sabato, Dicembre 21, 2024

Intervista esclusiva a Matteo Nannini: “La F2 non era in programma. Voglio vincere in F3 e approdare in una F1 Academy”

Fresco della vittoria in Gara 2 al Gran Premio d’Ungheria di Formula 3, Matteo Nannini ci racconta la sua prima parte di stagione diviso tra le due categorie propedeutiche. Un inizio che lo ha visto subito a punti in Bahrain al suo esordio in F2, passando per il podio in Spagna al via del campionato Formula 3, proseguendo con la prima gara su un circuito cittadino, fino al successo magiaro. Nelle sue parole le differenze e difficoltà tra le due categorie, oltre che alle sue ambizioni per questa stagione e il suo futuro.

Come commenteresti la tua prima parte di stagione in Formula 3?

“È partita abbastanza bene da subito perché già dal primo round di Barcellona abbiamo dimostrato di poter stare davanti. Purtroppo, ci sono state occasioni in cui è svanita la possibilità di portare a casa risultati come in Ungheria. Ovviamente il mio obiettivo per quest’anno è quello di vincere il campionato, anche se in questa prima parte di stagione ha avuto alti e bassi che mi hanno fatto perdere tanti punti. Sicuramente mi posso ritenere soddisfatto perché ho dimostrato che se tutto va per il meglio, posso stare davanti e vincere”.

E in F2?

“In Bahrain, quando ero ancora in HWA, è partita addirittura meglio di quanto ci si aspettasse, riuscendo a prendere il primo punto, nonostante gli obiettivi miei e della squadra fossero di acquisire quanta più esperienza possibile. Con Campos, a Baku e Silverstone, non sono riuscito a entrare in zona punti, ma non sono stati brutti week-end, soprattutto in Azerbaijan perché avendo ricevuto molto tardi la chiamata dal team, non ho avuto tempo di prepararmi al meglio. È stata però una bella esperienza, quella di correre per la prima volta in un circuito cittadino”.

F2

Dopo i primi tre week-end in F2, quali sono le maggiori difficoltà che hai riscontrato e su cui devi lavorare per poterti migliorare?

“Facendo un paragone con la Formula 3, in cui il pilota conta molto di più, in Formula 2 il pilota conta, ma anche la squadra gioca un ruolo importante tra strategie e pit-stop, che ti possono stravolgere il risultato della gara. Un mio punto forte in Formula 2 è la gestione delle gomme, che in questa categoria subiscono un degrado maggiore; infatti, a Silverstone ero riuscito a disputare quasi tutta la gara con un solo stint, fino a che non mi sono dovuto fermare per regolamento.

Soprattutto quest’anno, potrà fare la differenza chi ha maggiore esperienza con la vettura, data la presenza di tanti circuiti cittadini come Monte Carlo, Baku, Jeddah e Yas Marina. Un’altra differenza con la Formula 3 è che i gap in classifica sono molto più elevati”.

A proposito di differenze, hai notato un modo diverso di approcciarsi al week-end di gara, a prescindere da team e vettura utilizzata?

“Ho notato che con la Formula 3 bisogna sempre dare il massimo perché il degrado gomme c’è, ma non è altissimo. In F2 bisogna essere conservativi, ma non in qualifica. Se al venerdì però hai avuto un problema sul giro secco, in gara hai comunque l’opportunità di poter recuperare. Ce l’hai anche in Formula 3, ma il fatto che ci siano otto macchine in più, è più arduo risollevare il week-end se hai una brutta qualifica. Anche negli anni precedenti abbiamo visto che in Formula 2, grazie anche a strategie differenti, ci sono stati piloti capaci di vincere dal fondo”.

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Hai riscontrato molte difficoltà a passare continuamente da una vettura all’altra? È più facile adattarsi da F2 a F3 o viceversa?

“Partiamo dal presupposto che disputare entrambi i campionati non era nel mio programma. Una volta arrivato in HWA in Formula 3, quando discutevamo di un’eventuale collaborazione futura, mi hanno proposto di correre con loro anche in F2. Avevano bisogno di un pilota bravo, che li aiutasse a sviluppare la macchina e portarli in alto e hanno pensato che avere lo stesso pilota in entrambe le categorie, che conosce bene team e personale, li avrebbe potuti aiutare ed è per questo che ho iniziato questa sfida”.

“Sicuramente correre in entrambe le categorie è buono perché, essendoci pause molto lunghe tra due week-end di Formula 3, ho la possibilità di stare in pista, soprattutto per il fatto che da regolamento non ci si può allenare con vetture simili. È più facile passare da F2 a Formula 3, soprattutto perché la velocità è più bassa e sembra di andar più piano. Sembrerà strano ma, in quasi tutte le curve, la Formula 3 ha una velocità minima più elevata della Formula 2. Questo perché la macchina pesa meno e ha i cerchi da 13” contro quelli da 18” della Formula 2 che la rendono più “pigra” e meno scattante”.

Riguardo al nuovo format di F2 e F3. Ti piace? Secondo te si sposa meglio a una categoria piuttosto che a un’altra?

Da un certo punto di vista è un punto a favore perché corriamo di più. Ci sono meno week-end, ma con una gara in più alla volta, la somma finale delle corse è superiore. Se hai una brutta Gara 1, l’anno scorso non avevi la possibilità di recuperare. Aggiungendo la terza gara, che si disputa con l’ordine di partenza decretato dalla qualifica, hai la possibilità di fare un buon risultato anche se il fine settimana non è partito nel modo migliore.

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Matteo Nannini (HWA Racelab) esulta per la prima vittoria in carriera a Budapest nella categoria F3

Una domanda sul mondo Formula 1. Cosa ne pensi di un tuo eventuale approdo in un Junior Team? Hai già avuto contatti da parte di qualcuno?

Dopo la vittoria in Ungheria ho avuto i primi contatti e quello è sicuramente il mio obiettivo. Essendo poi pochi italiani, come in Formula 3 in cui siamo in due, ma anche in Formula 2, vorrei fare un po’ più rumore nel contesto italiano. Essendoci tanta Italia nel nostro ambiente, con la Ferrari in Formula 1, la Dallara che fornisce le monoposto dei nostri campionati, la Pirelli che produce le gomme, mi piacerebbe essere un’ulteriore esponente ai massimi livelli, come ora lo è Giovinazzi.

Il mio sogno sarebbe quello di entrare a far parte di un’Academy, avendo dimostrato comunque di riuscire a stare davanti ed essere competitivo. Perché no, mi piacerebbe entrare a far parte di quella di una squadra italiana per poter rimanere in Italia ed esprimere maggiormente la nostra italianità.


Autore: Marco Colletta – @MarcoColletta

Foto: Dutch Photo Agency

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