Williams in vendita: se ne va una parte d’anima della F1
Dici Williams e pensi alla F1: due nomi sovrapponibili, a ragione della longeva e incisiva presenza di Frank Williams nella massima serie del motorsport a partire dal 1969. Due scuderie, prima la Frank Williams Racing Cars fino al ’76, poi la Williams F1, quella delle vittorie, dei 9 Mondiali costruttori e 7 piloti, dominatrice dei primi anni ’80 e, ancor di più, dei ’90. Una realtà che ora pare lontana anni luce: è di ieri, infatti, la comunicazione del Cda della società che annuncia l’avvio di un processo formale di vendita. Tutte le possibilità sono prese in considerazione (cessione di una quota minoritaria, maggioritaria o dell’intero pacchetto), fatto sta che, fuori dal freddo linguaggio dell’economia, la triste sostanza è il declino definitivo di un pezzo di storia di F1.
In testa, scorre un universo di ricordi, il cui denominatore comune è sempre la testardaggine, la cieca forza della passione di Frank Williams, un uomo dalla determinazione unica, dimostrata tanto nel lavoro, quanto nel privato. Una sua frase, tratta dal documentario di Morgan Matthews del 2017 a lui dedicato, dice più d’ogni cosa: “Sono dipendente dall’automobilismo, conta più di tutto nella mia vita.” Resistenza, questa la chiave che lo ha portato a raggiungere il successo nelle corse, senza mollare, nonostante tanti iniziali anni infruttuosi. La medesima linfa lo nutre dopo il terribile incidente d’auto del 1986 in Francia che lo ha reso tetraplegico e dal quale si è ripreso con la motivazione di tornare al lavoro. Un uomo tostissimo, Frank, come ce ne sono pochi.
Il tempo, però, in quella già compromessa condizione di salute, lima le forze inesorabilmente e così, nel 2013, Sir Frank nomina la figlia Claire team principal aggiunto. Le sue parole dell’epoca, oggi suonano assai dolorose: “E’ il progetto di papà, lui non vuole cederlo a nessuno.” Claire si butta a capofitto nel lavoro con dedizione e lotta anche contro gli stereotipi di un mondo prettamente maschilista e l’ostilità del fratello maggiore Jonathan; purtroppo, però, i risultati non le danno ragione. L’ultima vittoria del team resta, infatti, quella di Pastor Maldonado a Barcellona nel 2012.
L’ingaggio di Pat Symonds come DT porta a due buone annate, il 2015 e 2016, in cui il team conclude al terzo posto nella classifica costruttori. L’inizio della caduta è la seconda parte del 2016: da allora, a parte exploit rocamboleschi, il team non riesce più a crescere. I piazzamenti in quinta posizione fra i costruttori sono frutto più di episodi, che di un reale cammino di progetto; poi, il baratro delle ultime stagioni. Fatto simbolo: il ritardo di due giorno e 1/2 con cui la squadra si presenta ai test pre stagionali di Barcellona. Poi, Paddy Low lascia 15 giorni prima dell’avvio del mondiale 2019, segue il ritorno di Patrick Head, figura d’importanza capitale nella storia della Williams, in veste di consulente: un’altra mossa sterile.
Cosa è mancato? Probabilmente capacità di visione, quella indispensabile per creare un progetto solido e in grado di crescere costantemente, imparando dagli errori commessi. Fondamentale è avere stabilità nelle figure di riferimento, in special modo tecniche; nel 2018, invece, si dimettono prima il capo progettista, poi il responsabile dell’aerodinanica e, infine, il responsabile degli ingegneri Robert Smedley. I punti di riferimento saltano e una visione d’insieme non si improvvisa, ma si costruisce un mattonino per volta, con continuità.
Ed eccoci arrivati alla triste attualità. In F1 i cali prestazioni si pagano prima di tutto economicamente, con minori entrate: in questo modo, si innesca una spirale al ribasso da cui è difficile affrancarsi. Ecco spiegati gli inevitabili guai finanziari in cui il team versa: nel 2019 sono state registrate perdite per 14 milioni e mezzo di euro, rispetto a un profitto nel 2018 di uguale ammontare. A dare il colpo di grazia, lo stop causato dalla pandemia di COVID-19 che ha avuto un grave impatto sui ricavi dei diritti commerciali per il team, processo culminato con l’addio (a decorrenza immediata) dello sponsor principale RoKit.
Quale il futuro? Incerto, al momento, ma la volontà sarebbe quella di trovare un investitore nei prossimi 2-3 mesi. Le dichiarazioni ufficiali parlano di un’assenza attuale di figure di rifermento. Ci sono concesse, quindi, solo ipotesi: viene da pensare a Micheal Latifi, padre di Nicholas (attuale pilota Williams) che lo scorso anno ha aiutato la squadra con un prestito ingente, ma si tratta di una strada fra tante. Ovviamente, la sopravvivenza del marchio Williams dipenderà dai nuovi equilibri societari. Dal canto suo, ieri Claire Williams dichiara, alla testata inglese Racefans. net: “La decisione della messa in vendita è stata presa per garantire il miglior futuro possibile alla scuderia. Non c’è stato un fattore determinante per giungere a questo, ma una somma di circostanze.”
L’avvento del budget cup può rappresentarne una favorevole. Di certo, resta solo l’amaro in bocca perchè, al di là di numeri (sportivi o economici), perdere la Williams significa lasciare per strada un pezzo importante dell’anima della F1. Quella autentica, romantica, di un’epoca perduta, bellissima e irripetibile, in cui il cuore poteva ancora contare più del denaro.
Autore: Elisa Rubertelli – @Nerys__
Foto: Williams