Binotto è sempre sulla graticola. Si espone, risponde, tenta di offrire spiegazioni, anche se di base c’è ben poco da commentare. Si tratta per lo più della stessa solfa, ripetuta da un anno a questa parte, da quando la Ferrari è in cerca di scusanti. Mattia fa quello che può e spesso sbaglia a scegliere le parole, a calibrarle, a incanalarle nella giusta direzione. Le uscite infelici ormai non si contano, quasi un marchio di fabbrica sul quale poi ricamare o recriminare. Eppure Binotto crea dibattito, genera fervore, favorisce indignazione. Ogni sua intervista è analizzata doviziosamente, messa sotto la lente d’ingrandimento con il preciso scopo di generare un atto d’accusa.
Spesso e volentieri, in effetti, le dichiarazioni del team principal Ferrari si rivelano clamorosi autogol, note stonate in una partitura già abbondantemente cacofonica. Eppure non deve essere facile dissertare o argomentare quando sai bene che ogni tua frase verrà soppesata, smembrata e immancabilmente travisata a favor di titolo. In più Binotto non sembra avere particolare dimestichezza con l’arte della retorica. Le sue ‘parole in libertà‘ sono certamente più affini a una sequenza di numeri e spesso originano incognite.
L’abitudine diffusa è quella di cercare un significato nascosto, una metafora o una metonimia nei suoi riferimenti. Invece si tratta pressoché di enunciati semplici, tutt’al più di correlazioni, che vanno lette in modo assoluto, senza andare alla ricerca di una relatività di cui non vi è traccia. Binotto parla abbastanza poco e non troppo volentieri. Non ama stare al centro della scena. Non è un Toto Wolff che si diletta in preziosismi e calembour. Va dritto al punto, o quantomeno ci prova. Questo lo fa apparire particolarmente severo e le sue sentenze assumono spesso il suono sinistro dell’inappellabilità.
Concetti ripetitivi, critiche eccessive, mancanza di empatia: questa, in sintesi, la decriptazione del Binotto pensiero. Alle volte, va detto chiaro e tondo, Mattia risulta indifendibile. Sgradevole quando parla di ‘secondo pilota‘, indelicato quando punta il dito sugli errori dei suoi uomini. Tuttavia, mi pare sia stata male interpretata la questione del secondo pilota. Per come l’ho intesa, probabilmente ‘secondo‘ stava per ‘altro‘. Rilette così, le parole del team principal non risulterebbero denigratorie nei confronti di Sainz, anzi mirerebbero a esaltarne le capacità. Certo, è una maniera un po’ contorta per fare un’affermazione positiva, che richiede quasi un esercizio esegetico per essere compresa correttamente.
Dunque Binotto risulta ostico da capire e facile da mandare al patibolo. Ma a tutto c’è un limite. Ho letto parecchie dissertazioni, in merito a desunte dichiarazioni inopportune riguardo alla gara di Portimao. Francamente sono di tutt’altro avviso. Delusione e rammarico risultano comprensibili, specie dopo l’illusione. La Ferrari aveva mostrato un passo che, sulla carta, pareva promettere bene. Logico aspettarsi di più e rimanere spiazzati se questo non accade. Quindi, nel corso di una disamina amara, è difficile lasciarsi andare ad elogi. (Per approfondire leggi qui l’intervista completa a Binotto)
Binotto, di suo, non è tipo da prodigarsi in lodi sperticate. Figuriamoci dopo un gran premio negativo. Quindi sì, parlando al plurale, fa notare come le ‘macchie’ siano arrivate da più parti. Al sabato con la qualifica non del tutto entusiasmante di Leclerc. Alla domenica con “l’eccesso di ambizione” nel voler superare Norris prematuramente, anticipando la sosta con un undercut che non ha dato i frutti sperati, e contribuendo a rovinare la gara di Sainz. Tuttavia, affermare “Non siamo stati perfetti” o “avremmo dovuto essere più pazienti“, non significa necessariamente voler buttare fango sui piloti.
Con Binotto la tirata d’orecchie è garantita in caso d’errore. Mattia è come un padre vecchio stampo, ben poco indulgente, avaro di complimenti. Una freddezza che abbiamo imparato a conoscere, anche se spesso ci ha trovati critici o ci ha contrariati. Anche le frecciate gratuite sono state più volte motivo di biasimo. Uscite sibilline, con qualche richiamo di troppo a ex piloti Ferrari, pronte ad alimentare polemiche furenti. Ma, a Portimao, Binotto non ha detto nulla di storto. Non ha esagerato, non ha calcato la mano. Si è limitato a esternare un dispiacere, motivandolo sulla base di argomenti concreti. Forse Mattia non è il miglior interprete dell’ #EssereFerrari. Ma è anche vero che molti di noi sono troppo prevenuti nei suoi confronti.
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco
Foto: Ferrari