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Rosso Ferrari: le sfumature di Vettel, Leclerc e Mick

Rosso Ferrari: le sfumature di Vettel, Leclerc e Mick


Il deserto è rosso in Bahrain. Rovente come il sole che accarezza le dune, deflagrante come il fuoco della grande paura. Avido di vita e di coraggio, sostanze ardenti, capaci di infiammare la sua quiete neutrale. Ancora assonnato, adagiato nella distesa del nulla, in cerca di un’identità peculiare, questo luogo remoto cerca di diventare protagonista. Lo fa grazie a un circuito addobbato dalle luci della sera, pronte a gareggiare con le stelle più brillanti. Lo fa davanti a un mondo veloce, in cui la lentezza immota fa da contraltare alle scariche di adrenalina che avvolgono il suo racconto. Lo fa mettendoci faccia a faccia con la tragedia, tra occhi liquidi e voci strozzate, per poi regalarci il più bel lieto fine.

Anche la Ferrari è rossa. Intimidita, castrata, rabbiosa. Lontana parente della gloriosa vettura capace di siglare la pole, proprio a Sakhir, la scorsa stagione. Qui si dibatte nelle retrovie, consapevole di non poter essere protagonista, neppure per un minuto, nonostante l’irruenza di Leclerc, a dispetto della pazienza di Vettel. Due piloti racchiusi ancora una volta nel limbo malefico del centro gruppo, lontani dalle alte sfere e dalla possibilità di lottare. Un’amarezza già vista troppe volte nel corso di quest’anno crudele, un dramma che non fa più notizia in un tempo che ci sta abituando ad allontanare ogni speranza.

Sebastian Vettel festeggia la sua prima vittoria in Ferrari

Eppure, ciò che resta del rosso è qualcosa di buono, di estremamente vitale. Si tratta di una forza declinata in tante differenti sfumature, nessuna delle quali parla di resa. Non lo è per Sebastian, alle battute finali, che ancora riesce a metterci tutto il cuore, ricordando il primo incontro con quella che avrebbe voluto diventasse l’auto del suo destino. “C’era tanta speranza, anche da parte mia. Sin da bambino per me il Cavallino era un mito, grazie all’eredità di Michael.Il primo abbraccio è arrivato in una fredda mattina di un quasi inverno padano, quello che abita sotto all’immancabile cielo grigio e porta con sé il borbottio onnipresente della foschia. Fiorano, 29 novembre 2014: “Ero emozionato, ma anche concentrato sul programma intenso. Avevo già girato lì con la Toro Rosso, ma con la Rossa cambia tutto. Non lo dimenticherò mai.

Eccolo il nostro Vettel, che non porta rancore neppure dopo l’addio, che guarda al futuro con ottimismo e al passato con il giusto distacco, riuscendo a serbare la dolcezza dei ricordi condivisi. 14 vittorie, momenti d’estasi o d’euforia, di commozione o di liberazione. Come la sua prima in Malesia, perla inattesa. O la sua ultima a Singapore, lacrima arcobaleno. Nel mezzo sogni infranti, gioie e malumori, tutti dosati da un’esperienza che non contempla rimpianti. Perché “Le cose succedono per un motivo, nel bene e nel male.” E certo, “saremmo potuti andare meglio, sarebbe stato bello vincere il mondiale. Ma in quei momenti abbiamo fatto ciò che ritenevamo fosse giusto.”

Niente giri di parole e niente scuse, un sano fatalismo e la delicatezza di parlare al plurale, utilizzando un noi che significa appartenenza e condivisione. Il rosso Ferrari diventa vermiglio, grazie all’affetto di Seb che non si affievolisce neppure in vista del commiato. Resta impresso nell’animo, senza la forza ruggente dell’anelito, ma con l’intensità struggente di un tenue sospiro.

Charles Leclerc e Sebastian Vettel, piloti Ferrari, Gp Russia 2020

Leclerc è la sfumatura scarlatta della Ferrari, la forza e il vigore nella lotta, l’astuzia e la malizia nel corpo a corpo. Spietato, all’occorrenza brutale, privo di qualsiasi timore reverenziale. Charles è la luce fumantina dello sguardo, la brillantezza impetuosa dell’azione. Ardito e arguto, si butta a capofitto laddove vede un varco, non lascia sfuggire un’occasione, valuta con chirurgica precisione. Accade spesso e volentieri, ai danni di chiunque gli capiti a tiro. Sorpassi serrati, guizzi d’ingegno, lampi che testimoniano la genesi di un campione. Il Monegasco attacca sempre e non demorde, a volte peccando di eccessiva confidenza, ma sempre con la consapevolezza di poter portare a termine la manovra.

Charles Leclerc, SF1000, Gp Bahrain 2020

Eppure Leclerc non è solo grinta, ma anche estrema sensibilità. Gli occhi vigili, pronti a fendere l’aria, a designare la preda, ad attaccarla con spietata ferocia, sono capaci di sciogliersi nel pianto più puro. Quello originato dall’angoscia e dal dolore, sentimenti che purtroppo conosce molto bene, a dispetto della sua giovane età. Charles non teme le sue lacrime e le esprime senza filtri e senza pudore nella domenica di Sakhir, dopo aver appreso del terribile incidente occorso a Grosjean. Un tempo infinito all’interno della vettura, senza ottenere risposte certe, in compagnia del terrore di rivivere la disgrazia di un altro addio. “No, per favore!” è la sua preghiera, pronunciata proprio negli attimi in cui Romain, redivivo, riusciva a sconfiggere la morte.

Il rosso Ferrari è anche un vessillo, una dinastia. Si sfuma nel tempo, riportando il ricordo a epopee trionfali, l’ultima delle quali nel segno di Michael Schumacher. Oggi, dal Bahrain, arriva la certezza dell’ingaggio di Mick da parte della Haas. Il tramonto del deserto si veste di porpora, un colore da leggenda, nel quale incastonare l’oro di un testimone che è passaggio, assaggio e miraggio. Di una promessa mantenuta, di un sogno intatto. Ma soprattutto di un domani all’insegna di sé stesso e dei passi che il giovane Schumacher è riuscito a compiere da solo.

Mick Schumacher

Laddove finisce la suggestione inizia l’uomo. E Mick, giovane all’anagrafe, maturo per indole e forte per carattere, ha tutte le qualità che servono per disegnare una storia a misura di se stesso. Non ha forzato la mano o bruciato le tappe, anche se avrebbe potuto, causa cognome. Al contrario ha aspettato, scelto e ponderato, rimandando la sua grande occasione. Ha dimostrato concretezza e solidità, impreziosite dalla pacatezza e dalla serietà di chi lavora duro per scelta. La sfumatura porpora di Maranello è tutta di Mick, nell’abbraccio ideale tra l’allora e l’avvenire, tra padre e figlio.


Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco

Foto: Ferrari – Formula Uno


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Veronica Vesco