Daniil Kvjat: “Sono arrivato in F1 molto giovane, forse troppo”
La F1 sta vivendo un’epoca storica in cui, come non mai, l’età media dei piloti impegnati nel mondiale si sta abbassando. Certo, dopo l’arrivo di Verstappen ancora da minorenne nella massima serie, le norme per l’accesso sono state riviste, prevedendo il limite dei 18 anni di età e un sistema a punti, determinato dai risultati sportivi ottenuti nelle categorie inferiori. Per ottenere la Superlicenza, sono ora, infatti, necessari 40 punti accumulati nei 3 anni precedenti la richiesta, il cui ammontare è determinato per singola serie e piazzamento finale.
Una recente dichiarazione di Daniil Kvjat, rilasciata a “In The Pink Podcast” torna a far riflettere sul tema. Il pilota russo debuttò nella categoria regina del motorsport nel 2014 in Toro Rosso, come compagno del francese Jean-Éric Vergne, all’età di 19 anni. “Sono arrivato in F1 molto giovane, forse troppo”. Daniil si riferisce ad un aspetto in particolare della questione: quello del saper gestire la pressione. Come ricorderemo, la sua carriera è stata caratterizzata da un sali-scendi vorticoso: nel 2015 fu promosso in Red Bull a fianco di Ricciardo, arrivandogli anche davanti in classifica mondiale. Ovviamente confermato per l’anno seguente, iniziò una stagione che poi segnò la sua “retrocessione” in Toro Rosso. Il fattaccio avvenne dopo il GP di casa a Sochi, in cui buttò fuori Vettel alle prime curve dopo la partenza, in quello che fu il secondo episodio controverso fra i due in poche gare. Il ritorno alla scuderia di Faenza non andò bene, tanto da condurre al suo licenziamento. Poi, la rinascita: il 2018 trascorso come terzo pilota Ferrari e il ritorno in Toro Rosso (ora Alpha Tauri) nel 2019 con il podio in terza posizione al GP di Germania della scorsa stagione.
Da qui, risulta ben chiaro come il rapporto con i media possa essere stato impegnativo da gestire per lui: “A volte mi dava fastidio, era frustrante. Capita di avere giornate non positive, specie con così tante gare.” Ma, ecco lo scarto dato dall’importanza dell’esperienza, quella più legata all’evoluzione della persona rispetto ai risultati sportivi e, quindi, più riferibile al dato anagrafico: “Ora sono cresciuto, imparando che questo fa parte del nostro mestiere. Ciò che prima di mi dava fastidio, ora non mi disturba più: quando qualcosa non va come avrebbe dovuto, è sufficiente spiegarlo e poi voltare pagina.”
Uno spunto interessante che fa capire come, anche i giovanissimi talenti che ora approdano in F1, solo li’ si trovino a gestire la vera pressione, non più solo interna alla squadra o alla categoria, ma con una eco mediatica mondiale. Per muoversi dentro quella baraonda non esiste scuola: solo l’esperienza può insegnare a rapportarsi ai mezzi di comunicazione in modo costruttivo, funzionale, senza farsi travolgere nè da grandi lodi, come da aspre critiche. Serve trovare quella “giusta distanza” che permetta di usarli e non di diventarne strumento speculativo: il carattere di base è essenziale, certo, ma solo la maturità lo può affinare.
Ciò permette al pilota di far parte del Circus mantenendo sigillati i confini mentali necessari a non intaccare la propria serenità. Restare fermo, ancorato nella considerazione di se stesso, senza farsi intaccare dalle montagne russe delle chiacchiere è di certo una sfida in più oltre la pista per un giovane. Per questo, le sagge parole di Kvjat sono una testimonianza preziosa per i ragazzi che, sempre di più, popolano e popoleranno la massima serie.
Autore: Elisa Rubertelli – @Nerys__
foto: Alessandro Arcari – @berrageizf1 – Toro Rosso