Formula 1

La F1 secondo Horner: vetture meno tecnologiche che esaltino i piloti

La pandemia di Coronavirus si è abbattuta come uno tsunami sulla Formula Uno. Gli effetti, naturalmente, sono stati devastanti: Mondiale ancora fermo al palo, rinvio al 2022 delle norme tecniche inizialmente previste per l’anno venturo, rimodulazione del budget cap per il quale non si è ancora trovato un accordo nonostante diversi incontri da remoto. Ma non solo. I team hanno dovuto affrontare la chiusura forzata delle fabbriche e si sono visti assottigliare drasticamente le entrate economiche a causa della mancanza d’attività in pista. Risultato? Stipendi dei dipendenti sensibilmente ridotti e tagli di personale imminenti se il quadro finanziario globale non muta. E’ realistico ritenere che il mondo del motorsport uscirà profondamente segnato da questa congiuntura storica.

La categoria, per come è strutturata, si basa su una dicotomia molto evidente: da un lato i team con alle spalle le case automobilistiche intorno ai quali ruotano dei satelliti. Dall’altro una serie di scuderie clienti che partecipano ad un gioco quasi consapevoli di non poter ambire alla vittoria. La Red Bull è l’unica realtà deviante. Un ibrido tra i due modelli poiché mixa la spiccata forza economica frutto del brand di proprietà di Dieter Mateschitz e il supporto della Honda che fornisce motori al team anglo-austriaco e all’Alpha Tauri che è una vera e propria scuderia di supporto.

Red Bull RB16

Negli ultimi anni la forbice tra questi due paradigmi organizzativi, in termini di competitività, è andata allargandosi in maniera inesorabile. E si spera non irreversibile. Questo modello a due velocità e mezzo, considerando l’anomalia Red Bull, è ancora attuale dopo la crisi che ha investito la Formula Uno? Ha ancora senso immaginare una serie ad altissima innovazione tecnologica con soli quattro costruttori impegnati e senza altre case automobilistiche pronte ad entrare soprattutto a causa delle scarse ricadute sulla produzione della tecnologia turbo-ibrida? Perseverare con lo schema odierno potrebbe, nel medio periodo, determinare la scomparsa di qualche team creando una griglia monca per la latitanza di realtà subentranti. Questo è un problema reale e molto sentito da Jean Todt, come abbiamo avuto modo di raccontare qualche giorno (leggi qui).

Non è solo il numero uno della FIA a manifestare preoccupazione, anche tra i team serpeggia il timore che la crisi scaturente dal Covid-19 possa compromettere il destino della Formula Uno. Ecco perché è necessario ripensare ad alcuni archetipi della stessa categoria. Di ciò ne è ben consapevole Chris Horner, uno che solitamente riesce ad avere una visione di ampio respiro sulle cose motoristiche. Il manager britannico ha parlato di quello che sarà l’epistilio sul quale sarà edificata la F1 del futuro: il budget cap. Un espediente che dovrebbe, nelle intenzioni, finalmente ricucire quello strappo tra team di prima fascia e quelli di seconda. Consentendo una maggiore mobilità intra-categoriale che è il vero busillis della F1 degli ultimi tempi.

Tutte le persone che seguono uno sport lo fanno per divertirsi ed entusiasmarsi. Nello specifico della Formula Uno non credo che siano il numero dei cilindri di un motore o il valore della pressione delle gomme a generare entusiasmo. La tecnologia serve – ha spiegato Horner al portale Motorsport e sappiamo che c’è una grande competizione ingegneristica tra le squadre; ma alla fine penso che i fan vogliano solo vedere gare combattute, duelli ruota a ruota. Il tifoso vuole che il pilota sia l’eroe, il principale punto di differenziazione. Non il telaio o il motore. Sono convito che un contesto in grado di offrire battaglia tra i driver migliori e che alla fine dell’anno consenta al più forte di laurearsi campione del mondo sia ciò che la gente vuole vedere”.

Le parole del capo delle attività sportive della Red Bull vanno analizzate con attenzione. Si evince la volontà di mettere al centro del “Nuovo progetto F1” l’uomo. Il pilota che emerge sul mezzo. Un qualcosa che andrebbe a rimaneggiare drasticamente l’attuale parabola “hi-tech” della categoria. Perchè per far venire a galla le doti di guida di un dato driver su una altro è necessario che tutti dispongano di un mezzo tecnico molto simile nelle performance. Cosa che oggi non accade nemmeno lontanamente. Questa esigenza, ovviamente, ridurrebbe le spese tecniche e aprirebbe all’introduzione di parti condivise da tutte le auto in griglia. Un ragionamento coerente con la presenza di un tetto di spesa. Un modello che, però, potrebbe essere inviso alla Ferrari che, infatti, si oppone strenuamente a quel limite annuo di 100 milioni per il quale la McLaren spinge con forza bruta.

Horner è convinto che la massima categoria debba offrire alla sua fan base un modello più agile: “La F1 deve essere intrattenimento puro, incluso ciò che succede dietro le quinte. Anche lo scontro politico e le polemiche sono spettacolo. Dopo questo si potrebbe avere anche uno scopo tecnico, intendendo una tecnologia che parte dalla pista e arriva alle auto di produzione. Ma l’obiettivo principale è che sia una piattaforma capace di attirare gli appassionati andando anche a soddisfare tutte le esigenze di marketing per le aziende che investono in pubblicità. La gente vuole vedere eventi sportivi dei quali non conosce a priori il risultato”.

Rendere di una vettura di Formula Uno figlia delle nuove regole

Una visione letteralmente rivoluzionaria che rompe con la storia settantennale della Formula Uno. I tifosi, da sempre, subiscono il fascino delle vetture, della tecnica, dell’evoluzione figlia del progresso scientifico. Pensare che, di punto in bianco, la F1 possa trasformarsi in una sorta di F2 o in una categoria monotelaio e troppo rigidamente incatenata a regole tecniche che diano poco spazio di manovra agli ingegneri non è credibile. È corretto mettere il pilota al centro del progetto, è altresì giusto non mortificare le specificità di una serie che ha costruito la sua gloria proprio per l’estrema diversificazione tecnica delle vetture presenti. Il marketing, i social network, i gossip e il dietro le quinte vanno alimentati, ma sicuramente non possono né debbono soverchiare l’aspetto puramente tecnologico. Si rischierebbe di avere l’effetto inverso: un’incontrollabile emorragia di tifosi che segnerebbe la fine della F1. Serve, in definitiva, un bilanciamento tra le istanze tradizionali e la necessità di mettersi al passo coi tempi. Un’operazione che Liberty Media sta conducendo con attenzione sin dal suo insediamento.

Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: Alessandro Arcari – @berrageizf1, F1, Red Bull

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Diego Catalano