Analisi on board Leclerc-Gp Turchia 2020: Driver of the day…
Provaci ancora Charles. Te l’ha detto Seb e dopotutto lo sai pure tu: il futuro vive dentro di te, pronto a strabiliare ancora quando il tuo culo siederà su di una monoposto all’altezza delle tue capacità. Se la teoria non fa una piega, la pratica “schiuma”. Un podio perso così, dopo aver guardato per un attimo tutti dall’alto del secondo gradinino del podio, rode parecchio. Risentimento subitaneo, manifestato negli atti e nelle parole, sfogato in radio prendendo a cazzotti il volante. Apostrofandosi a più riprese. Una sfuriata normalissima per un vincente, incapace di accettare la sconfitta. Mai. Anche se tutte le attenuanti del caso siedono accanto a te.
Con la dipartita di Vettel il monegasco resterà uno dei pochi con le idee chiare là dentro, probabilmente costretto a sorreggere la solita retorica ferrarista. Esponente massimo di quel dogma sbandierato ai quattro venti da una dirigenza distratta, troppo impegnata a specchiarsi per notare lo stemma scolorito sopra la scritta Essere Ferrari. Vocabolo inflazionato. Predicato con estrema tenacia e mai veramente messo in pratica da chi di dovere.
Analisi on board Leclerc-Gp Turchia 2020: premessa
Un fine settimana difficile. Non troppa acqua ma comunque sufficiente per incasinare il tutto. L’asfalto lustro, aggravato dalla magnifica idea di cementare la pavimentazione del tracciato, costringe tutti agli straordinari. “Sembrava di guidare sul ghiaccio”. Tutti o quasi hanno pronunciato lo stesso commento dopo le libere. Fino a quando, per fortuna, qualcosa è cambiato. Lo spettacolo ha finalmente preso il sopravvento nella sessione classificatoria. Per tutti o quasi naturalmente…
Costruire l’assetto di una monoposto in un contesto del genere è davvero una follia. Avranno pensato qualcosa del genere in Ferrari, dopo la pessima figura in qualifica. L’ennesima della stagione peraltro. Ma in realtà, i sei secondi abbondanti dalla vetta non si spiegano certo ragionando sulla bontà del mezzo. Parliamo di assetto ma soprattutto di pressione degli pneumatici, completamente cannata dal muretto Ferrari. Per fortuna, anche a Maranello ogni tanto si riflette. Dopo averlo fatto hanno corretto il tiro, liberando i propri piloti dall’impiccio.
Analisi on board Leclerc-Gp Turchia 2020: la numero 16
In condizioni particolari l’attenzione sale. A pit lane aperta, esattamente come per Sebastian, l’importanza dell’assetto è fondamentale. Interessato alle sensazioni del compagno di squadra, Charles scopre che la numero 5 (clicca qui per leggere l’analisi on board di Sebastian Vettel), malgrado la velocità in percorrenza si attesti su valori similari, è stata decisamente più precisa in frenata. In tal senso, la conferma prende corpo al terzo passaggio quando, dopo una forte staccata, il monegasco blocca l’anteriore perdendo la direzionalità della vettura. Senza riportare danni la numero 16 marcia verso la griglia, accomodandosi in dodicesima posizione.
La più brutta della stagione. Malgrado la partenza in seconda marcia, lo stacco è decisamente troppo lento. La vettura pattina, arranca e non riesce a trazionare, superata da ben sei avversari in pochi metri. L’inghippo alla prima curva targato Renault, al quale partecipa amabilmente Valtteri Bottas, fa recuperare un paio di posizioni. Tre se si conta Grosjean scavalcato in curva 4.
Agguerrito, il francese torna alla carica. Si butta all’interno di Charles in curva 9 e allunga la frenata. Peccato che i calcoli siano sbagliati, centrando in pieno la Renault di Ocon. Il ferrarista si butta a destra per evitare guai, prende la scappatoia e torna in pista in dodicesima piazza. Le prime tornate sono tutto sommato divertenti da seguire, con i piloti impegnati a remare come se fossero in barca. Malgrado non sembri in grado di sferrare un attacco, il primo pilota Ferrari riempie i retrovisori di Gasly.
Tornata 5. Marcos, in silenzio fino a quel momento, si palesa in radio per avere un feedback sugli pneumatici. “Tutto ok, a parte il fatto che sono bloccato nel traffico e non posso fare niente” la risposta. In effetti, il ritmo attuale impedisce l’attivazione dei compound, ancora non in finestra dopo diversi giri. Interrogato sull’ipotetica sosta per montare le intermedie, Charles battezza negativa la proposta, convinto che il rischio di montare a breve un treno di Pirelli a banda verde sia ancora troppo grande.
Se non che, di lì a poco, avvisato dell’ottimo laptime che la Williams numero di 63 di George Russell produce con le intermedie, Leclerc si convince dando il via libera alla sosta. Il solito comando azionato con il multifunction relativo al carburante precede la chiamata ai box, che puntualmente arriva nello stesso giro. Passando alla “mode tyre” Charles imbocca la pitlane, dove i meccanici impegnano 3,4 secondi per montare, senza intoppi, un set di intermedie. Tempo “altino” considerando le altre scuderie, normale pensando a Ferrari. Siamo al settimo giro e la numero 16 bazzica in diciannovesima pozione.
Sebbene il monegasco torni in pista in “free air”, potendosi pertanto dedicare completamente a portare in temperatura i compound, la sua SF1000 sembra opporsi. Lo si nota dalla fatica bestiale in accelerazione, con lo pneumatico che tuttavia non è ancora in grado di evacuare la giusta quantità d’acqua per garantire una buona trazione. A tal proposito, dopo l’avvicendamento con Ocon ancora su “ex wet”, il comando di agire sul manettino secondario per modificare un parametro legato ai freni posteriori, utile per innalzare la temperatura dell’asse posteriore, va in aiuto al ferrarista, proprio mentre scavalca la Williams di Russell autore di un lungo in curva 8.
Grazie alla visita ai box di vari piloti Leclerc risale fino alla dodicesima pozione, determinato alla rimonta più che mai. Prima vittima a soccombere il veterano Kimi Raikkonen, impotente davanti alla staccata decisa del ferrarista in curva 7. Stessa sorte tocca alla Haas di Magnussen, un giro e mezzo tardi, in staccata di curva 1.
Tornata 14. Giovinazzi va a spasso per il tracciato con il cambio rotto, fino a quando la sua Alfa Romeo non trova pace all’interno di curva 9. Avvalendosi della virtual safety car, la direzione gara dà modo ai commissari di rimuovere la vettura. Xavi si apre immediatamente in radio per avvisare il giovane talento sull accaduto. Puntuale, la domanda sulla posizione occupata. Marcos, correggendo la prima notifica, parla di nona piazza ricordando al suo pilota di lavorare sugli pneumatici per tenerli in temperatura.
Proprio per questo, mezzo giro dopo, arriva l’ordine di spostare il bilanciamento dei freni di 5 punti all’anteriore. In aggiunta, su precisa richiesta, Marcos calcola che una ventina di secondi dividono Charles dall’ottava piazza, momentaneamente occupata da Carlos Sainz, avvisando di non eccedere ulteriormente i limiti in curva 1. In questa fase il giovane pilota Ferrari è molto carico, come dimostra la presenza costante in radio interrogandosi sul ritmo dei competitors davanti a lui. K2, brake balance azzerato e si riparte. Messo dietro il doppiato Latifi, complice la solid blue esposta al canadese, il ferrarista inizia a macinare ritmo. Fortemente determinato a chiudere il gap con lo spagnolo al più presto. E lo fa prendendosi parecchi rischi, usando i cordoli come se non ci fosse un domani, transitando in curva 8 a velocità davvero elevata.
Essere il più veloce in pista lo gasa chiaramente. Il tracciato dovrebbe asciugarsi in un una manciata di tornate secondo il muretto box italiano, interessato a conoscere il parere del proprio pilota al riguardo. Charles preferisce la via del silenzio, per concentrasi totalmente sulla guida macinando diversi giri record. L’ottimo lavoro viene premiato quando l’aroma degli scarichi Red Bull alza l’adrenalina del monegasco. Al giro 25 arriva il primo up date sui compound da asciutto.
La risposta sintetica di Leclerc al momento boccia l’ipotesi, mentre lo spagnolo suggerisce di spostare di un punto il differenziale in entrata per gestire meglio l’approccio alle curve. Impegnato nella lotta serrata per chiudere definitivamente il gap sulla RB16, per poi tentare l’attacco, l’ennesima domanda sembra innervosire Charles. “La pista non è affatto asciutta e quando lo sarà te lo farò sapere” risponde seccatamente, ribadendo di non voler essere disturbato per questo genere di cose.
Il silenzio radio viene interrotto 15 chilometri più tardi dal ferrarista, curioso di conoscere le previsioni meteo per la seconda parte di gara. Marcos fa sapere che al momento non è prevista poggia, concedendo la possibilità di utilizzare finalmente l’ala mobile. Di lì a poco, la comunicazione cifrata sul volante ammicca verso la seconda sosta, confermata qualche curva più tardi dalla richiesta di modificare il solito parametro legato al carburante.
All’entrata dell’ultima chicane arriva la chiamata ai box, confermando la scelta di montare i compound Pirelli a banda verde. Ancora in pitlane, Charles esprime il suo disappunto per la tempistica legata alla sosta, convinto di essere stato avvisato troppo tardi sulla mescola quando, poco prima, stavano ancora discutendo sulla possibile scelta di montare le slick.
La sensazione da fuori è chiara. Malgrado la criticità del secondo set non fosse ancora stata raggiunta, avendo la finestra libera per effettuare il cambio gomme il muretto ha preferito richiamare la numero 16. Una buona track position è sempre importante. Siamo d’accordo. Ma aspettare ancora qualche giro, valutando più opzioni senza compromettere la gara, sarebbe stato senza dubbio più saggio. Dico questo per raccontare l’impressione che si vive seguendo on board la Ferrari. Riflettendo in maniera generalizzata sulle varie decisioni prese, un messaggio chiaro emerge: paura di sbagliare. Per evitare tale situazione si percepisce spesso come ci si accontenti di non fallire senza mai cercare un valore aggiunto nelle tattiche.
Tornando alla gara, la sosta risulta tutto sommato accettabile. In tre secondi rispediscono in pista Leclerc in nona posizione, quando mancano diciassette tornate per mettere la parola fine al Gran Premio di Turchia 2020. Marcos si palesa in radio elargendo un ordine bene preciso: fare la differenza nei prossimi 4/5 giri. Charles non aspettava altro. Si getta a capofitto ed inizia a macinare giri veloci con un chiaro obbiettivo: centrare il podio. Dopo una ventina di chilometri Albon è oramai a tiro di schioppo. Avvisano il monegasco di raffreddare le gomme uscendo fuori traiettoria, suggerendogli una modifica al brake balance, Xavi autorizza una mappatura più spinta chiedendo inoltre di modificare la motricità della monoposto.
Malgrado il passo della numero 16 sia davvero ottimo, emerge la frustrazione del ferrarista. Raggiunta la Red Bull di Albon ogni tentativo per avvicinarsi e tentare il sorpasso risulta vano. Soprattutto tenendo conto che i rischi presi hanno provocato un paio di sbandamenti in percorrenza davvero pericolosi. Quando la situazione sembrava incanalarsi in un vicolo cieco ecco l’occasione. Mentre là davanti Sebastian purga Stroll con un sorpasso eccezionale concluso in curva 12, Charles traziona alla grande in curva 9, prende tutta la scia della vettura austriaca e la svernicia in rettilineo. Giunto alla chicane vede Stroll arrancare fuori traiettoria e lo infila immediatamente, colorando di rosso opaco gli specchietti del sindaco di Heppenheim.
Marcos si complimenta in radio ma il lavoro non è ancora finito. Charles attacca la pista con una foga impressionante, stacca molto più tardi in curva 9 e si getta nella scia della numero 5. La combo Drs + K1 plus concede un boost extra micidiale per Sebastian, costretto a cedere la quarta posizione al compagno di merende. Messo dietro Vettel la foga non spegne le proprie forze, tanto che Xavi ricorda di tenere d’occhio il consumo delle gomme. Lo stato di coscienza del monegasco, completamente immerso nella guida, non fa caso allo spagnolo, ingordo di informazioni sui competitor che lo precedono.
Dal muretto cercano di placare il suo ardore, ma la trance agonistica è tale che la vettura italiana vola in pista. Messi dietro Grosjean e Russell doppiati di un giro, il mirino si sposta sulla Red Bull di Max Vertappen. L’olandese, complice un problema all’ala anteriore, effettua la terza sosta della gara cedendo di fatto il podio al monegasco. Sebbene Marcos contempli una percentuale di pioggia nei prossimi giri, ordina nuovamente una gestione più oculata dei compound. Leclerc fa scena muta e sinceramente non sembra accettare di buon grado il consiglio. I laptime infatti restano indiavolati e poco poco il gap su Perez continua a diminuire. Agguantare il messicano e sfidarlo per la seconda posizione sembra tutt’altro che utopia, considerando il passo nettamente migliore.
10 tornate alla fine. 6,5 secondi dividono Leclerc da Checo. Malgrado alcune gocce di pioggia in curva 9 e 12, il pericolo acquazzone sembra definitivamente fugato. Doppiare Grosjean,modificando un parametro secondario legato ai freni posteriori, inganna l’attesa al raggiungimento dello scopo.
Quando Perez è quasi a tiro niente sembrerebbe potere fermare il ferrarista e lo spavento giunge inaspettato. La troppa velocità portata in curva 3 provoca una seria sbandata. Charles controlla la vettura alla grande ma finisce fuori pista. Per fortuna, l’assenza di erba o ghiaia rende l’esperienza non troppo traumatica. Nulla di serio insomma…
A errore digerito, il monegasco non sembra arrendersi. Al contrario continua a spingere, non getta la spugna e chiede la posizione attuale: “P3… P3” risponde Xavi. Ma il giro successivo arriva un’altro lungo, questa volta in curva 1. Mentre la foga al volante sembra placarsi lo spagnolo ordina di agire sul manettino secondario, per modificare un parametro della PU legato alla gestione carburante. A sette giri dalla fine il muretto box Ferrari sembra tirare i remi in barca. I sette secondi e fischia da Perez sembrano oramai insormontabili, considerato lo stato delle mescole calzate dalla Rossa.
I imiti della pista in curva uno vengono nuovamente violati e l’ulteriore avviso di prestare attenzione giunge al mittente. Mentre il meteo, così… un po’ dal nulla, riempie ancora il team radio,prevista “heavy rain” all’ultimo giro, il gap sulla Racing Point torna a chiudersi in concomitanza con l’ulteriore comando legato alla motricità del posteriore. Le quarantatré lune sulle spalle delle mescole del messicano gridano pietà, rallentando non poco la monoposto di Silverstone, mentre Charles,al contrario, sembra aver ritrovato lo smalto dei giri precedenti. Ma non è il solo…
Insospettito, accorgendosi di un Sebastian arrembante alla spalle, Leclerc chiede se il tedesco abbia aumentato il passo cercando di riavvicinarsi. Marcos risponde elargendo il laptime del quattro volte campione del mondo, aggiornandolo sul ritmo della numero 5 anche la tornata successiva. Tale informazione non sembra essere affatto di gradimento per il monegasco che, scocciato quanto basta, lancia un messaggio lapidario: “I don’t care… I don’t care about Sebastian…”
L’epilogo è vicino. Tre giri e tre secondi, gap e distacco da Perez. Charles ci crede, Sebastian a rimorchio pure. Il tempo sta per scadere mentre la sagoma rosa si fa sempre più vicina. Si giunge pertanto all’ultimo giro con il cuore in gola. Il messicano sta arrancando tremendamente, inseguito dalla smania famelica del ferrarista. Proprio quando sembrava fatta, la pressione gioca un brutto scherzo a Checo. Il pilota Racing Point sbaglia la frenata, arriva lungo e non riesce a prendere la corda di curva 9. Ne consegue un’accelerazione pessima. Charles lo affianca sulla sinistra, lo infila, apre il Drs e con l’aiuto del K1 Plus si getta a capofitto sull’ultima retta.
Vecchio volpone, il messicano non si da certo per vinto. Assorbe tutta la scia della SF1000,si fa ingombrante nei retrovisori del monegasco, scarta a destra e lo affianca. Il tentativo è chiaro: far tirare una staccatona a Leclerc. Il pilota del principato ci casca con tutte le scarpe. La frenata troppo vigorosa blocca l’anteriore della vettura italiana in curva 12. La Rossa non gira. Va dritta. Passa Perez. Passa Vettel e la corsa finisce. Un quarto posto al cianuro.
L’amaro epilogo trova sfogo in radio. In inglese prima, in italiano esplicito poi. L’auto accusa ci sta. È più che comprensibile quando si perde tutto.Tuttavia, resta di buono la prestazione. Un pilota capace di una strepitosa rimonta dopo una partenza fallimentare. Troppo impeto? Può darsi, ma con in tasca la consapevolezza di aver disputato la gara migliore di tutti. Errori a parte, si intende…
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Foto: F1 TV