Quante volte gironzolando sui social network abbiamo letto: “questa non è la vera F1“. A cosa alludono i tifosi quando, nostalgicamente, invocano un ritorno al passato? Molti criticano l’eccessiva “infracitura” di tecnologia nelle vetture. Cosa che avrebbe snaturato la categoria. Questo modo di interpretare i fatti non è nuovo. Oggi rimpiangiamo i motori aspirati e i rifornimenti. Nell’era in cui questo era lo standard tecnico si osservava con rimpianto la stagione in cui i turbocompressori imperavano. E via via a ritroso in una continua rincorsa ad un modello che invero non esiste.
La F1 è la disciplina dell’evoluzione. Il progresso tecnico la condiziona pesantemente. Anzi, spesso è proprio la massima espressione del motorsport ad individuare nuovi paradigmi concettuali che poi saranno applicati ad altre realtà. La Formula Uno odierna è semplicemente figlia e frutto della parabola tecnologica che il settore dell’automobile traccia. Sarebbe anacronistico immaginare ancora operanti canoni e modelli superati e inefficaci ad affrontare le sfide odierne.
Questo scenario impone anche una mutazione del ruolo del pilota. Prima, un professionista del volante, si “limitava” a guidare per sfidare il cronometro e gli avversari in pista. Oggi, pur mantenendo immutate queste caratteristiche, deve aggiungere una serie di ulteriori specializzazioni necessarie per la puntuale gestione di mille parametri che un tempo non entravano nel pentolone: comandi da settare in continuazione per perfezionare il rendimento nel singolo giro, gestione degli penumatici, controllo delle varie aree della power unit, management del carburante utilizzato e via dicendo.
Poi c’è un altro aspetto che i corridori devono necessariamente considerare nel loro lavoro: le comunicazioni col muretto box. Un fattore peculiare della F1 degli ultimi decenni che sta prendendo sempre più importanza e che prevede anche un diverso approccio di chi sta dall’altro capo della radio. Ossia una nutrita schiera di ingegneri, strateghi ed altre figure professionali che operano nell’ombra ma che contribuiscono fattivamente a costruire i risultati sportivi di un pilota.
Naturalmente ogni equipe ha le sue procedure di lavoro che vengono definite man mano che le stagioni si dipanano. In Ferrari si è affinato un metodo che è ormai consolidato e che inizia a dare i suoi frutti osservando l’ascesa che il team di Maranello ha computo dal disgraziato, sportivamente parlando, 2020 ad oggi, visto che è in piena lotta per la terza piazza nel campionato costruttori.
La più grande sfida da vincere è il coaching del pilota. Fino ad un paio di decenni fa un ingegnere di pista difficilmente avrebbe potuto fornire a un conducente consigli di guida. Cosa che oggi si verifica con sistematicità. La possibilità di maneggiare una grande mole di dati in tempo reale e di filtrarli consente di offrire al singolo professionista informazioni che può subito applicare per migliorare la conduzione della vettura in dati punti della pista.
La F1 si è evoluta in maniera drastica e repentina osservando come e quanto è cresciuta nei precedenti 50 anni di storia. Il livello delle analisi e delle stime in tempo reale, oggi, offre una conoscenza molto più profonda di alcune aree. Tra cui, ad esempio, quella delle gomme. I sensori raccolgono parametri che vengono processati all’istante. Un’interpretazione che consente di ottenere informazioni “pulite” che vengono poi trasmesse al conducente.
L’ingegnere di pista odierno è una sorta di imbuto che raccoglie un flusso di notizie abbondante, lo filtra e lo rilascia al pilota mondato da quegli elementi che non servono strettamente alla guida. La Ferrari ha il proprio tipo di procedura di comunicazione che va necessariamente oltre l’attitudine del singolo ingegnere.
Si eseguono, nella formazione del professionista, alcuni test per individuare le competenze e allocarlo al nel giusto ruolo. La cura è maniacale tanto che dopo i weekend di gara si ascoltano e si rianalizziano sia le comunicazioni radio tra l’ingegnere e il pilota, sia quelle che avvengono nella catena di comunicazione interna.
La procedura è complessa e si tratta di una vera e propria linea di comando che si unisce a protocolli di comunicazione, flussi di dialogo e decisioni che si dirigono dal remote garage al muretto, passando per il garage, per poi terminare al pilota. In pochi istanti bisogna produrre un confronto tra decine di esperti, decidere e comunicare al pilota.
E qua c’è un’altra difficoltà. Non tutti i conducenti, infatti, vogliono la stessa quantità di informazioni. Non tutti le vogliono allo stesso tempo. E non tutti se le aspettano alla medesima maniera. Alcuni piloti preferiscono un approccio più stimolante, mentre altri prediligono una comunicazione più essenziale. Alcuni corridori vogliono essere costantemente informati sui lap time degli avversari. Altri scelgono un approccio più silenzioso, con comunicazioni ridotte al minimo. Le modalità operative, dunque, devono essere adattive. E devono cucirsi sia sul driver che sul momento della gara.
In casa Ferrari c’è una distinzione ben precisa in questo senso. Riccardo Adami, storico ex ingegnere di Sebastian Vettel sin dai tempi di Toro Rosso, ha un’approccio davvero tecnico su tutto il fine settimana. Ogni minimo dettaglio viene valutato ed i suggerimenti sulla guida, grazie ad una visone d’insieme davvero ampia, vanno ben oltre a quelli prodotti e processati dalla mera analisi sui dati. La calma impassibile contraddistingue l’ingegnere italiano capace, anche nelle situazioni più critiche, di mantenere una aplombe disinvolta che consente una giustezza di giudizio adeguata, capace di tenere lontana dallo scenario ansia e preoccupazione.
Sebbene in diversi abbiano “chiacchierato” la coppia Adami–Vettel definendola unica, messi in archivio i primi due terzi abbondanti del mondiale 2021 il binomio Sainz-Adami va necessariamente attenzionato. Carlos ha un atteggiamento piuttosto accurato sui dettagli, quasi maniacale, che gli permette di agitare una visone dell’accaduto nell’arco della gara davvero strepitosa. Elemento che oltre a facilitare il lavoro del muretto sposa appieno la mentalità di Riccardo. Ecco perchè difficilmente si è prodotta una dicotomia strategica tra i due. Al contrario la tattica abbracciata su qualsivoglia minima scelta risulta spesso la medesima.
Alla capacità del bresciano di rendere edotto lo spagnolo, quindi, va sommata la preparazione estrema dell’iberico. Il risultato? Una compenetrazione psicologica realmente avanzata. Tale constatazione è di facile reperimento. Basta abbeverarsi dal fiume comunicativo che scorre cristallino durante un Gran Premio di F1 sulla numero 55, dove comprendere l’autenticità della trasmissione bidirezionale messa in piedi è realmente semplice.
Seppur ottima possiamo definire assai differente la comunicazione che circola in radio tra Charles Leclerc e Xavi Marcos, ingegnere spagnolo del ferrarista. La prima riflessione, banale ma utile al ragionamento, va spesa sull’esperienza minore maturata da entrambi nella massima categoria del motorsport. A questo fatto va addizionato il carattere del giovane talento monegasco, impulsivo e passionale.
Seguendo gli on board sulla numero 16 bastano pochi minuti per scorgere l’impostazione combattiva dell’ex Alfa Romeo, interessato alle sole informazioni relative ai migliori. Fattore che in determinate occasioni ha prodotto un contesto avvelenato da stress nocivi laddove i risultati in pista non fossero confacenti alle aspettative. Le complicanze relative a tale panorama non mancano e spesso si possono ripercuotere sulle scelte strategiche.
Per gestire una condotta esuberante e trarne il massimo beneficio, infatti, nervi saldi e concentrazione massima devono essere lapalissiana. Sotto questo aspetto, lo scricchiolio comunicativo di Marcos derivato dall’immobilità del muretto Ferrari, emerso per esempio in diverse circostanze durante gli ultimi due round del campionato di F1 2021, ha dato vita ad alcune incertezze strategiche e al medesimo tempo ha sottolineato un fatto: l’impossibilità di incidere positivamente su una gara da parte del box italiano.
Dall’altra parte va comunque sottolineato l’enorme progresso effettuato da Leclerc se guardiamo al percorso effettuato dal 2019. Il monegasco è maturato a dismisura e di frequente trascina la squadra verso le decisioni corrette.
In ultima analisi, pertanto, dobbiamo definire essenziale la “combutta” tra ingegnere e il pilota su questo fronte: una sana e precisa interlocuzione è necessaria per produrre il corretto approccio e mettere il pilota nelle migliori condizioni di operare. Il modo di comunicare, così come il tono del linguaggio, dev’essere calato nel contesto. Un dialogo più concitato può servire a spronare, mentre uno più rilassato è in grado di rasserenare l’animo infervorato dalla battaglia.
Ecco perché rasentare la perfezione comunicativa risulta cruciale. Al contrario si rischia di ottenere l’effetto indesiderato: generare confusione. Sostantivo femminile che troppo spesso alberga nel cockpit delle monoposto di F1. D’altronde, ne abbiamo un chiaro esempio nell’attuale lotta serrata tra Mercedes e Red Bull, per vincere gare e aggiudicarsi un titolo non serve solamente l’auto migliore. Possedere strumenti di gestione efficaci, in ogni condizione, per massimizzare performance e risultato finale è strettamente necessario per nutrire alte ambizioni.
Foto: Scuderia Ferrari – F1Tv