A partire dal 2022 la F1 conoscerà una stagione di stabilità regolamentare che durerà per un lustro. Poi, dal 2026, ci sarà un nuovo, importante, cambiamento che verterà soprattutto sulle motorizzazioni le cui caratteristiche sono in via di definizione. Una rivoluzione necessaria per semplificare e rendere più economici i propulsori e che ha lo scopo precipuo di attirare nuovi colossi dell’automobile. I contorni della vicenda sono stati approfonditi in articolo consultabile qui: link.
Le nuove power unit, orfane dell’MGU-H e basate su combustibili ecosostenibili, presenteranno perdite di potenza, rispetto a quelle odierne, ancora da stimare ma che saranno molto sensibili. Questa evidenza, unita alle restrizioni aerodinamiche che entreranno in vigore tra pochi mesi, renderanno le monoposto più lente e meno prestazionali delle versioni che oggi calcano le piste del mondiale. Ci si sta interrogando, con largo anticipo, su quali possano essere gli strumenti da mettere in campo per recuperare parte della performance smarrita.
Primo espediente per aggirare il problema è l’aumento paventato della potenza che l’MGU-K può erogare. Questa potrebbe passare, almeno queste le analisi al vaglio del board tecnico della FIA, da dai 120 kilowatt attuali a 350. Naturalmente una siffatta modifica contempla delle ricadute indesiderate: le vetture andranno modificate poiché la batteria diverrà più grande e l’intero MGU-K più robusto, voluminoso e pesante. Ecco perché quest’idea, almeno in questa fase, stenta a decollare.
Altra strategia che potrebbe essere attenzionata è quella cui facevamo riferimento nell’articolo linkato in apertura. Ossia la possibilità di introdurre due motori elettrici nei cerchi anteriori che vadano a recuperare energia dalla frenata. I costruttori attualmente presenti in F1 e quelli che sono intenzionati ad entrare sembrano però scettici su questa prospettiva perché i costi di progettazione e di realizzazione sarebbero ingenti. Un qualcosa che non si confà all’attuale linea vocata all’austerity che la categoria ha deciso di perseguire con convinzione.
Si potrebbe pensare, dunque, di aumentare la quota di recupero energetico dall’impianto frenante posteriore? Complicata anche questa strada per una questione di logica: la ripartizione della frenata è sempre sbilanciata verso l’anteriore. Dall’asse arretrato non si può recuperare più del 30% di un’ipotetica quota totale che si avrebbe se si sfruttassero anche le ruote frontali.
Come uscirne? Serpeggia l’idea di rifarsi all’aerodinamica attiva. Di cosa si tratta? Si parla sostanzialmente di ali anteriori e/o posteriori ad incidenza variabile. Un principio che funziona in maniera differente rispetto al DRS che attualmente abbiamo in F1 e che si basa su due posizioni obbligate (aperto e chiuso) per modificare il coefficiente di penetrazione favorendo la velocità di punta nell’area delimitata dall’uso del dispositivo stesso. La soluzione ad incidenza variabile, di converso, andrebbe ad auto-regolarsi in base alla velocità del mezzo meccanico nell’arco della tornata.
Come realizzare ciò? Si potrebbe scegliere di collocare degli attuatori nelle paratie laterali delle ali delle F1 per fare in modo che l’ala diminuisca la sua incidenza, ad esempio, sugli allunghi. Ciò permetterebbe un decisivo e cospicuo abbattimento della resistenza all’avanzamento che, e al contrario, aumenterebbe in fase di frenata o quando il pilota alza il piede dall’acceleratore per stabilizzare la monoposto andando a produrre downforce.
Soluzione quindi trovata per ridare verve alle monoposto orfane dell’MGU-H? Difficile da dirsi. E’ improbabile che la FIA possa scegliere di implementare tali sistemi, per diverse ragioni. Anche tralasciando la complessità di un siffatto meccanismo e la capacità di farlo funzionare al meglio, non possiamo dimenticare gli alti costi per progettare e realizzare questa tecnologica che, considerando la strada tracciata recentemente da Liberty Media, cozzerebbe con la stessa idea di spendig review. Inoltre, un tale “marchingegno”, se ottimizzato al meglio da un dato team, potrebbe generare inauspicabili “distacchi bulgari” sulla concorrenza. Qualcosa che infrangerebbe il livellamento prestazionale che gli americani perseguono con forza.
Ali ad incidenza variabile, ancora, aprirebbero un altro fronte: quello relativo alla sicurezza. Un guasto ad un sistema del genere produrrebbe un’automatica e repentina perdita di carico verticale con conseguenze potenzialmente molto pericolose. La F1 è già passata attraverso questi processi ed ha deciso di porre un freno drastico a tale deriva. Sarebbe singolare, anche se la tecnologia attuale è più sicura, reintrodurre fattori di rischio che vengono sempre più limitati negli anni.
In generale, quindi, anche questa idea potrebbe restare in un cassetto o, al più, essere limitata al solo alettone posteriore. L’ala anteriore di una monoposto di F1, infatti, offre poca resistenza e quindi non avrebbe molto senso installare parti meccaniche che ne controllino l’angolo di incidenza in base alla velocità. Ancora, in linea generale, ci sarebbero troppi studi da fare in galleria del vento per andare a carpire come mettere in piedi uno scenario del genere per renderlo efficace, sicuro, fruibile dai vari team senza creare dislivelli prestazionali e soprattutto il con costi contenuti. Utopie al momento.
Chris Horner (leggi qui l’accusa a Mercedes), interpellato su questo argomento, non si era detto del tutto scettico. Ma aveva espresso delle riserve legando l’eventuale introduzione alla standardizzazione dei pezzi proprio per evitare che qualche team faccia salti in avanti prestazionali troppo grossi. Ancora, i pezzi “in comune” sgraverebbero le scuderie di lavoro in galleria del vento che, per regolamento, è contingentato e punisce chi fa meglio in classifica.
Allora come se ne esce? Come si recupera parte del deficit di potenza che i biocarburanti e l’abolizione dell’MGU-H andranno a produrre? La risposta a questo quesito resta per ora inevasa. Nel prossimo incontro che le parti avranno in Turchia non si affronterà questo tema. La questione, con ogni probabilità, sarà rimessa sul tavolo tra qualche tempo. Magari dopo che il gruppo Volkswagen avrà ufficialmente aderito alla F1. Che è l’unica, vera, ragione per cui si stanno affrontando le modifiche motoristiche di cui parlavamo in apertura.
Foto: F1