Il “sicario” della F1 che fu?
Quando ho cominciato a scrivere di Formula Uno avevo ribattezzato Domenicali, in maniera sarcastica “Don Menicali”. Per quel suo fare un poco “chiesastico” (o perlomeno a me così sembrava) da parroco di campagna in mezzo ai lupi. Non ho mai nutrito dubbi sull’onestà “intellettuale” della persona. E’ uno dei pochi che si è dimesso dal ruolo di team principal (2014) pagando così in prima persona il fallimento dell’ultimo periodo della sua gestione Ferrari. Altri restano attaccati con la colla epossidica alla sedia, nonostante evidenti fallimenti.
In tanti, me compreso, hanno nutrito molte speranze quando Domenicali è stato nominato presidente e amministratore delegato della F1. Chi meglio di lui avrebbe potuto far ritrovare alla massima categoria del motorsport quella brillantezza, quello smalto, quella storia a tratti epica che l’hanno resa una passione viscerale per milioni di persone in tutto il mondo? Stefano ha vissuto buona parte della sua vita nelle piste e con la Ferrari dell’età dell’oro, non è certo un parvenu.
Tuttavia, per quanto sia ancora presto per dare giudizi, le prime impressioni dopo i saluti alla Fantozzi, tipo “E’ un bel direttore, è un santo, un apostolo!” mi riportano a “Don Menicali”. Ho la fastidiosa sensazione che sia stato messo lì per quella faccia pulita e buona, ma con lo scopo preciso di essere l’esecutore testamentario della F1 che noi e intere generazioni abbiamo e hanno amato, dove c’era una sorta di equilibrio fra sport e tecnologia, e dove lo spettacolo veniva da sé, date poche regole chiare e la possibilità dei migliori marchi e piloti di darsi battaglia.
Ovviamente non è sempre stato così, ci sono stati periodi pieni di criticità, luci ed ombre, certo nulla di paragonabile allo schiacciante ed asfissiante dominio targato Mercedes–Hamilton che dura ormai dal 2014. Tanto schiacciante e a volte protervo che si ha l’impressione di una speciale impunità e deferenza. Ma questo è un altro discorso che approfondiremo in futuro. Si diceva fra addetti ai lavori e tifosi: arriva Domenicali e comincerà a mettere mano a un regolamento assurdo, cercando piano piano di traghettare la F1 verso il futuro ma mantenendone le radici storiche. Queste sembravano le premesse. Ci siamo illusi?
Certo, alcune scelte se le è trovate belle e pronte, ma la mia impressione volge al brutto tempo dopo averlo sentito declamare entusiastiche lodi sulle sprint-race, oggetto misterioso di cui sappiamo ancora oggi poco o nulla, salvo che i team per parteciparvi potrebbero avere un piatto di lenticchie in cambio…
Restano sul campo diverse questioni: dal 2014 Todt e soci ci stanno ammorbando con alcuni dogmi: risparmio/riduzione dei costi e la sostenibilità ambientale. Di per sé magari nobili e sacrosanti principi, ma entrambi risibili se applicati alla F1 con regolamenti partoriti da menti sadiche e fatte di qualche sostanza psicotropa. E ci sarebbero tante cose da dire, oltre a ricordare che il costo totale per le PU non si è affatto ridotto rispetto al passato, con la differenze che ora ne usi tre e quindi il costo della singola unità è aumentato enormemente. Lo ricorda pure Piero Ferrari (leggi qui per saperne di più).
Pensando alle sprint-race mi viene in mente una delle tante criticità: volete far usare sole tre power unit per 22/23 gare a stagione e con le stesse ci volete fare pure le mini gare? Insomma, cose geniali che meriterebbero l’Oscar. Ma non vi dico per quale categoria. Sulla rete circola un pensiero articolato attribuito ad Enzo Ferrari. Non ho avuto modo di verificare se l’abbia scritto davvero lui. Ma poco cambia, nel senso che per me è un pensiero del tutto condivisibile. Ve lo riporto integralmente. qui sotto.
La verità taciuta ma solare è che si pensa solo allo spettacolo, secondo i dettami USA. Il resto viene dopo. Lo abbiamo capito tutti. Tutto cambia e nulla è immutabile. Il problema semmai è capire se quel cambiamento vada nella giusta direzione. A mio parere no. Ma questo lo sapete già.
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi