De La Rosa il revisionista: “Ingiusto punire la McLaren per la spy story”
Polverine bianche introdotte nei serbatoi da un tecnico interno (Nigel Stepney, nda) per sabotare i motori Ferrari; progetti trafugati e maldestramente replicati in copisterie di provincia da Mike Coughlan capo progettista della McLaren; inchieste aperte dalla FIA che si chiusero, in prima battuta, senza sanzioni salvo poi essere riviste per l’intercessione di Max Molsley allora numero uno dell’ente di Place de la Concorde. E ancora, scambi di email tra Fernando Alonso – ai tempi dei fatti driver di Woking e da molti ritenuto la gola profonda che diede il La all’inchiesta – e Pedro De La Rosa, collaudatore della scuderia britannica, nei quali si faceva riferimento a particolari tecnici della Ferrari. Uno scambio epistolare che servì come base probante per produrre una sentenza che tolse alla McLaren tutti i punti maturati nel campionato costruttori (che fu quindi vinto da Maranello) e per sollevare una mega sanzione pecuniaria di 100 milioni di dollari. Correva l’anno 2007 e da quel momento la Formula Uno non è più la stessa perché i sospetti avrebbero definitivamente inquinato i pozzi instaurando un clima di reciproca sfiducia che tutt’oggi riscontriamo quando un team viene posto sotto la lente d’ingrandimento per la verifica di un qualsiasi espediente tecnico.
Ma perché facciamo un flashback ad un episodio risalente a tredici anni fa?Sicuramente non a causa di una “botta di nostalgia” provocata dell’esilio forzato che viviamo in questi giorni tristi per il Paese. Ritorniamo a parlare di quella controversa vicenda perché ci è tornato su, in maniera molto perentoria, uno dei protagonisti di quei giorni. Quel Pedro De La Rosa che ha parlato al podcast ufficiale della F1 che, in tempi di blocco forzato causa Covid-19, riempie la rubrica con una vicenda che non ha mai smesso di far parlare.
“Ho ancora gli incubi che mi svegliano nel cuore della notte – ha esordito un teatrale De La Rosa a Beyond the Grid – Non capisco perchè fummo multati di centomila dollari. Secondo alcune teorie che andavano per la maggiore in quel periodo stavamo progettando una monoposto copiando i disegni della Ferrari. Ma non è una cosa vera. Le informazioni che avevamo sulla Ferrari erano quelle che puoi ottenere parlando con gli ingegneri davanti ad un caffè. Si trattava di notizie relative all’organizzazione del team, qualcosa che puoi ottenere semplicemente stringendo amicizia con un membro dello staff. Quelle informazioni non hanno cambiano nulla dei nostri programmi di sviluppo e dei nostri test“.
In quello che sembra un processo di revisione storica, il quarantonevenne ex pilota di Barcellona rimodula le responsabilità che invece il tribunale della FIA aveva ben individuato essere di Mike Coughlan: “Personalmente non ho mai visto quelle informazioni di cui si parla. Credo che quelle fotocopie siano state fatte dalla moglie di Mike e egli stesso non sapeva cosa farsene. Non le ha mai prese in considerazione. Non dico che abbiamo fatto tutto nel verso giusto, ma non si può dire che abbiamo tratto vantaggio da quelle informazioni. Abbiamo perso un mondiale piloti all’ultima gara, un titolo costruttori ci è stato tolto. Che senso ha avuto elevare una sanzione di 100 milioni di dollari?“.
L’ex Jaguar ha spiegato, alla fine del suo intervento, perché ritiene esagerata la punizione comminata dai commissari tecnici: “Quando una scuderia assume un tecnico da un altro team questi non ti dice com’è fatta l’auto che aveva sviluppato. Ti dice direttamente come lavorare per replicare un certo particolare. Le informazioni che puoi ottenere in questo modo sono molto più dettagliate e particolareggiate di quelle che avemmo noi“.
Insomma, De La Rosa ammette chiaramente che un travaso di notizie ci fu, ma minimizza la portata dello stesso: “Quei dati non ci hanno regalato nemmeno un decimo di secondo“. Un buon avvocato incastrerebbe lo spagnolo facendogli notare che il fatto che non hanno ottenuto vantaggi da quelle notizie tecniche riservate e coperte da proprietà intellettuale non è una discriminante che sancisce la liceità del comportamento di un dipendente di Maranello – Nigel Stepney – che trafugò progetti e li passò segretamente alla principale rivale del momento. La Spy story che investì la McLaren è stato un momento buio per la Formula Uno e per lo stesso team inglese che ne uscì screditato. Forse sarebbe il caso di parlarne il meno possibile per non riaccendere una polemica che sembrava sopita e coperta da una coltre di polvere posatasi grazie agli anni trascorsi.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: McLaren