Sorpassi, controsorpassi, fughe, crolli inaspettati, recuperi sorprendenti, tentativi di fare il vuoto. Undici sono le gare sin qui disputate nel campionato del mondo di F1 2021 ma un vero e proprio padrone non è ancora emerso. Né sul versante piloti né su quello costruttori. Lewis Hamilton e Max Verstappen sono ora divisi da soli otto punti, mentre dopo la Sprint Qualifying di Silverstone il gap era di 33 lunghezze a favore dell’olandese. Poi, tra la gara britannica e il GP di Ungheria, è successo di tutto e di più, con annesse polemiche furibonde la cui onda lunga è ancora percepibile.
Fatti che hanno stravolto le graduatorie rilanciando le ambizioni del britannico e della sua scuderia che ha lavorato intensamente per ricucire il solco tecnico che gli uomini di Milton Keynes avevano scavato sino al GP d’Austria. Un mondiale così in equilibrio non lo vedevamo da tempo. Bisogna fare più di un passo indietro per ritrovare due piloti appaiati in vetta, distaccati di un’inezia al giro di boa. Nel 2017 e nel 2018 è stata la Ferrari, con Sebastian Vettel, a dare la sensazione di potersela giocare fino in fondo.
Ma, alla ripresa post pausa estiva, in entrambe i casi, la Mercedes ha iniziato a fare sul serio scavando una distanza che gli uomini di Maranello non hanno più saputo né potuto colmare. Nel 2018, in Belgio, anche se il tedesco ebbe la meglio, il team di Brackley si presentò con una sospensione posteriore riprogettata, coi tanto chiacchierati mozzi forati e con la terza specifica della power unit che, da Monza, salì in cattedra annichilendo lo slancio nel frattempo affievolitisi della Ferrari e di un Vettel non proprio in forma e autore di diversi errori da circoletto rosso.
L’anno precedente le cose andarono più o meno alla stessa maniera. La Rossa era una macchina da guerra su alcune piste dal layout particolare ma, da Spa in poi, la W08 non ebbe rivali. Complice anche una direzione di sviluppo totalmente errata presa dai tecnici italiani. Cosa che di fatto bloccò le performance di una monoposto nata bene ma che aveva pochissimi margini evolutivi.
E’ nel 2016 che la lotta al titolo è stata accesa e si è decisa all’ultima giornata. Si è trattato di un duello intestino, una lotta fratricida tra due piloti dello stesso team che alla fine delle ostilità causò il ritiro clamoroso del novello campione del mondo. Il dominio Mercedes fu incontrastato, addirittura mortificante per gli avversari che raccolsero null’altro che le briciole lasciate dai Hamilton e Rosberg che, tra le altre cose, si fecero fuori reciprocamente nel GP di Spagna offrendo su un piatto d’argento a Verstappen la prima vittoria in carriera.
Le tre annate descritte sono dunque state caratterizzate da Una Mercedes o dominante o venuta fuori alla distanza. Negli altri campionati contraddistinti dalle power unit turbo-ibride introdotte nel 2014 la Casa della Stella a Tre Punte ha sostanzialmente guidato le danze. Oggi la situazione è diversa. L’equilibrio cui assistiamo, a ben vedere, non fotografa bene i fatti perchè la sensazione è che la Red Bull, per la maggior parte delle gare disputate sin qui, avesse un vantaggio tecnico che ad un certo punto, tra Monaco, Baku e le doppietta austriaca, sembrava essere incolmabile.
Per la prima volta, complice il cambio regolamentare sui fondi piatti e l’abolizione del DAS, la Mercedes è sembrata annaspare senza cavare il ragno dal buco. Cosa che è avvenuta solo a Silverstone quando è stato introdotto il nuovo pacchetto aerodinamico (clicca qui per tutti i dettagli tecnici dell’aggiornamento) e quando Pirelli ha portato gomme posteriori di nuova costruzione che potrebbero (condizionale d’obbligo considerando i pochi giri effettuati da Verstappen e Perez nelle ultime due gare) risultare leggermente indigeste alla RB16B.
La specificità di quest’anno risiede tutta in un elemento: la pressoché totale impossibilità di sviluppare le macchine per diverse questioni. In primis a causa del budget cap che mortifica gli slanci dei tecnici. Prima abbiamo fatto riferimento al 2018 e al retrotreno nuovo con cui Mercedes si presentò nella Ardenne. La riprogettazione costò una trentina di milioni di extra budget. Oggi una analoga “siringa di danaro” non sarebbe consentita dalle regole. Tutti i team, tra l’altro, hanno avuto a che fare con incidenti più o meno gravi che hanno eroso risorse stanziate per le innovazioni. Insomma, da qua alla fine del campionato vedremo ben pochi aggiornamenti sulle vetture.
La limitazione allo sviluppo arriva anche per questioni regolamentari. Tutti i protagonisti hanno speso in inverno i gettoni stabiliti dalla FIA. Al momento sono concesse solo migliorie marginali. La partita si gioca su un altro fronte: quello della comprensione e della massimizzazione del materiale a disposizione. Ambito nel quale gli anglo-tedeschi stanno dimostrando di aver operato forse meglio dei rivali di Milton Keynes. Il lavoro al simulatore, la migliore gestione delle gomme e un nuovo insieme di elementi aerodinamici presentati in Inghilterra hanno aiutato la W12 a trovare prima e meglio il giusto assetto.
C’è un ultimo aspetto che fa pensare che la lotta tra Hamilton e Verstappen sarà in bilico fino all’ultimo: la necessità delle scuderie di profondere energie per le vetture 2022 che saranno ideate e concepite sulle nuove rivoluzionarie norme tecniche definite l’anno scorso. Nessuno può permettersi di trascurare il mondiale che verrà perché il vantaggio eventuale accumulato nel 2022 potrebbe durare a lungo. Quindi è possibile che i contendenti operino con monoposto bloccate nell’evoluzione e che possono avvantaggiarsi o svantaggiarsi in base a situazioni contingenti.
Prendiamo il caso della Red Bull. Dal punto di vista motoristico non se la passano bene perchè sia Perez che Verstappen dovrebbero utilizzare la quarta unità motrice a seguito dei problemi avuti tra Gran Bretagna e Ungheria. Un fattore che potrebbe pesare nella corsa al titolo. Anche perché il reparto powertrains di Brixworth dovrebbe sfornare l’ultima specifica di V6 che potrebbe garantire un ulteriore surplus di potenza dopo quello sbloccato due settimane fa (leggi qui l’approfondimento tematico).
Non si sa quale sarà l’epilogo di una “tenzone” a lungo auspicata. Fatto sta, come dimostrato, che questo 2021 presenta dei tratti distintivi tali da farlo ritenere unico nell’era turbo-ibrida. Ancora, la rivalità accesasi oltre la soglia di guardia tra i due contendenti dopo il contatto della Copse, ha creato un dualismo che potenzialmente potrebbe entrare nella storia del motorsport trasformandosi in gran classico.
Un duello nel quale trionferà, in un calendario quanto mai fitto e cangiante a causa del Covid, chi commetterà meno errori e chi mostrerà una tenuta mentale d’acciaio. Svarioni di pilotaggio e topiche da parte del muretto potrebbero intervenire a spezzare questo bilanciamento in classifica che ci sta regalando, è il caso di dirlo, il campionato più avvincente dall’abolizione dei motori aspirati.
Foto: F1