In lode a Lewis Hamilton, sovrano indiscusso di questa epoca in F1
Il GP di Stiria ha mostrato Lewis Hamilton nel pieno del suo fulgore agonistico. Dopo un venerdì di libere opaco, in cui non era a suo agio con la W11, quando contava davvero il campione del mondo in carica ha brillato fino ad accecare. La qualifica bagnata di sabato è stata una vera e propria opera d’arte, dal tratto raro, delicato e potente insieme, proprio dei grandi maestri. Una pole epocale: sì, perchè rifilare un secondo e 216 millesimi al primo di quelli dietro, in questo caso Verstappen (un altro che ama la pioggia, per giunta), è qualcosa non motivatile esclusivamente dalla differenza di macchina. Roba da campioni fra campioni, di gente (che conti sulla punta delle dita nei decenni) che segna un’era. So che il paragone è scontato e me ne scuso, ma è quanto ho provato durante la Q3: vedevo Lewis, freccia nera eppur lucente nel diluvio, e pensavo ad Ayrton Senna. Mi pareva, grazie ad un incantesimo di un tempo imbizzarrito per qualche magico istante, che mi fosse stato dato il privilegio di rivederlo in pista. La sensazione è stata molto simile alla fascinazione senza limiti che scatenava il brasiliano, la superiorità schiacciante, pure.
Voglio attribuire ad Hamilton, però, quanto gli appartiene: egli stesso, ormai, può assurgere a degno metro di paragone per chi arriverà, stella nell’Olimpo della F1 di pari grandezza dei più grandi di sempre. Non sono solo gli impersonali numeri a dirlo, ma la sua fame infinita, in grado di rigenerarsi ogni volta con maggior potenza, diventando sempre più devastante. Una capacità maiuscola, e difficilissima da realizzare, di spostare il limite dell’eccellenza sempre qualche metro più in là. Dopo aver perso il Mondiale 2016 contro Nico Rosberg, Hamilton è diventato implacabile, non concedendo più niente, levigando ancora di più la sua pelle di fuoriclasse con una solidità ferrea. Anche in gara domenica, Lewis ha dimostrato di essere in pieno controllo: alternando fasi in cui ha spinto con altre di amministrazione, il tutto non concedendo mai nessuna reale speranza agli avversari. Hamilton è un grande campione anche per questo: si sa dosare, affondando i denti negli istanti decisivi, ma anche adattandosi alle pieghe della contingenza, con enorme maturità.
E poi, sa isolarsi un volta tirata giù la visiera, esaltandosi, anche trasformando le sue battaglie sociali in nuova linfa da cui attingere. Per questo, oso dire che in Lewis Hamilton coabitano eccellenza sportiva e di essere umano, essendo rarissimo e complicato riuscire a non saziarsi dopo aver ottenuto così tanto. Fama e ricchezza ci sono (e non temono flessioni), conquistate come riscatto ad una condizione sociale di partenza non da privilegiato, capitata viceversa in sorte a molti colleghi. Eppure Lewis continua, sottoponendosi ai sacrifici necessari perchè, ricordiamolo sempre, noi vediamo solo la pista, ma dietro c’è una vita intera dedicata e calibrata all’ottenimento della performance nei minimi dettagli. Certo, il sei volte iridato ogni tanto si concede delle libertà (come seguendo l’amore per la moda qualche volta durante la stagione agonistica) ma ha sempre dimostrato sul campo che non gli hanno tolto niente né nella testa, quanto nel piede. E anche questo disegna la sua caratura di pilota e la tenacia personale.
Penso sia giusto riportare parte delle sue parole pronunciate domenica prima di salire sul podio: ben rendono, secondo me, il fuoco che ancora gli divampa dentro come fosse agli esordi. “Sono grato di potermi esprimere ancora a questi livelli e di essere tornato vincere: mi sembrava passato un sacco di tempo dall’ultima volta!” Ecco: il tempo cronologico, vista la situazione creata dalla pandemia mondiale c’è stato effettivamente, ma l’ultimo GP vinto risaliva a due gare prima, Abu Dhabi 2019. E allora: lode al cannibale Lewis Hamilton, indubbio sovrano di questa era di F1, patrimonio di cui chiunque ami il motorsport.
Autore: Elisa Rubertelli – @Nerys__
Foto: Mercedes