Enzo Ferrari, l’uomo del sogno
Luce fosca di pianura, vasta distesa remota, immobile e lenta, soffocata dalle sue stesse esalazioni di terra scura, di battiti sepolti e di acquitrini. Luoghi da cuori solidi e fecondi, che avanzano a passi lenti, calpestando le zolle con reverenza, guardando il suolo con devozione. Tutti ma non lui, perché Enzo era nato per inseguire un sogno. Qualcosa d’indistinto sulle prime, che brillava come un bagliore dietro alle nebbie, difficile da identificare nelle onde del moto perpetuo e insaziabile dell’infanzia. Qualcosa di vivo e di vitale, un vortice figlio del nuovo pensiero, dell’aria frizzante e geniale del novecento.
L’automobile. Ecco l’oggetto del desiderio, di una bramosia celere e feroce, la vocazione che ha dato forma al suo universo peregrino, fatto di molteplici infatuazioni minori. Nulla al pari di quella visione, di quell’ostinata intenzione, di un futuro costruito a regola d’arte in barba alle trame dispettose del destino. Il cuore di Enzo come una molla, pronto a saltare, a inseguire, a spiccare quel volo in direzione del domani. Ali giovani che hanno rischiato di essere tarpate da lutti e dolori, dalla malattia e dal rifiuto. Eppure, colui che ancora non era diventato il Drake, colui che non è nato in una notte di neve, riesce a risorgere nel gelo solitario di Torino, nel vuoto offerto da una panchina fredda e bianca dove i fiocchi si mischiano alle lacrime nello stillicidio di un fallimento.
Il no perentorio della Fiat avrebbe potuto rappresentare un punto di non ritorno, invece ha semplicemente contribuito a orchestrare l’inizio di una fantastica storia. Storia dal ritmo vincente, che si snoda tra strade note, in un legame mai sopito con i luoghi delle origini. Le prime corse ad animare un’inquietudine mai sospesa, la sorpresa di una passione che lo porterà lontano. Non in qualità di pilota, poiché lui stesso ammetterà di non essere stato grande abbastanza, nonostante qualche buon risultato conseguito. Elenchi di competizioni dedicate a far vibrare motori e ardori, sacrificate presto, ufficialmente in nome della famiglia. Enzo è così, tutto d’un pezzo, decide e recide senza guardarsi indietro, senza rimpianti, perché è focalizzato su ciò che verrà.
Una complessità difficile da raccontare, ancora di più da percepire, filtrata dagli occhiali scuri, provvidenziali e salvifiche bende per l’anima. Spesso definito visionario, una sorta di vate in grado d’intuire potenzialità in divenire, sempre identificato come un mito, una figura archetipica dalla quale è impossibile non lasciarsi sedurre. Invece Enzo era anche l’uomo arcigno e rapace dalle decisioni scomode, la creatura generosa e bizzarra in grado di costruire la vita a misura del sogno, il lavoratore indefesso che rifuggiva lo svago, il padre amorevole dall’affetto smisurato. Beffato dalla morte, carogna infame pronta a togliergli quanto aveva di più caro, tradito dalla vita, inesorabile nel confezionare il più crudele degli inganni.
Così Enzo diventa solo Ferrari. Un’azienda che è madre e figlia, compagna devota alla quale dedicare ogni pensiero. Spinte ed energie mai sopite, investite, spese, sorrette da un’ampia dose di coraggio. L’ufficio come casa, come culla dalla quale è impossibile allontanarsi. Una tana, il rifugio estremo per fuggire tormenti, per fugare delusioni e sedare tempeste. Volti ed emozioni che si susseguono in un tempo che pare dilatato, illimitato. Legami che si accendono e si spengono, rapporti a intermittenza, mai viziati dall’occhio distorto della predilezione, sempre sottomessi all’esigenza di una ragione suprema. Una sequenza di campioni e di nomi, tute rosse a volte macchiate di sangue, benedette dall’immortalità del ricordo, baciate dal vento imperituro dell’azione.
Poi c’è stato Gilles, il pilota bambino, il canadese che sapeva volare, sulla pista e nel cuore di Enzo. L’unico di cui abbia detto “gli volevo bene”, così, come fosse uno di famiglia. Il Drake, ormai anziano e disilluso, era rimasto incantato dalla sua purezza, al punto da perdonargli l’eccessiva irruenza e le assurde ingenuità. Una favola senza lieto fine, l’ennesimo triste addio. Qualcuno lo ha accusato di essere come Saturno, la divinità che, dopo aver messo al mondo i figli, li divora. Ma Enzo Ferrari non lo accetta, perché con i suoi ragazzi ha solo condiviso il suo stesso sogno. Fatto di velocità, di azzardo e di passione. Alla guida di un’auto rossa che ha conquistato il mondo.
“Ammiro tutti coloro che hanno una passione e hanno la sapienza e la costanza per coltivarla. Sono loro il motore del mondo.” Enzo Ferrari
Autore: VeronicaVesco – @VeronicagVesco
Foto: Formula Uno – Ferrari