E’ sicuramente il tema caldo del momento sulla F1. La vicenda relativa alle pressioni di gonfiaggio, infatti, sta tenendo banco da ormai due settimane. Un lasso temporale entro il quale sono accadute molte cose e che è culminato nella volontà di operare un deciso giro di vite su alcune pratiche adoperate dai team che, de facto, hanno causato seri problemi di sicurezza come il Gran Premio dell’Azerbaijan ha mostrato. Sin dal primo turno di libere del GP di Francia, dunque, saranno infittiti i controlli da parte dei commissari entro un quadro normativo chiarito dalla direttiva tecnica TD003 emanata l’altro ieri dagli organi competenti.
Ovviamente non poteva mancare un riferimento a chi le gomme la costruisce. Quella Pirelli, che, in prima battuta, è stata messa sul banco degli imputati per gli incidenti di Lance Stroll e di Max Verstappen. Un posizione accusatoria smontata punto per punto da un’analisi approfondita dei fatti che ha spiegato che nessuna responsabilità è ascrivibile al costruttore italo-sinico dato che sia le gomme che hanno manifestato il problema sia quelle arrivate normalmente al traguardo non hanno presentato anomalie nella costruzione. Né hanno mostrato cedimenti derivanti da impatto con detriti.
Senza troppi giri di parole, sembra possibile affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che alcuni team, in gara, operavano a pressioni di gonfiaggio al di sotto di quelle fornite dal gommista. Che, è bene ricordarlo, sono più che suggerimenti trattandosi di prescrizioni alle quali le scuderie debbono sottostare per evitare esplosioni o danneggiamenti al materiale. Grazie ad informazioni raccolte dal nostro Alessandro Arcari direttamente nel paddock del Paul Ricard, possiamo riferire che le gomme che hanno manifestato problemi a Baku erano almeno 1 PSI sotto i parametri minimi. E su questo non v’è dubbio alcuno.
E’ uno scenario che configura l’irregolarità delle monoposto? No! E qui sta l’inghippo. Il problema di questa storia è quello atavico che attanaglia la Formula Uno: il vuoto normativo. Il ragionamento è più semplice di quanto possa apparire: le scuderie che non hanno rispettato le pressioni minime non possono ritenersi fuori regolamento perché non esiste una norma che stabilisce una pena se una monoposto è al di sotto degli standard minimi imposti dal gommista. Sino a questo momento, semplificando il discorso, non era possibile sanzionare le vetture per due ordini di ragioni:
Le compagini presenti in F1, dunque, si muovono in questo brodo di coltura e sfruttano l’assenza di paletti certi per far girare le monoposto a pressioni di gonfiaggio al di sotto delle prescrizioni. E lo fanno sapendo di non poter subire sanzione. In punta di diritto, quindi, nessuno infrange le regole pur non rispettando le disposizioni imposte da Pirelli ed avallate dalla FIA.
Due giorni fa la Federazione Internazionale ha diramato la direttiva tecnica TD003 che dovrebbe aiutare i controllori a meglio verificare eventuali furbate. Ma tale comando colma il vuoto normativo? No! E questo foro non può essere riempito fino al 2022 quando, appunto, saranno forniti sensori di controllo unici per tutti.
La FIA, con la succitata direttiva, si dota semplicemente di ulteriori strumenti conoscitivi e di controllo. Le misurazioni verranno intensificate dagli steward federali e dagli uomini della Pirelli. Prima i controlli erano a campione. Ora saranno sistematici e non verranno effettuati solo nel pre-gara, ma anche dopo. Analisi a caldo e a freddo insomma. Cosa che avverrà anche in qualifica. E la verifica verrà condotta su tutti i treni usati da ogni singola vettura. Un’operazione ad alto impatto per verificare se gli penumatici sono stati utilizzati nella maniera corretta.
Da questa vicenda si desume una debolezza della FIA che non è stata capace di fornire strumenti di misurazioni unici alle scuderie. La Pirelli, in soldoni, deve cercare di arginare la deriva ormai acclarata con un massiccia campagna di prevenzione il cui successo è tutto da verificare. La Federazione Internazionale è stata manchevole anche su un altro aspetto, ossia nel sostenere l’azione del gommista con delle norme ad hoc.
Mario Isola ha fatto capire che, in quanto fornitori, si sono potuti limitare alla pubblicazione delle pressioni d’esercizio in una più grande operazione trasparenza. Le imposizioni – e da qui il buco regolamentare cui continuiamo a fare riferimento – non prevedono al momento una sanzione certa nel momento in cui v’è un’infrazione. Pirelli non può far altro che sottolineare che la gomma che lavora sotto certi paramenti può cedere. La pena eventuale deve essere comminata dall’organo giudicante, non dal produttore.
Pirelli, rendendo note le pressioni di gonfiaggio, rimandava la palla nel campo delle scuderie che avrebbero dovuto rispettare alla lettera le indicazioni per evitare gravi problemi di sicurezza per i piloti. Le scuderie, per massimizzare le performance, hanno sovente disatteso le osservazioni tecniche del gommista sapendo che la verifica puntuale era quasi impossibile e che non c’era certezza della pena. Un bell’assist per chi è abituato a sfidare il cronometro.
Va chiarito un aspetto importante per evitare di relativizzare ogni cosa. Le squadre sono comunque tenute a comunicare alla direzione gara le pressioni di gonfiaggio e i parametri termici degli penumatici. Anche durante la gara, ossia nel momento incriminato. Quando, in pratica, i dettami della Pirelli non vengono rispettati. E qua si ritorna al discorso della misurazione. Con sensori costruiti e tarati dalle stesse scuderie viene da sé che il dato può essere alterato. E pare che proprio questo sia accaduto a Baku, nei GP precedenti e nelle stagioni passate. Chi ha fatto cosa non è dato sapere, la pratica potrebbe essere più diffusa di quanto possa apparire.
Pirelli ha le mani legate in questo momento. Ha appurato, a seguito dell’analisi di cui vi abbiamo dato conto (leggi qua per approfondire), che molte vetture operavano lontano dalle prescrizioni. Non ha gli strumenti per porre termine alla pratica. Né ha intenzione di modificare il prodotto adeguandolo alle esigenze dei team che, diminuendo dinamicamente il gonfiaggio, aumentano l’impronta a terra dello pneumatico e massimizzano la flessione della spalla. Elementi che portano dritti dritti alle defaillance di Baku.
Perché la “P-Lunga” non cambia i parametri costruttivi? Semplice: mancanza di tempo e non convenienza a modificare radicalmente un prodotto che tra sei mesi andrà in soffitta, sostituito dalle nuove gomme che montano su cerchi da 18 pollici. E anche se operassero delle rettifiche è chiaro che i team potrebbero continuare a lavorare in barba alle prescrizioni. A meno che la FIA, come pare, voglia porre fine a questa deriva con una campagna di controlli senza precedenti.
La direttiva TD003, in conclusione, cercherà di far rientrare i team in un normale contesto di utilizzo del prodotto fornito dalla Pirelli. Per soddisfare due necessità: in primis quella relativa alla sicurezza. Non è pensabile né tollerabile che le scuderie possano, per massimizzare le performance, mettere a repentaglio l’integrità fisica dei piloti. In secondo luogo la volontà è quella di evitare che alcune compagini si avvantaggino su altre che sono ligie alle disposizioni.
In questo primo scorcio di campionato abbiamo visto che alcune vetture riescono ad allungare oltremisura le vita dei set di gomme. Anche questo dipende dalla pressioni di gonfiaggio. Uno pneumatico meno in pressione avrà una zona di contatto con l’asfalto più ampia. Cosa che consente di meglio dissipare il calore rispetto ad una gomma che ha una superficie di appoggio più ristretta. Ecco perché i sospetti cadono sui team che a Baku hanno visto le posteriori cedere e a quelli che solitamente allungano la durata degli stint oltre le previsioni.
Il GP di Francia, quindi, assume una rilevanza senza precedenti nell’economia del mondiale. La stretta sulle ali posteriori e quella sulle pratiche di utilizzo delle coperture Pirelli potrebbero modificare i valori di forze osservarti fino a questo momento.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Red Bull Aston Martin
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Domanda. Ma avendo una zona di contatto più ampia le ruote non dovrebbero scaldarsi di più facendo più attrito?
La dissipazione di calore che avviene tramite la maggior superficie di contatto supera gli effetti negativi dati dal maggior attrito. Attrito che dobbiamo leggere in chiave positiva dato che produce maggior grip.