La F1 spesso è costituita da un intreccio di destini, da una trama fitta che accosta nomi e storie differenti tra di loro facendole interagire e compenetrare, rendendole uniche. Ragazzi con o ragazzi contro, che si sfidano e animano la pista, che sorridono e inventano un’allegria ogni volta differente. Fatta di volti distesi e di sguardi acuminati, di mani tese e di piedi implacabili. Carlos Sainz è uno di loro. Il più adulto, il meno blasonato, il poco celebrato.
Lo spagnolo sembra vivere di luce riflessa, pur avendo grinta e carattere. Sempre un passo indietro rispetto ai compagni nell’opinione pubblica, spesso e volentieri dinnanzi a loro quanto a prestazioni. Eppure la sua carriera racconta altro. Carlos ha quasi 27 anni e ancora nessuna vittoria all’attivo. Quattro arrivi a podio equamente suddivisi tra McLaren e Ferrari. Il bilancio potrebbe sembrare un po’ misero, considerando le sette stagioni di militanza in F1. Ma sappiamo bene che questo sport è fatto di occasioni e di opportunità.
Mancate le prime, sapientemente colte le seconde, non appena si sono presentate. La carriera di Sainz è silenziosa e diretta, virata al crescendo senza acuti encomiabili, ma senza cadute riprovevoli. Lo spagnolo segue la via della costanza e dell’impegno, non va alla ricerca del memorabile, ma ottimizza quanto possibile. Questo lo porta a non sfigurare nel confronto con Verstappen nell’anno del debutto, a consolidarsi in Renault, ad affermarsi in McLaren.
Ma, in fondo, che ha fatto Sainz di così strabiliante? Il ragazzo ‘normale‘ della F1, cresciuto nell’ombra di un padre titano, evolutosi nel riflesso di Alonso, potrebbe sembrare nient’altro che un onesto pilota, buono per accumulare punti, adatto a farsi da parte qualora lo richieda la ragion di stato. Una specie di Bottas a colori dalla voce più profonda, sfruttabile o sacrificabile in base a come tira il vento. Eppure il vento di Carlos soffia verso l’alto, mostrando un’ascesa caparbia, solerte e inarrestabile.
Quella che lo ha portato a conquistare il primo podio della nuova era McLaren, prima dell’arrembante Norris. La stessa che lo ha guidato verso Maranello, in un testa a testa senza sconti con Leclerc. Tre lunghezze di vantaggio su Charles, al giro di boa del campionato. Una cifra risibile, che costituisce però un anticipo sostanzioso per saldare i conti con i detrattori.
Sainz alle volte appare un po’ brusco, ma la sua non è scortesia, solo la determinazione di chi crede in se stesso. E lui crede parecchio nei propri mezzi, tanto da sostenere di non aver mai avuto complessi di inferiorità nei confronti dei compagni di squadra. Verstappen e Norris, personalità forti nonché talenti puri, avrebbero potuto annientarlo.
Invece Carlos ha retto alla grande, continuando a migliorarsi, trasformando quello che avrebbe potuto essere un handicap in una fonte di ispirazione. Confronti costruttivi, mai distruttivi, con la consapevolezza di avere sempre qualcosa da imparare, un particolare da mettere a punto. Dunque qual è la vera forza di Sainz? Lo spagnolo non si è mai sentito al sicuro, ha dovuto, giocoforza, alzare l’asticella ogni singolo giorno per non farsi oscurare.
Ecco perché ora si sente pronto per il grande passo, per il salto di qualità, senza temere nulla. Pochi lo hanno notato: snobbato da una stampa strillona e sensazionalistica, relegato nell’oblio ovattato del midfield, ha faticato per trovare un posto al sole. Tuttavia le qualità di Carlos non sono sfuggite all’occhio esigente e analitico di Mattia Binotto, pronto a scommettere sulla trasformazione dello spagnolo in cigno. Una scommessa ad oggi vinta, con una coppia di piloti tra le più competitive del panorama della F1.
Sainz fa bene alla Ferrari e lo si può notare riguardando il film di questa prima metà di stagione. Non ha patito l’adattamento alla nuova vettura, come accaduto a più illustri colleghi, è stato competitivo fin dall’inizio, mostrando un’abilità da veterano nel settare la monoposto. Ha un buon rapporto con Leclerc, lo stimola e in qualche modo lo completa.
Alla favolosa irruenza di Charles fa da contraltare la meticolosa razionalità di Carlos, all’intraprendente follia del monegasco si unisce la veloce concretezza dello spagnolo. Un’equilibrio perfetto fatto di empatia e di ricerca, una rivalità sana che spinge all’eccellenza. Maranello, orfana di un campione dal cuore d’oro, si riscopre madre di due talenti adamantini, gemme in divenire pronte a proiettarsi verso un futuro luminoso.
Foto: Alessandro Arcari – @Berrageiz