Un motore di F1 è davvero complicato. Nemmeno si chiama più così. Da anni, infatti, visto le tecnologie concomitanti che forgiano la propulsione delle monoposto, viene definito power unit. La battaglia ingegneristica ha spinto la progettazione al limite durante le ultime stagioni e chi ha saputo interpretare al meglio la fusione tra elettronica e meccanica ha prodotto un vantaggio prestazionale sul quale costruire la base dei propri successi.
Di recente ha esordito l’ultima versione della PU made scuderia Ferrari. Mentre il motore a combustione interna (ICE) resta il medesimo, la parte che ha subito un restyling è quella relazionata alla generazione dell’energia elettrica. L’importanza dell’update non è strettamente correlata alla sola potenza massimale, circa una decina di cavalli in più spendibili per un limitato quantitativo di tempo nell’arco della tornata. Bensì riguarda l’efficienza del dispositivo, vera carenza palesata durante gli ultimi campionati.
I feedback positivi ottenuti nel quindicesimo round di F1 non sono mancati. I tecnici del Cavallino hanno riscontrato in pista i dati prodotti sugli engine dyno, confermando come grazie ai nuovi accumulatori le fasi di generazione, stoccaggio ed emissione energetica del sistema ERS siano decisamente superiori. Senza contare il supporto dei due moto generatori MGU-H e MGU-K, anch’essi ridisegnati e decisamente più produttivi.
Lo si è potuto constatare attraverso gli on board della numero 16, dove Charles Leclerc ha utilizzato mappature Soc (state of charge) più competitive relazionate all’utilizzo degli overboost K2, K1 e K1 Plus. Questo aspetto è molto importante perché permette di supportare e massimizzare il lavoro del propulsore a combustione interna.
Una nuova tecnologia ibrida che verrà implementata in pianta stabile nella versione definitiva che abiterà la vettura 2022. Specifica che sebbene userà la medesima ingegneria prevede un ulteriore cambio di layout atto a produrre un grosso salto di qualità. Oltre ad aprire un scenario inedito a livello aerodinamico, la nuova era regolamentare prevede un contesto motoristico congelato.
La deadline è fissata per l’1 Marzo 2021. Data nella quale le unità di potenza verranno “sigillate” e scatterà in automatico il blocco durante le successive 3 stagioni, dove non saranno ammesse modifiche alcune fatta eccezione per motivi relazionarti all’affidabilità. Da qui l’estrema importanza di omologare una power unit prestazionale, in grado di contribuire in maniera significativa ai prossimi campionati e non risultare un deficit da “trascinare” per vari campionati.
Come detto uno degli sforzi maggiori profusi sulla vettura del prossimo anno riguardano il propulsore. Valutando le restrizioni regolamentari, le difficoltà nel creare una differenza significativa a livello aerodinamico hanno spinto i tecnici a spendere gran parte delle risorse sul campo motoristico, convinti che essere preparati su questo campo porterà forti vantaggi in grado di protrarsi anche nelle stagioni di F1 successive.
Considerando il regolamento sulle PU e le attuali prestazioni dei motoristi, possiamo pensare che rispetto a Ferrari i competitor Honda e Mercedes siano senza dubbio più prossimi al limite dello sviluppo e di conseguenza, sebbene alcuni miglioramenti sono comunque da mettere in preventivo, è difficile pensare che nel 2022 riescano a compiere un salto qualitativo davvero notevole. Fattore che invece dovrebbe essere ragionevolmente più semplice per il team italiano, tenendo in conto il gap rilevante che ancora va recuperato.
In linea di massima sono diversi i punti dove gli ingegneri agiscono per elevare le prestazioni di un propulsore endotermico. In Ferrari stanno lavorando parecchio sul V6 turbo. L’obiettivo è quello di rendere più redditizio il processo di combustione agendo su vaporizzazione e distribuzione del carburante all’interno del cilindro, oltre alla miscelazione che avviene nella fase precedente all’emissione.
Grazie alle competenze acquisite durante le ultime stagioni e sulla base delle tecnologie già sviluppate, un altro punto sul quale la concentrazione sta spremendo le menti di Maranello riguarda la miniaturizzazione di varie componenti come l’albero a camme e l’inclinazione dei cilindri legata alla ripartizione dei pesi in relazione al baricentro.
Va infatti considerato che le nuove vetture sfrutteranno l’effetto suolo e le geometrie differenti andranno a cambiare necessariamente la disposizione delle componenti ausiliarie. Lo scopo finale del lavoro svolto sull’ICE è quello di produrre un surplus di potenza trasformato in energia di rotazione sull’albero e poi trasferito alle ruote.
Secondo info dalla Gestione Sportiva, pare che siano state riprogettate alcune componenti come il turbo e il compressore, per aumentare la produttività del recupero energetico che a sua volta consente l’utilizzo di gas più caldi eliminando problemi di management della temperatura, fattore strettamente legato all’endotermico.
I tecnici della Ferrari erano a conoscenza delle carenze che ancora limitavano l’ICE, ma grazie ai nuovi “tool” per migliorare progettazione e costruzione delle nuove componenti il tutto è stato curato nei minimi dettagli per centrare l’unico obiettivo possibile per il 2022: tornare a lottare per la vittoria.
Autore: Alessandro Arcari – @Berrageiz
Foto: Nicolas Carpentiers – @NicolasF1i – Scuderia Ferrari