Attivista, jet setter, fashion icon e musicista. Nel mentre ha vinto sette campionati mondiali di F1. Ci si arrabbia quando Hamilton viene etichettano Lewis “influencer” nel grande mercato dei social media, dove tutti oggigiorno bazzichiamo. Il britannico è cresciuto e ha lottato in pista sin dagli esordi non per essere qualcuno ma per essere sé stesso. Fondamentale è stato il passaggio nel 2013 alla squadra di Stoccarda.
Approdare in Mercedes è stata la scelta più giusta per The Hammer. Non si tratta solo di record e vittorie, ma bensì si parla di libertà, possibilità e consapevolezza di poter esprimere la propria persona. Il tutto coltivando le sue passioni fuori dalla pista, elemento che gli ha permesso di maturare coraggio e responsabilità sociali per le quali oggiè anche conosciuto al di fuori del Circus.
Spesso criticato per il suo stile di vita eccessivo, fuori dagli schemi, così poco convenzionale se paragonato a quello dei suoi compagni di corse, Hamilton ha ormai preso confidenza con le prime pagine dei rotocalchi che non mancano mai di riportare le sue avventure quando non indossa casco e guanti. Ricordiamo la seconda metà di stagione del 2018, quando Lewis è volato da Monza a Shanghai, passando per New York, sino ad arrivare a Singapore nel giro di due settimane per impegni che non avevano nulla a che fare con la F1.
Alla vigilia del Gran Premio furonomolte le domande rivolte a Toto Wolff e Niki Lauda riguardo lo stile di vita del campione inglese, asserendo come tali andirivieni avrebbero potuto inficiare in maniera negative sul rendimento del loto pilota. La risposta fu forte e chiara: Lewis conquistò la settantanovesima pole position in carriera, con un giro che tutt’ora viene annoverato come il migliore mai realizzato dal Re Nero. Bissato il giorno successivo dalla vittoria rifilando 39 secondi a Sebastian Vettel, rivale nel mondiale piloti.
Frenare Lewis non avrebbe avuto alcun senso. Toto Wolff lo aveva capito e si è comportato di conseguenza. Ed è per questo che, tutt’ora, il rapporto tra il team e il campionissimo ex McLaren risulta idilliaco. Ma c’è molto più…
Nel 2012 Lewis è diventato portavoce di Unicef UK e grazie al suo lavoro umanitario tra Filippine e Haiti sono stati raccolti oltre 5 milioni di sterline che Unicef ha utilizzato per fornire cibo e cure ai bambini che vivono in condizioni di estrema povertà. Nel 2017 diventa vegano, citando la crudeltà contro gli animali e le conseguenze a livello climatico tra le ragioni principali per poi aprire una catena di fast food vegani in Inghilterra.
Nel 2018 inizierà a fare attivismo per l’inquinamento dell’ambiente, e le sue collezioni con Tommy Hilfiger verranno realizzate con materiali al 100% riciclati e unisex, schierandosi anche contro la discriminazione di genere. A seguito dei devastanti incendi in Australia a inizio 2019, Lewis dona $500.000 ad associazioni benefiche che si occupano di soccorrere e curare la fauna colpita dai fuochi.
A inizio 2020 fonda il proprio team di Extreme E, una nuova categoria motoristica di SUV interamente elettrici che gareggiano in luoghi pesantemente colpiti dal cambiamento climatico, al fine di portare il problema all’attenzione del mondo intero. In seguito alle proteste razziali e al movimento Black Lives Matter sceso nelle piazze di tutto il mondo, Mercedes si schiera con Lewis nella sua lotta contro il razzismo. Una battaglia che Hamilton porta avanti da tutta la vita, in quanto unico pilota nero nella storia della F1 e tra i pochissimi ad avere successo nelle categorie minori.
Quando la scuderia di Stoccarda abbandona il proprio iconico grigio in favore di una livrea nera, ilbritannico promuoverà con la FIA e la F1 le iniziative #WeRaceAsOne e “End Racism”, inginocchiandosi prima di ogni Gran Premio in segno di protesta. Memorabili saranno alcuni gesti di Lewis carichi di significato, come alzare il pugno sul podio in Stiria o indossare al Mugello una maglia che chiedeva giustizia per Breonna Taylor, donna nera uccisa mentre dormiva in casa sua dalla polizia, gesto che per poco non costava la squalifica all’inglese.
Sempre nel 2020 fonda la “Hamilton Commission” con la Royal Academy of Engineering, pubblica una relazione di 90 pagine sulla mancanza di diversità nel motorsport inglese e promuove iniziative per aumentare la presenza di persone di colore nello sport. A questa iniziativa si affianca “Mission44”, ente benefico che Hamilton finanzia personalmente con 20 milioni di sterline al fine di promuovere le minoranze etniche nello studio di materie STEM e nel motorsport.
Infine lancia in collaborazione con Mercedes il progetto “Ignite”, iniziativa di beneficienza per supportare e promuovere la diversità etnica in F1. Il “nuovo Lewis” sta agendo per costruire il “dopo Lewis”, quando il motore della sua Freccia Nera si spegnerà per sempre e il campione del mondo non vorrà ritrovarsi con le mani in mano.
Complice l’età e gli eventi che hanno scosso il mondo, l’Hamilton festaiolo che in passato era finito sotto i riflettori di tutti i magazine scandalistici è stato soppiantato da un Lewis più pacato, riservato e attento. Rivoluzionario come lui, Muhammad Ali nel 1967 quando rifiutò di arruolarsi per la guerra in Vietnam,azione che gli costò cinque anni di carcere e la perdita del titolo di campione dei pesi massimi.
Lo ha fatto anche James Hunt, che negli anni ‘80 criticava aspramente e senza riserve il regime di apartheid in Sudafrica, lo stesso che aveva imprigionato Nelson Mandela nel 1963 e che lo libererà solo nel 1990, dopo 27 anni di prigione. Hunt, all’epoca ritiratosi dalle corse e telecronista per la BBC, si lasciò andare ad un attacco nei confronti del regime di apartheid in occasione del Gran Premio del Sudafrica nel 1985, non curandosi che la sua tirata avrebbe potuto causare delle ripercussioni significative a livello diplomatico.
Il fatto si spiega facilmente: in determinate circostanze il pluricampione non ha seguito i principi del “politically correct” della F1. Tale comportamento ha scosso fortemente la governance della massima categoria che in più di un’occasione, vedi episodio del Mugello menzionato sopra, pur volendo punire il britannico si è trovata con le mani legate. Da parecchi anni a questa parte Hamilton e la F1 sono diventati una cosa sola. Averlo nel Circus è un business nel business.
Il suo nome associato allo sport ha un valore troppo alto e nessuno può permettessi di mettere a tacere le sue iniziative. Lewis è uno spirito libero che ha sempre pensato e agito secondo ideali e verità proprie. Pur essendo una persona rispettosa non guarda in faccia a nessuno quando si tratta di combattere, sia in pista che nella vita al di fuori dei tracciati. Il ritiro di Lewis Hamilton sarà la fine di un’era che verrà ricordata come la più rivoluzionaria dell’intera storia della F1.
Autore: Team LH Italy
Foto: Mercedes AMG F1 TEAM
Vedi commenti
Si chiama pluralità. Va tutelata, difesa, protetta. Non è questo il luogo del pensiero dall'unico colore.