Formula 1

Le sfide globali della F1 del futuro

Era il 7 Settembre 2016 quando vennero apposte le sigle sotto ad imponenti contratti. L’atto formale sanciva il passaggio di proprietà della Formula Uno da Bernie Ecclestone agli americani di Liberty Media. Al volto burbero dell’inglese si sostituì il viso baffuto e rassicurante di Chase Carey. Ma non tutti furono entusiasti di questo cambiamento epocale: la F1 nelle mani degli statunitensi spaventava lo zoccolo duro, i tifosi della prima ora. Eppure il colosso americano, a guardare questo lustro di attività, non ha mal operato. Ma quella sensazione di aver snaturato la categoria affidandola ad un’azienda che si è sempre fatta portatrice di altri “valori motorsportivi” rispetto a quelli europei è sempre rimasta. Latente, ma è rimasta.

Ecco che, scaduto il mandato di Carey, John Malone, presidente e controllore di LM, ha inteso riequilibrare questa posizione affidando il ruolo di CEO a una vecchia conoscenza del Circus, Stefano Domenicali. Un uomo la cui competenza è fuori discussione e che è chiamato ad affrontare – e possibilmente a vincere – le sfide che il quadro globale odierno presenta.

Perché non è facile coniugare interessi spesso conflittuali in un periodo in cui la crisi finanziaria globale non smette di mordere. La F1, come altri settori strategici ben più grandi e pesanti in termini di fatturato, sta affrontando cambiamenti memorabili. E necessari. Che evidentemente devono essere gestiti per tenere vivo il carrozzone che ha bisogno di scrollarsi dalle spalle quel velo di polvere che si era posato nella precedente gestione Ecclestone.

Ecco perché sono quanto mai attuali delle istanze che vanno affrontate di petto: impatto ambitale dei motori, budegt cap, nuovo regolamento tecnico, format dei Gran Premi, lunghezza dei calendari, rapporto con i media da adattare al contesto social. Novità che vanno alimentate ma con il necessario rispetto per una categoria che presenta stilemi ben radicati nella storia. Insomma, Stefano Domenicali ha una gran bella gatta da pelare. Ma, essendo un tipo ardimentoso, non si chiama fuori da certe competizioni.

Bernie Ecclestone, ex n°1 della Formula Uno.

In una chiacchierata a La Gazzetta dello Sport l’ex ferrarista spiega la sua visione strategica di lungo periodo. Il ragionamento non poteva non prendere il via della questione ambientale, uno dei temi più dicotomizzanti all’ordine del giorno: “Quando sono stati introdotti i motori ibridi, nel 2014, molti hanno storto il naso. Invece, dopo otto anni, abbiamo le unità motrici più avanzate di sempre. L’identità ibrida verrà pertanto mantenuta anche in futuro, in un’ottica più generale di efficienza“. Ma non è finita qua perché gli americani hanno ben chiaro il cammino da intraprendere per avere una F1 quanto più “green” è possibile: “Stiamo lavorando a benzine totalmente sostenibili. Il progetto è quello di essere carbon free entro il 2030“.

Il tema della sostenibilità, evidentemente, è relativo ad un periodo più lungo. Nell’immediato la F1 deve imparare a gestire altre novità che corrono il rischio di trasformarsi in criticità. E’ la questione del budget cap che sta imponendo inedite metodologie lavorative a team che erano abituati a gestire risorse finanziarie ben più elevate e che, soprattutto, potevano essere sfruttate in ogni momento della stagione per risolvere un dato problema tecnico che veniva a presentarsi. Ora non è più possibile operare in questa maniera. “Abbiamo deciso di porre come fulcro del nostro progetto il contenimento dei costi. Capire come e dove spendere aiuterà soprattutto i piccoli team. I vincoli sono e saranno ben chiari, chi trasgredisce sarà penalizzato. Sia sportivamente che economicamente“.

Una problematica che la Formula Uno avrebbe fatto molto volentieri a meno di affrontare è quella relativa al Covid. Uno scenario mutato repentinamente al quale, altrettanto velocemente, è stato necessario rispondere, adattandosi in corso d’opera, con trovate fantasiose. Come quella, ad esempio, di far disputare due GP su un singola pista o quella di ripescare tracciati storici che sono stati alla base del successo del 2020: “La flessibilità è un nostro vanto. Dobbiamo adattarci a situazioni che mutano rapidamente sul fronte logistico, come successo col GP del Canada e doppio con il GP di Francia“.

Stefano Domenicali, CEO della Formula Uno

La crisi pandemica ha generato un altro effetto negativo: l’allontanamento dei tifosi dalla tribune. Ma qualche barlume di normalità si inizia a vedere: “Ci auguriamo che i fan possano ritornare – ha spiegato l’ex CEO di Lamborghini. A Montecarlo abbiamo già visto il ritorno parziale di pubblico. In Francia, Germania ed Austria potremmo avere una quota ridotta di tifosi e a Silverstone, forse, addirittura il 100%. Negli USA le cose stanno andando per il meglio, in Texas la situazione sta tornando normale. Spero che potremo fare qualcosa di simile anche a Settembre per il Gran Premio d’Italia“.

Silverstone riconduce direttamente ad uno dei temi più caldi e controversi che la F1 contemporanea deve affrontare: la Sprint Race. Inutile nascondersi dietro al dito, ci sono molte perplessità su questo format che resta inviso a gran parte dei tifosi. La materia è assai delicata e va gestita con assoluta precisione onde evitare che si produca una generale disaffezione. Ma Liberty Media è convinta di aver centrato il focus e va avanti per la sua strada, persuasa che convincerà il pubblico ad apprezzare il formato che è in uso in altre categorie.

Ancora Domenicali: “Non vogliamo appiattirci su un forma di gara che potrebbe risultare, alla lunga, antiquata. La Sprint race è un esperimento che potrebbe rendere interessanti tutti e tre i giorni di gara. Un formula così disposta offre più contenuti televisivi e permette agli organizzatori di dividere l’interesse su più giornate“.

E consente, aggiungiamo noi, di vendere meglio il prodotto e introitare di più in un periodo economicamente asfittico. Perché questa rivoluzione è stata fatta anche per aumentare i fatturati che negli ultimi tempi languono. Anche il sistema dei punteggi dovrà adeguarsi allo status quo e quindi altre novità bollono nel calderone: “Per i piloti stiamo ragionando su un bonus relativo al Grand Chelem. Un riconoscimento in punti per chi ottiene pole position e vittoria in entrambe le gare. Se dovesse andare bene, confermeremo questo format in tutti i GP storici ed iconici“.

Stefano Domenicali ai tempi della Ferrari

Domenicali è stato un uomo Ferrari per molti anni e naturalmente ha voluto spendere delle parole anche per il suo ex team che è un “asset” fondamentale per la F1. “Senza dubbio una Ferrari forte sarebbe d’aiuto per tutta la Formula Uno. Non solo per l’italianità e per il marchio, ma anche per ciò che significa per il grande pubblico. A Maranello sono sulla strada buona per ritornare a competere al alti livelli. Nonostante l’episodio capitato a Charles Leclerc, a Montecarlo abbiamo assistito a qualcosa che fa ben sperare“.

Come visto, sono diverse e disparate le sfide che si parano innanzi a Domenicali che non è un libero battitore. Il suo lavoro e la sua visione strategica sono ben condivise dalla proprietà dalla quale non intende affrancarsi in termini decisionali. E non potrebbe che essere così: “Con gli azionisti condiviso l’idea globale che la F1 dovrà avere e che è incentrata sulla sostenibilità. Dobbiamo essere capaci di rispettare l’ambiente godendo di stabilità sul lungo periodo. Ancora ha chiuso il manager italiano – dovremmo imparare a creare eventi fruibili sia personalmente che attraverso i nuovi mezzi di comunicazione. Questi sono gli obiettivi che ci siamo prefissati, se riuscissimo a centrarli avremmo anni bellissimi dinanzi a noi”. E questo è anche il nostro auspicio.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, Ferrari

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Diego Catalano