Il potere dei sogni
Quando un personaggio al centro dei riflettori raggiunge obiettivi importanti si avvia un processo di analisi che investe tutti i fattori che hanno determinato questo cammino. Lewis Hamilton e la sua carriera non fanno eccezione visto che sono sotto le lente d’ingrandimento in maniera costante, vivisezionati da una critica che non perdona. È innegabile che Mercedes sia stata la squadra che ha determinato lo scatto definitivo di una parabola che, iniziata col botto nel 2007-2008, si era piano piano appiattita anche a causa di una McLaren che aveva imboccato un sentiero tortuoso dal quale, a distanza di due lustri e più, ha iniziato a districarsi non senza difficoltà e dopo aver anche attraversato fasi umilianti per un team che ha scritto pagine epiche di motorsport.
Il sette volte campione del mondo è un tipo parecchio sveglio visto che in carriera ha praticamente preso sempre la decisione giusta quando c’era da scegliersi la squadra con la quale accasarsi. Hamilton, agli albori degli Anni Dieci, aveva capito che il vento stava mutando e probabilmente era consocio che di lì a qualche anno la Stella a Tre Punte sarebbe diventata il dominus della categoria, soppiantando dalla testa della classifica Red Bull e Sebastian Vettel che stavano facendo piazza pulita dei rivali.
Lewis è uno che ha saputo rischiare, ma è anche uno che è stato in grado di ascoltare e mettere a frutto i consigli. Una dote che ha affinato negli anni e che sublimato nelle ultime stagioni. Accordarsi con gli uomini di Brackley fu proprio frutto di questa capacità di capitalizzare dei suggerimenti. E’ stato abile a cedere ad una corte serrata operata da Niki Lauda che si fece latore della proposta di Dieter Zetsche, un altro uomo che ha sempre posseduto il fiuto per il talento. Hamilton, nel 2012, non poteva però sapere che la decisione di mollare la squadra che aveva realizzato il sogno di farlo esordire e vincere in Formula Uno avrebbe aperto alla fase più importante della sua carriera. L’approdo nel team anglo-tedesco fu essenzialmente frutto di un ragionamento materialistico stando alle parole di James Vowles, un tecnico che del pilota britannico ha visto l’evoluzione sia tecnica che umana.
“Quando Lewis si ha firmato con noi era un mercenario” ha riferito Vowles in maniera provocatoria a Beyond the Grid. “È venuto in Mercedes per vincere le gare e i campionati ed è ovvio che quel desiderio non si sia sopito a distanza di otto anni. Hamilton ha però capito che bisogna arrivare alla vittoria giocando di squadra. Così facendo è diventato il pilota di maggior successo della storia. Nessuno può farcela solo con le sue forze: ora è una persona molto diversa rispetto a quando è arrivato da noi“. L’ingegnere sottolinea l’evoluzione dell’approccio di Hamilton che è stata necessaria per creare quella macchina da guerra che è diventato il pacchetto che va a formare con la sua monoposto.
Una spinta alla collaborazione totale aumentata anche dopo il 2016, l’anno in cui Rosberg riuscì ad avere la meglio sul 44 nonostante un numero inferiore di vittorie. Quella è stata una vera e propria cesura psicologica per Hamilton che di lì in poi ha imparato a gestire se stesso, la pressione e soprattutto l’approccio alle gare. Aspetto, questo, evidenziato da Ron Meadows, direttore sportivo di AMG F1: “Hamilton si è evoluto sensibilmente in questi anni. Con il susseguirsi della stagioni è divenuto sempre più calcolatore. Pensa al campionato sin dal primo giro di ogni gara, è concentrato a gestire la macchina e le gomme. Il suo approccio al fine settimana è più pulito, direi chirurgico“.
Hamilton ha dimostrato, negli ultimi otto anni, che per inseguire un sogno serve lavorare su se stessi, compiendo un non semplice cammino che porta alla piena maturazione sportiva. Un percorso possibile solo se la crescita fa il pari con il raggiungimento della maturità mentale. Lewis sapeva, nove anni fa, quando la fiamma del legame con McLaren si stava affievolendo, che serviva un nuovo carburante per alimentare il sogno di entrare nella storia. E Mercedes è stato tutto questo perchè ha offerto su un piatto d’argento un progetto figlio di una visione strategica votata alla ferrea volontà di imporsi. Al contempo, il team ha compreso di avere ingaggiato un purosangue che poteva aiutare a realizzare un programma trionfale.
Mercedes – Hamilton è un’alchimia pressoché perfetta. Un monolite erettosi gara dopo gara, chilometro dopo chilometro. Un legame che ha consentito una crescita reciproca e che ha trasformato quel pilota sportivamente egoista in un uomo squadra che ha di fatto trasformato un ragazzino proveniente da una famiglia poco abbiente nel più grande tra i grandi. Un esempio di perseveranza che qualcuno chiama sogno.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Mercedes