Uno degli effetti più importanti del blocco forzato del Mondiale di Formula Uno 2020 è lo slittamento dell’entrata in vigore, dal 2021 al 2022, delle nuove regole tecniche. In una logica di generale contenimento dei costi si è stabilito, con una sorprendente unanimità per un mondo spesso diviso da guerre politiche intestine, di allungare la vita di un ulteriore anno alle norme vigenti. Le monoposto della prossima stagione, dunque, saranno molto simili a quelle che si affronteranno non appena le ostilità sportive potranno riprendere. Dire chi si gioverà di questo spostamento di dodici mesi è pressoché impossibile perché non abbiamo ancora avuto modo di capire quali siano i veri valori in campo. E’ chiaro che i test spagnoli abbiano dato un’indicazione, ma, come il 2019 insegna, le risultanze delle prove invernali non sono sempre pienamente attendibili. E in Ferrari ne sanno qualcosa.
Sull’argomento si è espresso Mattia Binotto che, continuando sulla scia delle dichiarazioni rilasciate durante i mesi di febbraio e marzo, non è sembrato un vulcano eruttante ottimismo. Non si sa se per una precisa strategia comunicativa o per una presa coscienza di un deficit tecnico-cronometrico nei confronti della Mercedes e, forse, della Red Bull, fatto sto che il team principal della Ferrari continua a tenere basse le aspettative. “Rinviare le regole 2021 al 2022 – ha sentenziato l’ingegnere di Losanna – non favorirà la Ferrari! Detto ciò, siamo persone che amano le sfide e che vogliono fare sempre meglio. Arriverà il momento in cui riusciremo a riprenderci diventando più forti”.
Parole che danno la dimensione delle attese che Maranello ha per il recente futuro. Una Ferrari che potrebbe non avere il potenziale per trionfare nel breve ma che potrebbe svilupparlo proprio da quel 2022 che rappresenterà un vero e proprio spartiacque per la Formula Uno. “Rinviare l’introduzione delle regole tecniche dal 2021 al 2022 è stata una decisione giusta e responsabile. Stiamo affrontando un’emergenza globale – ha spiegato Binotto ai microfoni di Sky – e superarla è la priorità. Bisogna guardare le situazione nel suo insieme, è necessario mettere da parte gli interessi particolaristici di ogni team”.
Naturalmente il manager italo-svizzero non poteva esimersi dal fare qualche considerazione sulle prospettive relative all’inizio del Mondiale 2020: “Il regolamento sportivo è chiaro ed impone che per validare la stagione debbano essere disputate almeno otto gare. Credo che tenteremo di farne un numero maggiore. A tal proposito bisogna mostrare grande flessibilità. Chase Carey e tutti noi team principal ci impegneremo per costruire un campionato emozionante per i tifosi”.
In quest’ultimo passaggio emerge quasi un afflato di generosità nei confronti degli appassionati. Una visione romantica che invero cela interessi ben più materialistici. Lo stop dell’attività sta determinando un grave problema: i team non introitano i proventi derivanti dalla spartizione dei diritti tv e da tutta una serie di sponsorizzazioni che si attivano nel momento in cui le vetture duellano in pista. Ripartire e mettere nel carniere il maggior numero di gare possibile è un imperativo per le scuderie. Anche per una Ferrari che alle spalle ha un colosso industriale che risponde al nome di FCA e uno finanziario che si chiama Exor. A maggior ragione, per garantire la sopravvivenza della stessa categoria, è necessario che le compagini più piccole – quelle che vivono di sponsorizzazioni, di forniture di motori a pagamento e di dividenti Liberty Media – possano iniziare a gareggiare. Se poi la Ferrari sarà in grado, nel 2020 e nell’anno successivo, di imporsi alla concorrenza è un altro discorso. Che capiremo solo quando le gomme delle monoposto ritorneranno a mordere l’asfalto
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Ferrari, F1
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