Il declino di Vettel in Ferrari tra presunzione e umiltà
Vettel è una persona molto onesta ma non è un trascinatore. Ha bisogno di sentirsi acclamato continuamente. Si accorge di ogni piccola nuvola nei rapporti e questo incide moltissimo sul suo umore. In Ferrari è filato tutto liscio per poco. Diciamo un anno. Già nel 2016 a Melbourne c’era un carico di aspettative, forse avventatamente amplificate da Marchionne, sulla performance della SF16H. Si partì benino, poi la scarsa affidabilità ed efficacia sulle gomme della monoposto fece presto calare il sipario su quella stagione. Nell’ultima parte del campionato, Seb mostrò un certo nervosismo visto il periodo molto deludente. Ricorderete il team radio, non da lui, al compianto Charlie Whiting. Carattere tedesco ma istintivo.
Alcuni lievi scricchiolii cominciarono a manifestarsi in attesa del terzo ed ultimo anno del primo contratto in Ferrari. Dopo un inverno silenzioso, impostato sul basso profilo rispetto al precedente, finalmente una partenza più che convincente. Test molto appaganti per i suoi gusti mantenendo la testa bassa, proprio come amava dire Arrivabene. Pronti via, è arrivano vittorie sulla tanto amata SF70H. Un prima parte di mondiale molto bella. Non sempre vincente ma come dicevo convincente. Improvvisamente, illogicamente, il fattaccio di Baku. Il primo colpo serio alla stabilità nel team è stato lì.
Dobbiamo pensare che in quel momento tra lui ed Hamilton era una questione di centesimi. Quando non la fa la pura guida, la differenza la ottiene chi sa giocare meglio. Chi sa gestire la pressione. Ecco… in Ferrari,dobbiamo ammetterlo, riuscirci è più difficile che altrove. Da sempre. Improbo se sei da solo, se non hai con te un gruppo fedelissimo, come aveva ai tempi Michael Schumacher. Quella parola giusta detta al momento giusto, quello “scazzo” magari costruttivo, in privato. Quella fiducia nelle capacita mai messa in discussione. Baku per me è stato un tratto sulla sabbia. E sono convinto che da lì, Sebastian, si sentisse in colpa. In difetto. Forse, ma magari non era del tutto così, si sentiva osservato con occhi diversi dal team. Fatto sta che da lì in poi arrivarono alti e bassi continui. Un po’ colpa del team, un po’ per colpa sua.
Un circolo vizioso in cui si è finito per dubitare l’uno dell’altro. Lo dico a malincuore da un po’… da quando la convinzione di realizzare il suo sogno, che poi era quello dei ferraristi, è svanito, coincidendo con l’arrivo di Leclerc. Non credo che Vettel sia quello di oggi. Anzi… credo che nella posizione giusta, con le persone giuste, possa esprimere al 100% quello che secondo me oggi gli riesce si e no al 30%. La presunzione a cui alludevo non è caratteriale o personale. Credo che Sebastian credeva di poter essere quello che Michael è stato per la Rossa. Di farcela da solo. Accontentatosi di poche garanzie a livello di rete di protezione, al di là di quelle tecniche, che in buona parte ci sono anche state fino al 2018. Presumere di mantenere per diritto lo status indiscusso di prima guida. Cosa che invece è stata discussa magari a sua insaputa. Altra delusione…
Il fatto di non avere un manager la dice lunga sul suo modo “artigianale” di confezionarsi la vita. È una cosa bella se però lo fai in un ambiente semplice. Senza sovrastrutture. Non è il caso della Ferrari dove essere il migliore può anche non bastare. Per anni si è detto che Alonso fosse il più forte. Eppure nemmeno lui ha vinto. Proprio contro Vettel che si trovava alla perfezione in Red Bull, al di là degli scarichi soffiati. La continuità è questione di spirito. Di testa. Anche avendo una vettura sempre al top, una scivolata o un momento di depressione, e l’altro può facilmente massacrarti. Allora nel momento in cui la considerazione reciproca viene meno, come nella vita comune, chi può rendere al meglio? Nessuno. Lo vediamo oggi quando il binomio non funziona proprio più. Che fare? C’è chi dice di finirla qui e chi se la prende più con lui o più con la squadra. Al minimo errore. La verità è che il suo tempo in Ferrari è finito. Ma si può aprire un nuovo tempo.
Non può succedere prima del 2021, portano con te l’umiltà necessaria se la voglia di continuare esiste. Ricostruendosi in un ambiente nuovo, senza dare per scontato né che sia facile né che sia il n1. Con umiltà deve ammettere di non essere un trascinatore. Magari finalizza il gioco se ha un team forte alle proprie spalle. Questo non significa più dover vincere ma ritrovare un senso alla guida di una F1. Chiudere l’anno degnamente sarebbe un dovere, in nome dei tanti momenti buoni passati insieme e forse, o soprattutto, anche per quelli più duri. Tuttavia ci credo poco, e non ne faccio più una questione di colpe…
Autore: Giuliano Duchessa – @giulyfunoat
Foto: Ferrari