Le qualifiche del Gp di F1 made in Turchia hanno detto molto di più di quanto parrebbe se scendiamo in un’analisi più dettagliata. Cosa racconta la pole non pole di Lewis Hamilton? E cosa esprime la terza piazza agguantata da un Max Verstappen che è andato a migliorare rispetto al venerdì ma che ha palesato ancora delle difficoltà irrisolte? E’ un mondiale di F1 che si conferma altalenate nella leadership tecnica e che mostra, ancora una volta, che l’affidabilità è un elemento da considerare con attenzione.
Avviamo il nostro approfondimento dal team di Milton Keynes. Ieri sera, nonostante la prima fila conquistata per la retrocessione di Hamilton, le espressioni non erano proprio votate all’ottimismo sfrenato. La RB16B è parsa appannata: dopo l’Ungheria, questa è la Red Bull meno competitiva di tutta la stagione. Una parola accomuna le dichiarazioni post evento di Max Verstappen e di Sergio Perez: sottosterzo.
L’olandese ha attribuito le responsabilità di questa situazione all’asfalto turco la cui raschiatura ha messo in difficoltà i tecnici inglesi. La RB16B non ha mai trovato l’equilibrio, per tutto il fine settimana. Una condizione che dipende anche dalla filosofia costituente della creatura di Adrian Newey. Interessante, a tal proposito, la parole di Perez: “Non è affatto come le auto che ho guidato in precedenza”.
Affermazione dietro la quale si cela un mondo. La vettura 2021, come i modelli precedenti d’altro canto, genera un massiccio carico aerodinamico che, nello specifico, è più alto grazie all’elevato angolo di rake. Una condizione che si estremizza soprattutto nelle curve lente.
Il centro della pressione aerodinamica, ossia quel punto di equilibrio tra il carico che agisce sull’asse anteriore e quello posteriore, si sposta in avanti nelle curve lente in modo più marcato su un’auto ad alto rake rispetto ad una vettura più piatta. Questo è un potenzialmente un bene perché le monoposto di F1 tendono a sottosterzare nelle curve lente e sovrasterzare in quelle veloci. Trovare un espediente per migliorare l’equilibrio aerodinamico in base alle velocità aiuta a aggirare questo compromesso.
Per renderla semplice: quando si rallenta, un’auto ad alto rake si alza di più nella parte posteriore rispetto a una a basso rake. Ciò poiché i carichi di deportanza si disperdono. Questo conferisce un maggiore angolo di incidenza al sottoscocca e all’ala anteriore. Una situazione che migliora la capacità di creare downforce spostando l’equilibrio aerodinamico in avanti.
Ma c’è un limite funzionale. Non si può eccedere altrimenti il posteriore diventa così leggere di risultare incontrollabile. Ancora, serve un pilota che sia molto a suo agio con macchine del genere. Verstappen lo è ed è per tal ragione che Red Bull ha costruito la sua filosofia aerodinamica cucendola sulle caratteristiche di guida dell’olandese. Anche così si spiegano i distacchi “bulgari” inflitti ai vari Gasly, Albon e Perez. Ottimi piloti che non sono nella loro comfort zone tecnica.
Una vettura ad “alto angolo” come la RB16B, in talune circostanze, amplifica un altro genere di problema: la non individuazione del punto in cui le gomme generano il loro angolo di slittamento ottimale. Questo angolo è dato dalla differenza tra la direzione di marcia e il punto in cui si orienta lo penumatico. Se le ruote anteriori non producono l’angolo di slittamento ideale anche quelle posteriori andranno in sofferenza. Più l’equilibrio aerodinamico si sposta in avanti – ed è il caso della RB16B e, in generale, delle vetture ad alto rake – più il non centramento dell’angolo di slittamento si amplifica.
Nel controllare queste dinamiche è decisiva la scelta della giusta angolazione delle ali. E qui veniamo ai problemi evidenziati venerdì e solo parzialmente risolti nelle qualifiche. L’asfalto dell’Istanbul Park è molto aderente, genera molta potenza. E’ una legge elementare: l’aumento dell’aderenza si tradurrà generalmente in un maggiore sottosterzo. Questo poiché le gomme posteriori sono più grandi di quelle anteriori. Ecco perché Red Bull va spesso con ala più scarica.
Paradossalmente, quindi, il problema della RB16B in condizioni di extra grip derivante dall’asfalto è proprio il suo assetto piantato. La cosa, tra l’altro, va ad acuirsi con le mescole morbide. Ecco perché Perez e Verstappen, come tanti altri, hanno passato la tagliola della Q2 con Pirelli Medie. Ecco perché, con elevatissime probabilità, oggi, in una gara che dovrebbe essere asciutta, si guarderanno bene dall’utilizzare le soft nel secondo stint di gara.
Quindi, ciò che si può sostenere senza asserire il falso, è che la Red Bull è meno competitiva perché la Mercedes è progredita. La vettura che in Turchia si è presentata con un’inedita livrea celebrativa si è semplicemente adattata peggio ad una pista con livello di abrasività elevatissimi. Siamo dinnanzi alla solita altalena prestazionale che osserviamo da inizio anno in un mondiale senza padrone tecnico.
Veniamo a Mercedes. Se Atene piange, Sparta non ride. Le W12 hanno monopolizzato la prima fila. E l’hanno fatto con una ritrovata autorevolezza. Ma insistono ancora preoccupazioni sul fronte affidabilità. Lewis Hamilton ha montato il quarto motore a combustione interna (leggi l’approfondimento), ma non è detto che il suo calvario sia terminato qui. A paventare questo scenario è stato direttamente Toto Wolff che non ha escluso che il campione del mondo in carica possa installare un altro propulsore – o parti di esso – nei restanti appuntamenti della stagione 2021.
Sulla vettura n° 44 è stato adoperato un approccio diverso rispetto a quanto fatto in Red Bull. L’olandese, in Russia, ha battezzato un propulsore completamente nuovo, compresi i componenti ausiliari. Non Lewis che, quindi, potrebbe non essere sicuro di superare indenne le prossime sette gare. La partita è strategica e si gioca anche marcando l’avversario che potrebbe incappare in ulteriori problemi di affidabilità. E’ in quel caso che da Brixworth potrebbero decidere di cambiare anche le parti elettriche andando in parziale penalità.
Lo ha lasciato intendere Wolff dopo le qualifiche: “Spero che la vettura di Lewis non debba subire ulteriori sostituzioni di parti del motore. Ma ci aspettano sette gare difficili. Vediamo come vanno le cose in classifica – ha spigato il manager austriaco a Sky Sports – Non direi mai di no, ma normalmente quattro motori vanno bene, sembrano sufficienti“.
La verità è che in Mercedes non sono sicuri. Valtteri Bottas è alla quinta unità di potenza stagionale. E la cosa è accaduta non di certo per marcare Verstappen come analisi sorprendentemente superficiali avevano voluto raccontare.
Wolff ha ammesso che i motoristi hanno notato, nel corso della stagione, che sono emersi alcuni piccoli problemi la cui natura non era del tutto chiara e che andavano anche a limitare le prestazioni. Secondo informazioni raccolte da FUnoAnalisiTecnica, infatti, pare che l’ICE n°3 di Hamilton era arrivato ad esprimere un deficit pari ad una quindicina di cavalli in determinate circostanze. Situazione che ovviamente non lasciava dormire sereni i tecnici anglo-tedeschi visto che quell’unità aveva completato appena quattro gare.
Dunque non è ancora chiaro se Hamilton potrà arrivare alla fine delle ostilità senza passare per la tagliola di un nuovo arretramento in griglia. Una prospettiva che in Mercedes stanno cercando di scongiurare e che molti dipenderà da come si metteranno le cose in classifica. Una sfida tirata prevedrà l’ulteriore spremitura delle power unit di entrambi i duellanti per il titolo. Le strategie saranno quindi adeguate a necessità che si presenteranno di volta in volta.
Per quanto esposto nelle righe precedenti, sia a Brackely che a Milton Keyes hanno valide ragioni per nutrire preoccupazioni. Specie in un contesto tecnico orami congelato visto che tutte le scuderie sono proiettate allo sviluppo delle monoposto 2022.
Foto: Red Bull Racing Honda – Mercedes AMG F1 Team