Ne abbiamo parlato proprio stamane sulle pagine di FUnoAnalisiTecnica: osservare la F1 attraverso gli on board è un vero e proprio privilegio che va al di là della mera raccolta di informazioni. Malgrado la visione d’insieme sia ridotta rispetto a quella proposta dalle televisioni, saltare in sella con i piloti e poterli osservare all’opera senza nessun tipo di filtro, offre l’occasione di vivere questo “piccolo ecosistema” ai più sconosciuto.
L’esperienza è davvero dettagliata e come tale concede l’opportunità di vedere all’opera la corteccia prefrontale di un corridore, regione implicata nella pianificazione dei comportamenti cognitivi complessi che di fatto esprime la personalità al volante, prende decisioni e guida i pensieri nelle azioni in accordo verso i propri obiettivi. Osservando con cura il comportamento dei ferraristi durante le diciassette gare del mondiale di F1 2021, le differenze emerse sullo stile di guida non sono poi molte.
È forse quello emotivo lo scenario dove con ogni probabilità i tratti caratteriali mettono in evenienza le discordanze maggiori? Prima di sviscerare gli elementi utili al ragionamento, sarà molto utile considerare un elemento. Sebbene necessariamente si produrrà un confronto, il senso dello scritto non pretendere mettere in contrapposizione i ferraristi appioppando loro un voto e di conseguenza definire chi tra i due sia preferibile nelle vesti di corridore.
Argomentato il sentimento che muove il pezzo sarà il pilota “veterano” Charles Leclerc ad essere attenzionato per primo. Il monegasco milita nella massima categoria da nemmeno 4 stagioni. Eppure, con una naturalezza disarmante, ha dimostrato attitudini intrinseche alla guida che di fatto lo elevano a top driver malgrado nessun titolo mondiale tuttavia porti il suo nome. La sua forma non scende mai e il contesto qualitativo nel quale l’ex Alfa Romeo opera volteggia ad un livello sistematicamente alto.
La guida di Charles racchiude una capacità che davvero in pochi hanno. Si tratta dell’abilità di sfruttare, per piccola che sia, ogni caratteristica positiva dell’auto a proprio favore. Elemento espresso con estrema loquacità visiva durante la passata stagione, dove il monegasco ha saputo domare una vettura, la sciagurata SF1000, ed ottenere risultati altisonanti se paragonati alla competitività che la monoposto in realtà offriva.
Perorare questa causa è più facile del previsto e qualsiasi osservatore attento non fatica a cogliere tale aspetto. A livello tecnico il segreto per determinare il talento di Leclerc risiede nel particolare handling che consente al ferrarista di accedere al massimo potenziale dell’auto rinunciando a punti fermi. Un esempio meno discorsivo, pratico insomma, si riferisce al particolare uso del carico verticale della vettura.
Con un quantitativo minore di spinta verticale, scelto per accrescere le doti velocistiche e colmare in parte il gap motoristico rispetto ai competitor, la capacità di inserimento in curva nella fase di staccata, le traiettorie utilizzate e la “facilità” nel lasciar scorrere e successivamente ruotare la monoposto a prescindere dalla deportanza, gli consente di portare la medesima velocità all’apice nella curva malgrado la minore downforce.
Aspetto che ha permesso in parecchie occasioni di ottenere esiti davvero sorprendenti anche grazie all’abilità nel gestire le mescole pur disponendo di carico inferiore. Ed è questa la vera risultante e punto di forza sul quale il ferrarista ha evidenziato una crescita esponenziale. Ottenere una prestazione top sul giro push raffigura un panorama accessibile a tutti i piloti della griglia. Mentre conservare la performance nell’ambito di un contesto più esteso come quello della gara, mette sotto i riflettori la capacità di comprensione di Leclerc della complessa natura delle attuali vetture di F1 attraverso una sensibilità innata.
Lo spagnolo della Ferrari ha disputato solamente diciassette gare (sedici se consideriamo la farsa del Belgio) a bordo della vettura italiana. Il bilancio dev’essere giudicato inevitabilmente positivo e forse addirittura superiore alle stesse aspettative con le quali più di un anno fa, oramai, la dirigenza del Cavallino Rampante aveva anticipato il contratto con il madrileño per la stagione 2021. Nell’immaginario collettivo strettamente legato al mondo della F1, tra i collegamenti logici scaturiti una volta assimilata tale notizia, la motivazione legata alla messa sotto contratto dell’iberico relativa alla possibilità di recitare alla perfezione il ruolo di seconda guida era una delle più gettonate dai pensanti.
Tuttavia sin dal primissimo approccio invernale a Fiorano, dove Sainz ha preso confidenza con i comandi che poi avrebbe trovato di lì a poco sulla SF21, le spontanee capacità di apprendimento esposte hanno da subito innalzato le considerazioni che frettolose avevano dipinto Carlos come “barrichelliano” doc. Tra i piloti che hanno cambiato scuderia solamene l’ex McLaren ha dimostrato un rapido adattamento al nuovo ambiente, oltre all’abilità di essere da subito parecchio veloce. Tanto quanto il proprio e ingombrante compagno di squadra.
Benché l’incostanza di risultati abbia troppo spesso dipinto il ferrarista come pilota altalenante, in realtà l’incapacità di ottenere una striscia di rendimento lineare è stata alimentata in gran parte da errori sulla strategia sommati a problemi tecnici che di fatto hanno impossibilitato il ferrarista a disputare week-end “puliti”, elemento cruciale per ottimizzare le risorse è raggiungere gli obbiettivi prefissati.
Spostandoci sulle abilità di guida va senza dubbio rimarcata una dote che in pochi riconoscono allo spagnolo: la velocità. Si tende infatti a definire Sainz come un corridore solido ma poco spettacolare. Concentrato sulla monoposto e meno incline al rischio. In realtà non è affatto così. Saper scegliere il momento adeguato per innalzare i pericoli derivanti dal superamento della fatidica soglia di confort al volante, sottolinea, come nel caso di Charles, l’estrema sensibilità della quale il pilota dispone.
Lo stile di guida, fatti alla mano, non si scosta poi così tanto da quello del più quotato compagno di garage. Sebbene Carlos prediliga un retrotreno più stabile e quindi scelga spesso un livello di carico un pelo maggiore al posteriore, lo spagnolo è in grado di compensare e ottenere riscontri cronometrici di pari livello minimizzando gli elementi disturbanti derivati alla resistenza all’avanzamento superiore.
L’inserimento in curva è uno dei punti forti nella guida di Sainz, capace di gestire parecchia velocità senza scomporsi all’apice della piega. Anche l’utilizzo della trasmissione è davvero oculato e di frequente rappresenta uno strumento utile per amministrare la monoposto e mantenerla stabile. Per concludere e di conseguenza rispondere ad una domanda lasciata in sospeso nel terzo paragrafo, l’elemento dicotomico che verosimilmente discerne l’opinione sui ferraristi riguarda il lato emozionale.
Fattore che sovente sposta le preferenze dei tifosi su Charles per l’atteggiamento sanguigno adoperato all’interno della monoposto. Nonostante il tratto caratteriale in questione sia in larga misura presente anche nell’indole di Carlos, è la spiccata maturità dello spagnolo che si incarica di celare tale natura che involontariamente dipinge davanti agli occhi degli osservanti un quadro che, in realtà, poi tanto diverso non è…
Foto: Scuderia Ferrari