Gp dell’Emilia Romagna
Il telecronista d’assalto Mister Fucsia, come al solito confondendo viola e fucsia, caso più unico che raro di daltonismo selettivo, aveva appena finito di rovinare l’udito di almeno qualche migliaio di telespettatori mentre il gran premio dell’Emilia Romagna si avviava mestamente alla fine, fra le dolci colline bolognesi. Voci incontrollate narravano di continui trapianti di tonsille e corde vocali cui il nostro si sottoponeva dopo ogni mondiale e, udite udite, di un suo accordo riservato per rovinare volutamente i timpani dei telespettatori, onde avere lucrosi guadagni da una nota azienda che produceva apparecchi acustici.
Ad Imola, tanto per cambiare, doppietta Mercedes.
Arrivo in parata da smargiassi, tanto per ricordare il loro stile e la loro classe. Ferrari mesta e come al solito piccina piccina in quel lugubre 2020, ridicolizzata dagli avversari e soprattutto da se stessa.
Paolo Froldozzi, dalla sua casetta ligure, mentre il mega-schermo da 50 pollici trasmetteva l’evento, era incazzato come una iena. E il Lambrusco, con cui aveva inaffiato a fiumi il pranzo (che gli era andato di traverso quasi subito visto che il via della gara era fissato alle 13:10), non faceva che aumentarne l’ira funesta.
Il cervello era un vulcano pronto ad eruttare. A casa nostra, in Italia, per il terzo gran premio tricolore, e chissà quando ci ricapita, quel perfido incrocio fra Albione e Cruccolandia aveva distrutto un altro record Ferrari. Prontamente era arrivato il cinguettio di Monsieur duca-conte-barone del gran sepolcro FIA Giovanni Todt, agli ultimi scampoli di una megapresidenza-suprema-napoleonica non indimenticabile, che si complimentava con i dominatori divenuti ormai… sempiterni. Quel pagliaccio di Wolff aveva finto un’incredibile gioia e si erano inventati una pacchianissima coreografia, appena finita la premiazione, per celebrare il settimo campionato mondiale costruttori di fila. Festeggiavano solo loro…
I coriandoli sparati in aria ad uso e consumo dei social, dopo lo scoppio di mortaretti smorti, avevano raggiunto i box Ferrari mentre i meccanici della Rossa, con l’umore sotto i tacchi ormai da secoli, stavano smontando le ultime cose. D’altronde, il giorno dopo era la commemorazione dei defunti. Era tutto clamorosamente e mestamente chiaro…
Paolo aveva dato testate al muro e rotto con un pugno l’anta in melaminico di un armadio quando il duca-gentleman Sebastiano aveva dovuto attendere ben 13 secondi per una pistola difettosa durante un cambio gomme. Allora era tutto vero, in Ferrari risparmiavano davvero, mostruosamente, su tutto…
Il tifoso, con l’anima avvelenata come altre schiere di ferraristi sparsi in tuto il globo terraqueo, non riusciva a capacitarsi di come a Maranello, in appena due anni, da quando sua eccellenza gran duca sepolcrale Binotto era stato nominato Super-Mega-Direttore-lup-man-Team-Principal, dopo aver defenestrato il mega duca-conte marlboro-man-incazz-sempr. Messer Maurizio Arrivabene, avessero sfornato due monoposto assurde. E come ciliegina sulla torta… la famigerata SF1000 che, solo a nominarla, tutti si facevano gesti apotropaici accompagnati da corna e frasi come “tiè”, “pussa via!”, “occhio, malocchio prezzemolo e finocchio!”. Quella specie di catorcio ambulante da allora avrebbe aleggiato, minaccioso, negli incubi dei ferraristi, tanto da entrare nel loro vocabolario e sarebbe, infine, diventato d’uso comune dire “sei come la SF1000” per offendere mortalmente qualcuno.
Per non parlare di quell’indecoroso peto-motore, roba da far tornare il fondatore Enzo dall’aldilà (con speciale permesso del Padreterno) per prendere a calci i motoristi della GES.
Paolo aveva inveito contro l’universo mondo, tirato fuori complotti Mercedes-FIA a cui credeva solo in minima parte, si era arrabbiato pensando che in Ferrari ormai sbagliavano la qualunque. Poi, infine, aveva pensato intensamente e urlato…
“Questa Ferrari è una c****a pazzesca!”
Con sua viva sorpresa, stupore e poi terrore, il cielo incredibilmente limpido del primo novembre si era letteralmente riempito della frase appena pensata, diventata gigantesca, nell’orribile colore rosso smorto-opaco delle ultime monoposto Ferrari.
Poiché in tutta Italia si poteva vedere in cielo quella scritta oltraggiosa, in breve accadde un pandemonio.
Passarono pochi minuti, forse mezz’ora in tutto, quando si palesò, davanti alla casa del tifoso, un lungo codazzo di Alfa Romeo Stelvio, rigorosamente nere opaco.
Da una di esse uscì Luca Colajanni, vestito impeccabilmente in completo antracite, con l’inconfondibile stemma del cavallino sulla sinistra.
Paolo, senza neanche rendersene conto, quasi automaticamente aprì la porta.
“Froldocci, è stato lei vero?!” disse Luca con voce sottile ma decisa, mentre la mano destra aggiustava sul volto i pacchiani occhialini Binotto-style.
“Sasarei FFroldozzi”, replicò biascicando l’altro.
“Froldacci, appunto! E che ho detto io?!” ribatté convinto il primo.
“Mah…” bofonchio il poverino cercando ancora una volta di evitare la storpiatura del cognome, interrotto però bruscamente da Colajanni: “Sì, sua santità mega presidente, ha ammesso la colpa… procedo celermente!”.
L’addetto stampa Ferrari stava rispondendo all’ignoto interlocutore tramite un auricolare bluetooth.
Poi guardò di nuovo Paolo. Occhi severissimi e poche parole, sillabate con molta calma.
“Venga, la vuole il soave super-mega-presidente-galattico-universale FCA-PSA-FERRARI”.
Paolo si sentì cedere le gambe, ma non fece in tempo a cadere sulle ginocchia semitramortito che due guardie del corpo, alte e nerborute con occhiali neri e auricolari, lo afferrarono sotto le ascelle e lo buttarono, senza troppi complimenti, nella Stelvio di Colajanni…
Il nostro fu colto da mille pensieri e successivo vivo terrore. Il volto passò da fucsia-nonvanzini a viola-pompeiano-FIA mentre il codazzo di auto si dirigeva silenziosamente verso un eliporto. Un elicottero rosso-opaco-defunto (sempre quel rosso, partorito da chissà quale mente malata…) era pronto al decollo e li stava aspettando.
Dopo una rapida trasvolata, a Maranello Paolo fu fatto entrare per un ingresso secondario. Almeno una decina di uomini lo attorniavano, alcuni armeggiavano con walkie talkie marchiati Ferrari.
Prese un ascensore. Vide sul display almeno 90 piani e cominciò a sudare copiosamente. Salivazione azzerata. Due guardie, di rosso vestite, con tanto di U-Mask Ferrari, uguali a quella che gli avevano messo a forza in auto, lo tenevano sotto controllo.
Dunque, avrebbe conosciuto… il Supremo!
C’era chi sussurrava che il mega presidente assoluto non esistesse e quasi nessuno, da quando era stato nominato dal sublime vertice galattico, lo aveva visto né ne aveva percepito la presenza. Per alcuni era, addirittura, una leggenda metropolitana…
Mentre stava per essere portato da sua graziosità Elkann, Paolo ebbe un’allucinazione ad occhi aperti.
Sognò, infatti, di essere stato crocifisso nella sala mensa della GES, con dadi e bulloni, mentre sua eccellenza Gran duca-conte sepolcrale Binotto e tutti i mega direttori dei vari reparti, tutti ma proprio tutti con gli stessi occhialini circolari, lo guardavano con volto accigliato e accusatorio, senza dire una parola. E l’accusa sembrava ancora più forte.
Il rombo di un motore 12 cilindri segnò il risveglio dallo stato catatonico. L’ascensore riaprì le sue porte. Le guardie scortarono Paolo per un lunghissimo corridoio, sino ad arrivare ad una porta rosso opaco. Sempre quel dannato rosso sfigato.
Con una piccola spinta, perché Paolo voleva scappare, lo fecero entrare.
La porta si richiuse dietro di lui con un pesante clangore metallico che risuonò per diversi secondi.
La stanza era lunga e disadorna, quasi asettica, di un bianco pallido. Una parete era interamente occupata da un mega dipinto di Hamilton mentre batte il record di Schumacher (si capiva perché c’era la scritta, bella grande, novantadue…) e tante litografie incolonnate con regolarità. Riproducevano le monoposto ibride teutoniche. Una per ogni mondiale costruttori vinto dalla Mercedes nell’era turbo-ibrida.
Ma lo stupore fu maggiore quando vide la semplice, quasi francescana e molto grande scrivania del mega direttore supremo, con foto incorniciate e autografate di Toto Wolff, Hamilton e Bottas.
Il Megapresidente Elkann aveva un volto serio, ma non arrabbiato.
Era vestito in modo elegante ma semplice, senza cravatta, pantaloni grigi in lana e una giacca rosso opaco (sì, sempre il solito rosso…) che sembrava almeno di mezza taglia più grande.
Sarà stato per, forse, un particolare gioco di luci, o magari per lo stato alterato del suo animo, ma al tifoso parve di vedere attorno alla testa del super presidentissimo una sorta di aureola luminosa, come quella dei santi raffigurati nei quadri e nelle immaginate sacre.
“Caro Paolo, ma cosa mi combina…”, esordì John Soavissimo Elkann Primo.
Invitò Froldozzi, con gesti che sembravano affettuosi, a sedersi sulla suprema poltrona e gli mise le mani sulle spalle. Sembrava un gesto affettuoso, ma aveva qualcosa di sinistro, tanto che Paolo sentì la schiena rabbrividire…
Il nostro fu vinto dalla regalità del supremo e cercò di rompere il ghiaccio… di rendersi simpatico…
“Sua santità ma è vero che ha una poltrona in pelle umana… di Arrivabene?”
Il mega presidente supremo sembrò divertito. Con un gesto quasi angelico gli indico la poltrona, proprio quella dove era seduto Paolo.
Il tifoso la guardò con attenzione, la toccò e strusciò il palmo della mano sullo schienale imbottito, mentre servilmente avrebbe voluto inginocchiarsi… per deferenza verso il supremo. La pelle della sedia non era uniforme, aveva dei ciuffi bianchi, brizzolati… li riconobbe… annusò come un cane da tartufo per esserne certo e sì, sapeva di sigarette Marlboro… dunque… era vero! Che meraviglia…
“Ma… mi scusi, sarà certamente una bugia che lei abbi un acquario con i dipendenti della GES e i piloti caduti in disgrazia…”
Sua maestà Elkann sorrise nuovamente.
Si avvicinò al muro alla propria destra, fece un gesto misterioso con una mano e si aprì, come per magia, un enorme rettangolo. E l’acquario era lì, grande come una piscina… ecco il duca Sebastiano gentlemen-Vettel trasformato in tartaruga acquatica che placidamente andava avanti e indietro, e più avanti molti meccanici con la divisa d’ordinanza che tenevano in mano quella che sembrava una pistola pneumatica…
“Wow… ma allora è tutto vero”, pensò Paolo…
Il Supremo presidente lo aveva preso in simpatia… Paolo prese un poco di coraggio…
“Mah… sua Santità… il mio è stato uno sfogo come può capire, ma come è possibile, quest’anno è una via crucis, facciamo schifo, la squadra è allo sbando, manco i pit stop sappiano più fare…” cercò di spiegare Froldozzi, sentendosi colpevole, anche se non sapeva esattamente di cosa…
Il mega direttore rispose bonariamente, girando intorno a Paolo: “Vede, caro tifoso, Paolo mi pare… si tratta di metterci d’accordo sulla terminologia. Lei dice annata di merda, io dico annata al di sotto delle aspettative; lei dice che non sappiamo fare i pit stop, e io dico che abbiamo avuto qualche piccolo inconveniente, lei dice che le strategie fanno defecare, io dico che sono fatte non tenendo conto, talvolta, di tutti i parametri…lei dice che il motore è un peto-motore, io dico che è leggermente depotenziato, lei dice che dobbiamo licenziare Binotto, e io dico che dobbiamo avere fiducia…”
Paolo, un poco sovrappensiero, si lasciò sfuggire:
“Ma… Santità eccelsa, perché tutti questi quadri e queste foto dei nostri avversari?”
“Belle vero? Eh… sì, sono proprio bravi, per me sono come un’ispirazione; le confesso, e resti fra noi, che sono un loro tifoso, in particolare di Hamilton. Mi ha promesso per Natale un suo casco autografato, lo metterò proprio qui sulla scrivania, vicino alla sua foto con dedica scritta con pennino stilografico Montblanc…”
“Ma come!- sbottò Froldozzi- non dovremmo incazzarci e fare di tutto per batterli?!”
“Calma, calma… prima dobbiamo capire, dobbiamo studiare, c’è qualcosa che ci sfugge… siamo una squadra giovane, i nuovi hanno appena un quarto di secolo…”. Le parole, che da qualche parte il nostro aveva già sentito, anche se non ricordava quando e dove, erano scandite in modo nuovamente placido, sereno.
“Ma cribbio, voi così ci prendete in giro! Noi tifosi meritiamo di più, lo merita il nome e la storia Ferrari! Quando, finalmente, potremo vincere contro le Merc…
L’unica finestra di quella stanza spoglia fu illuminata a giorno per diversi secondi. Un tuono spaventoso bloccò la parola immonda. Il tifoso ne fu terrorizzato e quasi svenne.
“Bè… proprio vincere subito subito… no! Piano piano…” rispose sua presidenza sublime, con occhi che però tradivano un leggerissimo fastidio…
“Ma santità universale, così ci vorranno più di cinquant’anni per vincere…” replicò Paolo affranto, ormai senza speranza, lasciando cadere le braccia penzoloni sui bracciali imbottiti della poltrona Arrivabene…
Il mega presidente universale rispose con parole soavi, ma che suonarono lapidarie:
“Ho tempo… io…e, inoltre, i soldi arrivano lo stesso…”
Settimo titolo costruttori consecutivo. Voto: chi vince ha sempre ragione. Ma che noia e che barba, che barba e che noia. Soprattutto pensando al 2021… ma davvero a qualcuno piace vincere in questo modo? Si badi bene, qui non si mette in discussione il merito, ma uno strapotere che nuoce anche ai vincenti. Anche se non si può certo loro dare “colpa” di questa situazione.
Max Verstappen. Voto: frustrazione a 1000. Ovvero, nonostante guidi come se non ci fosse un domani, dell’impossibilità di superare quelle “maledette” frecce nere per vincere almeno un gran premio.
Ferrari. Voto: 0. L’unica cosa che hanno saputo fare è stata celebrare la Mercedes, l’arcirivale. Contenti loro…
Vettel. Voto: 13. Nessuno ha avuto problemi negli ultimi gran premi durante il cambio gomme. Nessuno eccetto una squadra. Ma va tutto bene…
Russel. Voto: forza e coraggio. Mio padre era solito dire che la “giornata del belinone capita a tutti”. Bella la solidarietà dei colleghi.
Alpha Tauri. Voto: una “modesta proposta”. In Ferrari potrebbero sganciare un po’ di sghei e fare campagna acquisti…
Hamilton che forse si ritira. Voto: davvero ci credete? Beati voi. Se ne parlava su #lanostraf1 lunedì sera con @ZamunerB, @MonteSan89, @PieroLadisa e @IamLucaColombo. L’impressione è che il nostro stia semplicemente e legittimamente giocando al rialzo. Ma, visti i tempi, sembra un pochino “anacronistico” e vagamente offensivo. Certo se Lewis, tuttavia, avesse davvero voglia di diventare cantante o designer o stilista, chi sono io per impedirgli di realizzare i suoi sogni?
Toto che forse non è più TP. Voto: chissà. Ecco, a questa cosa già credo di più…
Todt e i suoi cinguettii. Voto: A£$@#! Solo a me dà fastidio peggio di un gatto attaccato alle parti basse quando celebra la Mercedes, manco fosse un loro addetto stampa? Comica poi la sua dichiarazione recente: “Se Mercedes vince sempre sono gli altri a dover migliorare”. Direi un pensiero che meriterebbe una frase tipo… e grazie… Vorrei ricordare al presidentissimo che, prendendo soprattutto spunto dalle ultime decadi, si fece di tutto per fermare i domini Williams e Ferrari. Nella storia della FIA questo è forse la prima volta in cui si promuove la stabilità regolamentare. Non che sia sbagliato, come principio, anzi. Ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti: una noia spaventosa e senza fine.
Forza, che l’agonia nello strazio è quasi alla fine. Purtroppo il 2021 non sarà, ahinoi, troppo differente…
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Il pagellone (Fantozziano) del Froldi