Ferrari tradisce l’amore di Vettel
Quello fra Sebastian Vettel e la Scuderia Ferrari è stato, senza dubbio, un amore vero. In decenni di gare di F1, pochi altri piloti hanno amato il Cavallino in un modo che andasse oltre la dedizione professionale come il tedesco di Heppenheim. Proprio per questo, l’addio annunciato ieri risulta particolarmente doloroso, oltre che per la dimensione cronistico-sportiva di un sodalizio che non ha portato ad un 4 volte campione del mondo altri successi.
I motivi delle mancate vittorie sono molteplici e le responsabilità stanno da entrambe le parti. E’ vero che Vettel nelle ultime due stagioni, dalla fatale scivolata sul bagnato di Hockenheim 2018 in poi, ha infilato diversi errori in momenti decisivi. Ma lo è altrettanto l’evidenza che la ritrovata competitività di Maranello gli debba molto: è qualcosa di costruito insieme dal 2015. Rimanendo, però, nell’ambito degli ultimi due anni, anche la squadra non ha brillato per strategie ed errori (alcuni incredibili) in qualifica.
Competitività ritrovata dicevo, ma mai leadership: il che significa rincorrere costantemente, portando una monoposto al limite in modo molto più rischioso e incline all’errore. Sia chiaro, le mie non vogliono essere giustificazioni: sono la prima ad aver visto il costo e la proporzione di certi episodi. Desidero, però, promuovere uno sguardo più largo, più d’insieme, perché è sempre tremendamente troppo facile puntare il dito in una sola direzione quando, in realtà, i quadri sono assai più complessi. E non vale solo per lo sport, ma per la vita in generale.
La Ferrari che scelse Vettel, credendo profondamente in lui, non esiste più nei vertici: Marchionne è scomparso, Arrivabene sostituito da Binotto. In quella linea di confine, molto è andato perso per il tedesco. Inutile negarlo: dalla morte del manager italo-canadese, la leadership in Ferrari non ha più avuto mani salde, sicure, ferme ad impugnarla. Ci sono state lotte di potere, che poi si sono assestate in un equilibrio dimostratosi monco, con un team manager più tecnico che decisionista e una dirigenza meno presente, con minor peso e autorevolezza nella voce, anche verso l’esterno. Di tutto ciò, di certo ha patito più Vettel che ha vissuto da dentro questa metamorfosi, cosa non accaduta a Charles. Sia ben chiaro, nulla voglio togliere ai meriti di Leclerc che ha dimostrato la forza di un talento mostruoso, fin qui immune sia da promozioni di categoria che dall’approdo in un top team di F1.
Un passaggio, però, delle parole diffuse ieri da Vettel credo incarni ciò a cui mi riferisco: “In questo sport, per riuscire ad ottenere il massimo bisogna essere in perfetta sintonia”. Un equilibrio estremamente delicato, di sicuro scosso da una rivoluzione interna. Questo, non motiva i suoi errori, ma fa capire i lenti movimenti che hanno portato prima alle crepe, poi alla faglia e, infine, all’abisso del rapporto con Ferrari. Poi, nel 2019 l’arrivo arrembante di Leclerc, la mancanza di regole di ingaggio chiare da parte della squadra, la gestione non certo decisa della situazione, hanno mostrato a Vettel come l’equilibrio in squadra gli stesse scivolando di mano. Lui poi ci ha messo di suo e la cosa è stata indubbiamente decisiva.
Però, è indubbio che Sebastian sia stato ferito da un atteggiamento colpevolmente passivo della squadra nella sua lotta con Leclerc. Parole a parte, non penso sia stato concretamente rassicurato sulla natura salda della fiducia in lui riposta. Non siamo all’oratorio, l’ambiente della F1 è cinico e spietato quando si tratta di risultati, nonostante il palmares. E Vettel lo sa bene. Eppure… ecco l’amore tradito: la mancanza di riguardo, di un cordone di protezione, di un nido sicuro che un pilota deve trovare nel proprio team. Il culmine toccato nella modalità di questo addio, in cui vedo un’umiliazione umana evitabile e senza eleganza.
I fatti: Ferrari voleva valutare i risultati della prima parte della stagione che, causa COVID-19, non si è disputata. Da qui, la proposta di un annuale. Al ribasso, ovviamente. Vettel non lo accetta e le parti si allontanano del tutto. Il tedesco ha dichiarato che la rottura non ha niente a che vedere con i soldi perché: “Non è mai stato questo il mio modo di ragionare quando si fanno certe scelte e non lo sarà mai”.
Quale allora? Ai miei occhi, il suo rifiuto dell’annuale sottendeva la verifica del fatto che la squadra credesse davvero ancora in lui. La controprova sarebbe stata affidargli un pezzo di futuro più pesante del solo 2021, anche l’anno seguente, il primo di una nuova era tecnica. Ha forzato la mano, certo, ma dopo 6 anni in rosso e da 4 volte campione del mondo, aveva l’autorevolezza per farlo.
Ha ricevuto la sua risposta. Un voltafaccia ingrato, mascherato da proposta alternativa. E allora, vai Sebastian, è proprio venuto il tempo se la dedizione, l’essere ferrarista puro, l’aver dato sempre tutto con passione latina, non è stato abbastanza nemmeno perché ti fosse detto apertamente che la tua sorte era già decisa, senza appello. Non è valsa la limpidezza di persona. Non ha avuto peso l’essere stato un uomo squadra autentico, sempre genuinamente pronto a rivolgersi ai suoi “ragazzi” per un ringraziamento o una frase di consolazione in un italiano perfetto in team radio che nessuno dimenticherà, così come i nomi con cui battezzava le proprie Ferrari e la camminata egizia sul podio.
Insomma: un amore enorme, sprecato sull’altare del freddo utilitarismo in cui il valore sbiadisce troppo in fretta e il sentimento non paga. Vai Sebastian e, che si tratti della tua vita di pilota o di uomo, continua nella tua rara coerenza di valori.
Autore: Elisa Rubertelli – @Nerys__
Foto: Alessandro Arcari – @berrageizf1
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La mantide rossa assassina di campioni: prima Alonso, poi Vettel non sono riusciti a portarla all'altare del titolo mondiale e ne sono usciti ridimensionati.
Questa è la Ferrari, prendere o lasciare. Oggi idolo, domani valigie pronte. Dovrebbero saperlo prima di firmare. Chissà, a fine 2021 potrebbe toccare a Binotto. Certo è che innamorato si, ma di erroracci ne ha fatti una marea. Se mi riguardo la seconda metà del 2018...mo vengono i brividi.