Provaci ancora, George
Domenica non c’è stato sportivo che non abbia sofferto con lui. Mi riferisco, ovviamente a George Russell e al triste e ingiusto epilogo del weekend in cui ha vissuto la sua grande occasione alla guida di una Mercedes.
Una trama in cui il destino ha avuto la prima e l’ultima parola: al principio con la positività di Lewis Hamilton al Covid-19, poi con un errore marchiano al pit stop del team Campione del mondo e, ancora, con la fatale foratura lenta alla posteriore quando mancavano otto giri alla fine del GP. Ma non basta: la safety car che ha spinto Mercedes al doppio pit stop poi fallito è stata causata da Aitken, il sostituto di Russell in Williams. Un cerchio perfetto nella sua (sportiva) crudeltà.
Quello che conta, però, non ne è stato intaccato. Sì, perchè il fulgore dell’impresa di George, nonostante la vittoria mancata, è stato (ed è rimasto) sotto gli occhi di tutti. Un fine settimana, dopo essere stato avvisato del provvisorio cambio di “casacca” con soli due giorni di preavviso, in cui il giovane inglese ha espresso una competitività esplosiva.
Già sento le obiezioni: “Eh, ma guidava una Mercedes!”. Sì, è vero, ma non basta a motivare ciò che si è visto. Il mezzo rasenta la perfezione, ma il fattore umano va costruito, affinato, espresso e non è cosa semplice. Prima di tutto, si tratta di adattarsi in temi rapidi a metodi di lavoro totalmente diversi, a procedure anche tecniche differenti ma, soprattutto, di mettersi concretamente in condizione per far rendere al massimo il proprio potenziale. Come? Prima di tutto, non facendosi condizionare dalla pressione dell’attenzione mediatica, dalla propria emotività nella consapevolezza di vivere una grande, quanto fugace, possibilità.
Non è semplice quando si è molto giovani e si ha esperienza in F1 esclusivamente in un team minore. Serve tanta consapevolezza che, a sua volta, non si improvvisa: certezze di quel livello si possono possedere solo dopo essere passati attraverso un lavoro di qualità e senza sosta anche fuori dalla pista. E George, lontano dai riflettori, lo ha sempre fatto con serietà e dedizione quasi monastiche che quasi non lasciano spazio ai suoi 20 anni.
E poi: una capacità di apprendimento e messa in pratica supersoniche. Passare da una Williams ad una Mercedes lacera i punti fermi: certo, l’esperienza del dover “remare” ogni volta aiuta, forma, tempra, insegna a trovare soluzioni ma, quando si passa dal lato opposto dell’universo sportivo, fondamentale è la reazione veloce al totale cambio di condizioni. Bisogna essere in grado di leggerle, di reagirvi, modificando l’approccio e il proprio stile di guida, decostruendolo e rimodellandolo in base alle nuove esigenze. Riuscire a farlo in un solo weekend denota sensibilità e maturità di grande finezza.
Il tutto, non scordiamolo, in un abitacolo scomodo, costruito su Hamilton di dieci centimetri più basso in altezza e calzando scarpe di una misura minore. E, lo ripeto, con gli occhi del mondo puntati addosso.
Bilancio del fine settimana: 26 millesimi di secondo dalla pole, prima partenza dalla prima fila passando al comando, gara condotta con grande maturità anche per gestione gomme e poi con una rimonta furiosa che ne ha esaltato il non esitare mai nei sorpassi.
Beh, nella mente di tutti resterà tutto questo, non la sfortuna. Il tema, semmai, è altro ed enorme per questa sede: una F1 che metta in condizione il talento di contare di più della “valigia”, ma, dato che sognare non è reato, mi sorprendo a dire: “Provaci ancora, George”.
Autore: Elisa Rubertelli – @Nerys__
Foto: Mercedes – George Rusell – F1