Ferrari vaporizzava il carburante per abbassare le temperature d’esercizio?
Un fattore fondamentale per il rendimento del propulsore, con il quale sin dall’inizio dell’era ibrida nel 2014 le scuderie di Formula Uno hanno avuto strettamente a che fare, riguarda la gestione del calore generato dalle parti ibride e meccaniche. Anche gli sguardi meno attenti, senza dubbio avranno notato le differenti versioni di cofano motore, più aperte e vaste, che vanno a garantire lo smaltimento delle alte temperature nelle gare dove le condizioni climatiche risultano avverse. Un calore troppo elevato infatti, oltre a limitare il rendimento della vettura, può sfociare in qualcosa di più grave: rottura di alcuni componenti.
Dando un’occhiata al regolamento tecnico del 2020 (scaricalo in italiano qui), notiamo come il paragrafo 7.5 regoli il sistema di raffreddamento delle monoposto. Le norme che vanno a disciplinare la refrigerazione delle vetture vietano l’utilizzo del calore latente di vaporizzazione di qualsiasi fluido, con la sola eccezione del carburante per la normale combustione nel motore. In questo senso pertanto, una teoria utilizzata in altri campi della tecnologia potrebbe trovare applicazioni in F1, ipotizzando che il carburante, libero da norme sul raffreddamento, possa essere utilizzato per abbassare sensibilmente le temperature del sistema.
Sui propulsori dei razzi spaziali, vengono utilizzati dei condotti passanti all’esterno degli ugelli di scarico lambendo gli stessi. Le motivazioni sono basicamente due: il carburante montato a bordo dei razzi è di tipo criogenico, con temperature, anche grazie al livello di pressione, mantenute sempre molto basse. Nel momento in cui il combustibile passa attraverso i condotti attorno alle superfici dell’ugello di scarico, “esporta” il calore evaporando dall’ugello stesso raffreddandolo.Cosi facendo si impediscono possibili rischi di fusione del materiale.
L’altro vantaggio importante, che potrebbe essere applicato nell’ambito motoristico, riguarda la possibilità di portare il carburante ad un punto di vaporazione tale per cui, una volta immesso a livello miscelato, la sua atomizzazione risulterà migliore. Questo fattore comporterebbe un miglioramento della combustione, utile per accrescere la competitività dell’intera unità motrice.
Malgrado questa operazione trovi un riscontro molto più interessante sui propulsori diesel, visto le tantissime modalità di rimescolamento durante la fase di miscelazione che, come detto, permette una migliore atomizzazione del flusso senza doverlo riscaldare (cosa per altro rischiosa), un utilizzo di tale fenomeno nelle attuali power unit non è affatto da escludere. Servendosi pertanto dell’effetto di evaporazione applicato al carburante, esente da norme regolatorie, oltre migliorare la combustione del propulsore si può, teoricamente, abbassare la temperatura d’esercizio del propulsore.
Le ultime due stagioni della Mercedes, per esempio, sono state accompagnate da problemi legati alla gestione delle temperature, che in vari Gran Premi hanno ridotto le prestazioni delle frecce d’argento. Considerando invece le performance eccelse ottenute dall’unità motrice della Ferrari lo scorso anno, abbinate ad un’ottima amministrazione del calore, risulta evidente come il sistema di refrigerazione della vettura italiana abbia recitato un ruolo davvero fondamentale. Detto ciò, dobbiamo comunque ragionare su alcuni fattori come la temperatura del combustibile. Pertanto, l’eventuale soluzione doveva essere quanto più semplice e funzionale, avendo a che fare con il sistema di contenimento e pompaggio della benzina legato al motore e alle zone di raffreddamento. I tecnici della rossa saranno stati capaci di studiare un sistema del genere?
Autore e foto: Alessandro Arcari – @BerrageizF1
Co-autore: Federico Ghioldi