashgate di Singapore. Non è bastato l’approdo salvifico nel limbo Renault per riscattare un sodalizio mai decollato. La squadra francese è stata solo un parcheggio di lusso per ingannare due anni d’attesa.

Fernando Alonso e Lewis Hamilton, durante la stagione 2007

Alonso è incappato in Lewis Hamilton, che gli ha tagliato la strada, mandandolo fuori dall’orbita McLaren e fuori dalle grazie di Ron Dennis, poco abile nel gestire la rivalità tra i due fuoriclasse. Quindi si è trovato a dover sperare, a dover aspettare una nuova opportunità. Sembrava averla scovata nel rosso travolgente di Maranello. E invece la Ferrari lo ha travolto dimostrando di essere l’ennesima mossa sbagliata. I tempi erano maturi per un ciclo vincente. Purtroppo non si è trattato di quello del Cavallino. Ironia della sorte, la fortuna ha sorriso a un toro. E a un ragazzino talentuoso e impetuoso che ha vinto il suo primo mondiale quasi a sorpresa. La squadra italiana colpevole di un madornale errore di strategia. Fernando di qualche piccolissima sbavatura. Un mix letale nell’unico anno buono prima del grande buio.

Fernando Alonso, Scuderia Ferrari

Alonso ci ha provato, non ha fatto mai mancare grinta, tenacia e perseveranza. Ha lottato fino all’ultima gara in un campionato pazzo come quello del 2012. Con onore e con ardore. Purtroppo non è bastato. E alle delusioni sono seguiti i malumori, le pesanti esternazioni, indizi precoci di un inevitabile rottura. Fernando quindi ha fatto inversione di marcia ritornando alla McLaren, che, forte della nuova partnership con Honda, si rivelerà solo la più deludente delle chimere. Lo spagnolo fa harakiri, ci rimette la faccia, i nervi e anche quasi la vita in un incidente dalla dinamica mai chiarita. Un purosangue costretto a sgomitare nei bassifondi. Qualche misero guizzo che non basta a placare la sua sete di vittoria.

Inevitabili le tensioni, che sfociano nell’ormai noto “GP2 engine“, proprio sul circuito nipponico di Suzuka. I giapponesi, apparentemente non perdono mai la pazienza, ma non perdonano. Alonso è sul libro nero e non potrà avere una seconda occasione. Colpiscono dove fa più male. Colpiscono negandogli la partecipazione alla 500 miglia di Indianapolis con l’Andretti Autosport motorizzata Honda, esercitando il diritto di veto. Una sterile e puntigliosa ripicca che priverebbe lo spagnolo del mezzo sulla carta più competitivo per tentare l’assalto alla Tripla Corona. Un no clamoroso, poiché l’accordo pareva essere già cosa fatta.

Fernando Alonso con la sua McLaren MP-30

Solo alcuni giorni fa Alonso aveva rilasciato un’intervista a F1 Racing in cui rimpiange di essersi lasciato andare allo sfogo di Suzuka: “Si trattava di un periodo molto frustrante e forse non avrei dovuto dire quella frase. Tuttavia non l’ho pronunciata davanti alle televisioni o in conferenza stampa. Stavo parlando con il mio ingegnere e pensavo fosse una conversazione privata. Non avrebbe dovuto essere resa pubblica. D’altra parte è vero che il motore proprio non andava.” Alonso ha pagato l’esternazione infelice a caro prezzo. I detrattori non fanno che citare l’accaduto come riprova della sua fama di pilota ‘spacca squadre’.

La realtà è un po’ diversa. Indubbiamente Alonso è stato troppe volte impulsivo, ha spesso usato un’ironia tagliente, affinando l’arte della lamentela. Ma non è il pilota spocchioso che viene dipinto da molta stampa. Fernando paga il suo essere troppo diretto. Pecca a volte di superbia, nata dalla consapevolezza di essere tra i migliori. Però è altrettanto vero che se ne frega della logica, dell’opportunismo. Non si mette a sciorinare lodi sperticate rivolte a ogni circuito e a ogni tifoseria per ingraziarsi il pubblico e i poteri forti. Non ha i modi edulcorati di Hamilton, la simpatia coinvolgente di Ricciardo, il sorriso gentile di Vettel. Alonso va dritto per la sua strada e se ne frega di tutto, non è abituato a essere compiacente anche se questo è controproducente.

Fernando Alonso durante la 500 miglia di Indianapolis

Nel primo anno con Honda, nel corso dei test invernali, abbiamo compiuto appena sette giri in quattro giorni. Adesso la casa giapponese è competitiva e riesce a vincere delle gare. Per questo ricevo molti messaggi di scherno a proposito del fatto che quello che avevo definito GP2 engine è ora un buon pacchetto. Sono realmente contento per loro, ma continuo a ribadire che il motore della mia McLaren non può certamente essere paragonato a quello che ha consentito a Verstappen di vincere in Brasile.”

Un’ analisi lucida e realista, per nulla spietata. C’è un po’ di comprensibile amarezza nelle parole di Fernando, peraltro plausibile e giustificabile poiché lui per primo ha creduto fortemente nel progetto Honda. Ma i giapponesi, di fatto, hanno condannato lo spagnolo ad un finale di carriera nell’ombra. Alonso ha sbagliato. A scegliere, a fidarsi, a criticare troppo. Ma è giusto che paghi ancora? Sinceramente sembra un capriccio, un inutile supplizio. Ora, in vista di Indianapolis, Alonso dovrà cercare una soluzione alternativa, sebbene i giochi ormai siano fatti (e i sedili assegnati). I team motorizzati Chevrolet sembrano essere al completo. Il pilota di Oviedo dovrà ingaggiare una lotta contro il tempo e contro tutti per rincorrere il sogno americano. Ma Fernando, il redivivo della F1, ci ha abituati alle sorprese.

Autore: Veronica Vesco@veronicafunoat

Foto: FerrariFernando AlonsoMcLaren

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Veronica Vesco